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09/07/2015 06:20:00

Marsala, rinviati a giudizio due vigili urbani. Autoelite, tutti assolti e prescritti

 Il giudice delle udienze preliminari Riccardo Alcamo ha rinviato a giudizio, su richiesta della Procura, due vigili urbani marsalesi (l’ispettore Salvatore Cialona, di 61 anni, e l’agente Giacomo Sciacca, di 64) accusati di truffa al Comune. Il processo, davanti il giudice monocratico di Marsala, inizierà il prossimo 22 ottobre. Cialona e Sciacca, “lievemente” tamponati, dichiararono di aver subito il classico “colpo di frusta”, godendo di diversi giorni di malattia retribuita. Secondo l’accusa, si sarebbero comportati come quei giocatori di calcio che, appena sfiorati da un avversario, si gettano a terra urlando di dolore. Avrebbero, in particolare, ingigantito a dismisura l’entità dei danni fisici subiti in un incidente stradale per godere di diversi giorni di malattia, con conseguente assenza (retribuita) dal servizio. Il fatto contestato risale al 31 ottobre 2014, quando in via Carlo Cattano, a pochi passi dal Tribunale di Marsala, l’auto di servizio dei due vigili, una Fiat Punto, fu tamponata da un Fiat Doblò carico di uova. Per l’accusa, però, l’impatto fu “lieve”, tanto che i mezzi non riportarono danni apprezzabili e neppure uno delle migliaia di uova trasportate sul Doblò si rompeva. Pare, inoltre, che nessuno, in zona, abbia sentito il “botto”. Eppure, subito dopo, i due vigili richiedevano l’intervento di due auto della polizia municipale e di una gazzella dei Carabinieri. Poi, Cialona e Sciacca tornarono a sedersi in auto, lamentando dolori al collo e chiedendo l’intervento di due autoambulanze del “118”. Quindi, sia ai medici del Pronto soccorso, che poi a quelli dell’Inail, dissero di aver subìto il classico “colpo di frusta”. Una sintomatologia, però, evidenzia l’accusa, “non riscontrata da esami strumentali”. E neppure la successiva consulenza medico-legale ha riscontrato i sintomi riferiti dai due vigili. Secondo l’accusa, i medici del Pronto soccorso e del Inail furono indotti in errore, concedendo 17 giorni di malattia al Cialona e 45 allo Sciacca. L’indagine, coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa, è stata condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala. E’ inoltre emerso che la patente di Salvatore Cialona, alla guida dell’auto di servizio, al momento del “tamponamento” era scaduta dal 24 gennaio 2013. La vicenda non avrebbe avuto sviluppi giudiziari se il fatto non fosse accaduto a poca distanza, in una strada parallela, dagli uffici della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, che allertata dall’arrivo delle altre auto dei vigili, da quella dei carabinieri e delle ambulanze non si fosse incuriosita, avviando immediatamente indagini. Chiedendo informazioni alle persone che avevano assistito all’impatto tra i due mezzi. “Non abbiamo sentito alcun “botto” né i veicoli presentavano danni” è stata la risposta. C’erano anche passanti e clienti di un negozio che giudicavano esagerato l’intervento delle ambulanze. Raccolti, quindi, sufficienti indizi per ritenere “fasulle” le patologie lamentate dai due vigili urbani, la sezione di pg delle Fiamme Gialle presentava un rapporto al procuratore Alberto Di Pisa, che disponeva due consulenze tecniche, una medico-legale sui due vigili e l’altra per accertare eventuali danni materiali ai due veicoli e stabilire se l’energia cinetica sviluppata a seguito dell’asserito urto tra i due veicoli poteva essere tale da causare le patologie lamentate dai due vigili. Nel frattempo, la compagnia di assicurazione presentava querela. L’esito delle due consulenze tecniche rafforzava i numerosi indizi raccolti dagli investigatori e consentiva al procuratore Di Pisa di mettere un punto fermo nelle indagini.

 

"Truffe sulle auto di lusso". Tutti assolti e prescritti

Era stato lo stesso pm Antonella Trainito, nel corso della requisitoria, a evidenziare che (purtroppo) per alcuni dei capi d’imputazione (truffa e falso) era ormai trascorso troppo tempo. E per questo i reati erano prescritti (i fatti sono del 2006). Il Tribunale, naturalmente, non poteva che prenderne atto. I giudici, però, hanno fatto un passo avanti, decretando l’assoluzione anche per i tre imputati per i quali il pm aveva chiesto la condanna. Si è concluso così il processo alle dodici persone coinvolte nell’indagine dei carabinieri di Marsala che nel 2007 consentì di far luce, secondo l’accusa, su una serie di “truffe” che sarebbero state commesse nella compravendita di auto di grossa cilindrata sull’asse Italia-Germania. Con un giro d’affari valutato in oltre un milione di euro. A fine luglio 2007, furono arrestati i fratelli gemelli Giovanni e Giorgio Arena, originari di Palermo ma residenti a Marsala, dove gestivano “di fatto” la “Autoelite srl”. Obbligo di dimora, invece, fu disposto per Pietro Giuseppe Centonze, sorvegliato speciale e cugino del capo mafia Natale Bonafede. Dell’organizzazione avrebbero fatto parte anche Elena Ventura, madre dei fratelli Arena, i marsalesi Domenico Crimi, Giuliano Balsamo, Gianvito Marino e Saverio Fici, tutti dipendenti dell’Autoelite. Imputati, per falso, anche quattro titolari di agenzie di pratiche automobilistiche: Concetta Pinto, Piero Genna, Girolamo Stassi e Patrik Basile. Al termine della requisitoria, il pm Trainito, ormai prescritti i reati di truffa e falso, aveva potuto invocare condanne solo per l’associazione a delinquere. Quattro anni di carcere erano stati, quindi, chiesti per i fratelli Giovanni e Giorgio Arena. Due anni, invece, per la loro madre: Elena Ventura, che secondo il marito, però, avrebbe avuto l’unica colpa di essere la legale rappresentante dell’Autoelite, ma non ne avrebbe gestito l’attività (“Mia moglie firmava solo le carte” ha recentemente affermato in aula il marito). L’assoluzione dall’associazione per delinquere è stata chiesta per Pietro Centonze. Adesso, il Tribunale ha assolto i fratelli Arena, la loro madre e Centonze dall’accusa di associazione per delinquere (“il fatto non sussiste”). Per Giovanni Arena sono intervenute anche due remissioni di querele a suo tempo presentate per truffa. A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Diego Tranchida, Francesca Lombardo, Luigi Pipitone e altri. Legali di parte civile Nino Buffa e Vincenzo Sammartano. Patrik Basile, noto per essere stato consigliere comunale, si è sempre difeso affermando: “Mai rilasciato un documento sostitutivo della carta di circolazione, ma un aggiornamento e per fare ciò non è necessario trattenere gli originali della carta di circolazione”. A Basile è stata contestata anche una falsa dichiarazione in merito a una richiesta di cancellazione di un veicolo. “Mi si è presentato – ha spiegato l’ex consigliere comunale - un uomo con targhe e documenti originali dell’auto e patente e ho fatto la cancellazione, credendo che fosse la persona che dichiarava di essere”. Nel corso del processo, uno degli investigatori, il maresciallo dei carabinieri Pietro Fiorentino, ha spiegato: “Ogni auto veniva consegnata con i documenti che la autorizzavano a circolare per un mese, l’acquirente dava la caparra, ma i documenti originali spesso erano ancora in possesso del primo proprietario. All’Autoelite vendevano auto virtuali, ossia che non avevano in disponibilità, ma incassavano la caparra”.