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13/09/2015 09:01:00

Il mercato dei beni confiscati. Soldi, consulenze, tesi di laurea, cesti di frutta...

 Inchiesta sui beni confiscati, sono quattro i magistrati di Palermo indagati. Oltre a Silvana Saguto che ha lasciato il suo incarico sostituita da Mario Fontana,l’inchiesta coinvolge il presidente di Sezione ed ex consigliere togato del Csm, Tommaso Virga, indagato per induzione alla concussione, il sostituto procuratore Dario Scaletta (presunta rivelazione di segreto d’ufficio: avrebbe riferito a Saguto notizie riservate sulle indagini in corso a Caltanissetta) e Lorenzo Chiaromonte, giudice della Sezione diretta dalla Saguto (abuso d’ufficio).  Virga è sospettato di avere favorito un procedimento disciplinare a carico della Saguto la quale avrebbe garantito la nomina del figlio di Virga, Walter ad amministratore giudiziario dei beni sequestrati agli eredi di Vincenzo Rappa.  I magistrati sono arrivati a questa ipotesi grazie a delle intercettazioni che erano state disposte su Walter Virga, a sua volta coinvolto in un altro procedimento per peculato, falso e concussione. La Saguto, inoltre, avrebbe ottenuto l’assunzione, per un breve periodo di tempo, della compagna del figlio, Francesco Caramma, presso lo studio legale Virga. Un altro figlio di Saguto, Emanuele Caramma, avrebbe ottenuto altri favori da Carmelo Provenzano, ricercato all’Università Kore di Enna. In cambio della gestione di alcuni beni confiscati, Provenzano si sarebbe impegnato a favorire Emanuele Caramma negli studi e addirittura a scrivergli la tesi di laurea e trovargli un lavoro. Provenzano, tra l’altro, spesso fa recapitare al giudice Saguto cesti di frutta e verdura, forse provenienti, annotano gli investigatori, dai beni sequestrati…

Scaletta avrebbe invece rivelato a due giudici della sezione della Saguto notizie sull’inchiesta.Uno dei due giudici, Chiaromonte avrebbe deciso sulla gestione di beni da 10 milioni di euro sequestrati al mafioso Luigi Salerno “malgrado l’amministratore giudiziario fosse una persona a lui molto vicina”.

DON CIOTTI.  “Da tempo Libera insiste sulla necessità di rinnovare e anche di ripensare l’antimafia, ripulirla dalle zone d’ombra, dagli usi strumentali, dai collegamenti col malaffare, con la corruzione e in certi casi con le stesse mafie”. Così don Luigi Ciotti riguardo l’indagine della Procura di Caltanissetta sulla gestione dei beni confiscati a Palermo. Il fondatore di Libera ha ribadito l’urgenza di istituire un albo, definire delle linee guida, studiare dei meccanismi che garantiscano standard di competenza e integrità per la gestione dei beni confiscati. E ha concluso: “Ora aspettiamo che la politica rompa gli indugi e ponga concretamente mano a quelle modifiche”. “Fermo restando che bisogna aspettare l’esito delle indagini e l’accertamento delle responsabilità, il quadro che sta emergendo dall’inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla gestione dei beni confiscati a Palermo è allarmante“. Scrive Ciotti riguardo l’indagine della Procura di Caltanissetta sulla gestione dei beni confiscati a Palermo.