Sono state confermate, dalla Corte d’Appello di Bologna, le condanne ad un anno di reclusione ciascuno nei confronti Renzo Carlini ed Andrea Tomasi e ad otto mesi per Mario Basilio Schenetti imputanti nel processo per la morte di Melania La Mantia, la caporale dell’Esercito, originaria di Trapani, morta annegata il 20 febbraio del 2010 dopo un lancio con il paracadute nella zona di Rimini. Secondo gli inquirenti, Andrea Tomasi, direttore di lancio, avrebbe impartito l’ordine di lanciarsi dal velivolo quando questo si trovava fuori dall’area consentita. Bruno Schenetti, istruttore di fune di vincolo, pur accorgendosi che la rotta e la verticale del velivolo non erano compatibili rispetto alle coordinate, non avrebbe fatto nulla per bloccare i lanci, mentre Renzo Carlini, direttore dell’esercitazione, non avrebbe predisposto le necessarie misure di sicurezza.
TRUFFA AUTO. Parola alla difesa oggi a Marsala nel processo che vede imputati i personaggi coinvolti nell’indagine dei carabinieri di Marsala che nel 2007 consentì di far luce su una serie di truffe che, secondo l’accusa, sarebbero state commesse nella compravendita di auto di grossa cilindrata sull’asse Italia-Germania. Con un giro d’affari valutato in oltre un milione di euro. Nell'ultima udienza l'accusa ha chiesto tre condanne, un’assoluzione e diversi “non luogo a procedere” per prescrizione dei reati di truffa e falso. A fine luglio 2007, furono arrestati i fratelli gemelli Giovanni e Giorgio Arena, originari di Palermo ma residenti a Marsala, dove gestivano “di fatto” la “Autoelite srl”. Obbligo di dimora, invece, fu disposto per Pietro Giuseppe Centonze, sorvegliato speciale e cugino del capo mafia Natale Bonafede. Dell’organizzazione avrebbero fatto parte anche Elena Ventura, madre dei fratelli Arena, i marsalesi Domenico Crimi, Giuliano Balsamo, Gianvito Marino e Saverio Fici, tutti dipendenti dell’Autoelite. Imputati, per falso, anche quattro titolari di agenzie di pratiche automobilistiche: Concetta Pinto, Piero Genna, Girolamo Stassi e Patrik Basile.Ormai prescritti i reati di truffa e falso (i fatti contestati sono del 2006), il pm Trainito ha potuto invocare condanne solo per l’associazione a delinquere. Quattro anni di carcere sono stati, quindi, chiesti per i fratelli Giovanni e Giorgio Arena. Due anni, invece, per la loro madre: Elena Ventura, che secondo il marito, però, avrebbe avuto l’unica colpa di essere la legale rappresentante dell’Autoelite, ma non ne avrebbe gestito l’attività (“Mia moglie firmava solo le carte” ha recentemente affermato in aula il marito). L’assoluzione dall’associazione per delinquere è stata chiesta per Pietro Centonze. Oggi la parola va agli avvocati della difesa. Tra questi, Diego Tranchida, Francesca Lombardo e Luigi Pipitone. Legali di parte civile sono Nino Buffa e Vincenzo Sammartano. Patrik Basile, noto per essere stato consigliere comunale, si è sempre difeso affermando: “Mai rilasciato un documento sostitutivo della carta di circolazione, ma un aggiornamento e per fare ciò non è necessario trattenere gli originali della carta di circolazione”. A Basile è stata contestata anche una falsa dichiarazione in merito a una richiesta di cancellazione di un veicolo. “Mi si è presentato – ha spiegato l’ex consigliere comunale - un uomo con targhe e documenti originali dell’auto e patente e ho fatto la cancellazione, credendo che fosse la persona che dichiarava di essere”. Nel corso del processo, uno degli investigatori, il maresciallo dei carabinieri Pietro Fiorentino, ha spiegato: “Ogni auto veniva consegnata con i documenti che la autorizzavano a circolare per un mese, l’acquirente dava la caparra, ma i documenti originali spesso erano ancora in possesso del primo proprietario. All’Autoelite vendevano auto virtuali, ossia che non avevano in disponibilità, ma incassavano la caparra”.