Alcamo, la nostra cara Alcamo... dove tutto ci è familiare, anche l’osceno, dove tutto ci sorride anche ciò che è brutto.
Alcamo, nostra piccola grande patria, che ci soffoca quando ci stiamo, a cui aneliamo quando le siamo lontani per più di una settimana. Alcamo, il cui leone addormentato. Guardiamo con palpiti al cuore quando, venendo dal Nord, dall’aereo vediamo le coste amate della Madre Sicilia. Madre e matrigna.
Alcamo, a cui volgiamo l’ultimo squardo prima che l’aereo lasci, immerso nel blu, il cielo terso del golfo di Castellammare. Questa Alcamo di cui crediamo di sapere tutto, eppure ancora carica di misteri. Alcamo ha tante perle: ci sono eccellenze architettoniche che saltando secoli di barbarie, ci sono arrivate intatte, integre, splendide, mute testimoni loquaci di una gloria che fu, di una Fede che è, di un futuro che potrebbe diventare.
Tra queste emergenze del passato che non passa ci sono la splendida Torre De Ballis, la Chiesa gotica catalana di San Tommaso Apostolo e lo splendido portale trecentesco della prima Chiesa Madre di Alcamo: Santa Maria della Stella, che ancora oggi ci mostra, con la sua ubicazione, dove era il centro storico alcamese durante l’occupazione araba e la successiva "reconquista" normanna.
Alcamo era a Nord e il suo fulcro era dove passavano le strade che portavano da Palermo a Mazara, a Lilibeo, a Trapani. E soprattutto dove, dopo avere attraversato la fitta Selva Partheni, uomini e cavalli potevano fermarsi e rifocillarsi. E dove se non dove c’era acqua abbondante?
Di quella Alcamo alto medievale non ci è arrivato nulla, tranne lo splendido portale e le mura perimetrali della prima Madrice, di cui si parla già in un documento del 1130. Anche l’antico abbeveratoio in travertino, posto dove oggi sorge una stazione di servizio, è stato stoltamente distrutto negli anni Sessanta. Era un’altra testimonianza di come era diversamente situata la Alcamo araba e normanna rispetto alla Alcamo dei re aragonesi.
La Chiesa, testimone muta e solenne dell’alto medioevo alcamese, fu affidata ai padri domenicani nei primi anni del XV secolo. Lo spostamento graduale dell’abitato verso l’odierno centro storico con la costruzione sul finire del Trecento della nuova Chiesa Madre, integralmente ricostruita nel 1699, fece perdere via via importanza alla splendida Santa Maria della Stella.
Nel 1587, infatti, il visitatore apostolico padre Mattoncini vi trova otto monaci e già la chiesa ha bisogno di urgenti riparazioni. Nel 1660 la Chiesa ed il relativo convento vengono abbandonati dai padri domenicani che si trasferiscono nella parte alta della città dove oggi la Chiesa del Rosario e vi trasportano il meraviglioso affresco della Madonna tutt’ora esistente sul lato Nord della Chiesa, una Madonna dolcissima e materna che esprime da sola tutto l’amore che tradizionalmente l’ordine dei Domenicani ha per la Madre di Cristo e della Chiesa.
A questo punto la vecchia Chiesa Madre rimane da sola. Gli alcamesi se ne sono andati, i padri domenicani pure. Fortunatamente, nel 1706 il Comune concede Chiesa e convento alla Congregazione del Santissimo Sacramento per destinare il tutto a casa del Ritiro per gli esercizi spirituali tenuti dai Gesuiti. Si deve, pertanto, ai Gesuiti se il meraviglioso portale chiaramontano in calcarenite travertinoide è arrivato sino noi.
Molti non sanno che il complesso monumentale ospitò durante la prima guerra mondiale numerose famiglie trentine sfollate dalle zone di combattimento sul fronte. Poi l’oblio. Ma come quei vecchi che si ostinano a resistere alla morte, così, forse per fato gentile, forse per volontà divina, la Chiesa di Santa Maria della Stella è arrivata fino a noi, malgrado notevoli sventramenti.
Certamente è arrivata al 2010 malconcia e malmessa, ma ci sono arrivate le cose più belle, ovvero l’affresco trecentesco, il portale di immensa bellezza che è posto al Rosario e il quadro su legno della Madonna del Miele, posta attualmente in San Paolo.
E per comprendere, una bella e suggestiva immagine del caro Baldo Carollo: "Santa Maria della Stella è poggiata come una nave affondata ma non distrutta, nei fondali dell’oceano della storia".
Sta a noi alcamesi continuare, se ne siamo degni e capaci, l’opera di salvaguardia che ne fecero in secoli bui ’che poi tanto bui non furono) Domenicani e Gesuiti. Santa Maria della Stella, madre di tutte le chiese alcamesi, e quindi casa di tutti gli alcamesi credenti o meno, può risalire dagli abissi del Tempo e risplendere ancora di luce, arte, cultura e fede. Pare che qualcosa si stia muovendo in questo senso.
Dopo la Resurrezione del monumentale Collegio, dopo la nascita di quel prezioso scrigno che si chiama Museo d’Arte Sacra della Basilica, si parla di una cessione (anzi di un cambio di proprietà) dalla Curia al Comune. Se ciò avverrà, ed abbiamo notizie fondate che ciò avverrà, sarà una bella pagina scritta dalle autorità civili e quelle religiose.
Adesso aspettiamo con concreta speranza che i nostri occhi vedranno riemergere dal passato e dall’ombra, carica della luce del suo travertino trapuntato, la vecchia nave ammiraglia della nostra storia più antica e dela nostra Fede.
Sarà "ammuino" festoso in cielo e in terra. Replicheremo la magica serata del 16 giugno 2008 e del 5 giugno 2009, in cui Alcamo, orgogliosa di se stessa, ha sgranato gli occhi fronte al ritrovato Collegio ed allo splendente Museo d’Arte Sacra. E ovunque ci sarà un alcamese che ama Maria e la sua Patria, sarà festa, in una perfetta comunione tra vivi un po’ meno morti e morti che che si compiaceranno dei vivi.
Luigi Culmone