E’ sempre la stessa storia. Accade, spesso, quando si celebra un processo per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione che vede protagoniste “schiave del sesso” straniere. Dopo le indagini, avviato il processo, nel momento in cui le ragazze sono chiamate a testimoniare, non si sa più dove sono e che fine hanno fatto. Spesso sono già all’estero da tempo. Come, probabilmente, le giovani dei Paesi dell’Est e nordafricane che, secondo carabinieri, si prostituivano nei privè all’interno del “Cupid Club” di contrada Berbarello. Anche loro “irreperibili”. A chiederne l’audizione era stato l’avvocato Paolo Paladino, difensore di Francesco Bianco, 72 anni, ex gommista, proprietario dell’immobile dove era stato aperto il club a “luci rosse”. Alla fine, l’avvocato Paladino è stato costretto a rinunciare alle loro testimonianze. Era già accaduto in processi analoghi, come il “Calafato Vincenzo + 2”. In quel caso, le ragazze erano brasiliane. In questo processo, sono imputate due delle cinque persone coinvolte nell’operazione dei carabinieri “Cupido”, che nel luglio 2013 sfociò in cinque misure cautelari (tre arresti domiciliari e due obblighi di dimora nel Comune di residenza). Oltre a Francesco Bianco, che comunque non è accusato di aver avuto un ruolo nella gestione del club, c’è anche Diego Marino, di 35 anni, che nel locale faceva il cameriere, ma per l’accusa avrebbe controllato e diretto l’attività illegale. Quando arrivarono i carabinieri, al Cupido Club erano presenti una ventina di clienti, intrattenuti da 21 ragazze. Dalle indagini, svolte con militari che si fingevano clienti, è emerso che per ogni prestazione sessuale (durata: 10 minuti) i clienti pagavano 50 euro. Metà della somma sarebbe stata incassata dai gestori del locale. Nel night, i militari trovarono anche mezzo grammo di cocaina. Gli altri tre indagati, Giovanni Candela, Vincenzo e Andrea Figuccia, hanno preferito patteggiare la pena, evitando così una possibile condanna più pesante. Per il 4 novembre è prevista la requisitoria del pubblico ministero. Poi, parola alla difesa (avvocati Paolo Paladino e Arianna Rallo).