Ma insomma, l'ex sottosegretario agli Interni, Antonio D'Alì, fece pressioni indebite per trasferire l'ex capo della Mobile di Trapani, Peppe Linares? Ed è vero che ne parlò con il capo della polizia di allora, De Gennaro? E dalla risposta a questi interrogativi che dipende, molto probabilmente, l'esito del processo d'appello che vede imputato il senatore trapanese Antonio D'Alì per concorso esterno in associazione mafiosa. D'Alì è stato assolto in primo grado, godendo anche in parte della prescrizione del reato, e in appello la procura ha presentato documenti nuovi, tra i quali la presunta testimonianza di De Gennaro sulle pressioni fatte da D'Alì per rimuovere quel Peppe Linares che stava indagando sui rapporti tra mafia, politica e imprese a Trapani.
Nella prima udienza del processo a carico del senatore di Forza Italia il pm Nico Gozzo ha rivelato quanto dichiarato dall’ex capo della polizia a proposito dell’ex dirigente della Mobile di Trapani. Secondo la Procura generale «è chiaro il tentativo di influire sul trasferimento, come aveva già fatto col prefetto Sodano». Gozzo ha anche depositato circa 400 pagine di nuovi documenti che tirano in ballo i pentiti Giovanni Ingrasciotta e Antonino Birrittella, ma anche fatti relativi a Finmeccanica e ad alcuni dei suoi dirigenti come Francesco Subioni e Carlo Gualdaroni.
Ma per la difesa di D'Alì, questa dichiarazione di De Gennaro non c'è agli atti. I legali di D'Alì dichiarano che "gli atti processuali escludono, senza ombra di dubbio, qualsiasi interferenza o pressione presso i vertici della Polizia da parte del Sen. D’Alì finalizzata al trasferimento del Dott. Linares. Per tale ragione, escludiamo ogni pretesa valenza accusatoria della produzione della Procura Generale, considerato che le dichiarazioni rilasciate dall’ex Capo della Polizia De Gennaro, sia a noi Difensori che al Procuratore Generale, rappresentano piuttosto la prova documentale dell’assoluta correttezza ed estraneità ai fatti del D’Alì". Insomma, secondo la difesa De Gennaro non ha mai parlato di pressioni".
E la verità dove sta? Nel dubbio sono gli stessi legali di D'Alì a produrre il testo delle dichiarazioni di De Gennaro. Sono due verbali, uno del 2011, reso ai difensori di D'Alì, e uno del 2015, reso al Pm Gozzo. Se nel primo verbale De Gennaro esclude totalmente che avesse mai potuto parlare con D'Alì di Linares (anche perchè, spiega De Gennaro, D'Alì non aveva la delega alla polizia, e quindi i loro rapporti non erano continui), nel 2015 fa trapelare qualcos'altro, e cioè un interesse di D'Alì, che gli chiese espressamente del trasferimento di Linares, ma, attenzione, glielo chiese solo quando la procedura era terminata, nel 2003, e il trasferimento di Linares era stato valutato negativamente per ragioni di sicurezza. Il testo dei due verbali, prodotti nel processo, li potete leggere cliccando qui.
Vincenzo Maurizio Santangelo, senatore trapanese, ha chiesto comunque le dimissioni di Antonio D'Alì. La richiesta è avvenuta "in diretta" durante i lavori del Senato, e D'Alì ha risposto a Santangelo: “Quello che si chiede oggi al Senatore D’Alì – afferma Santangelo – per una questione di correttezza istituzionale, sono le dimissioni, in quanto, non si può rappresentare dentro le istituzioni gli onesti cittadini, avendo sulle spalle delle così gravi accuse. Ribadisco che D’Alì farebbe bene a dimettersi e non stare seduto nei banchi del Senato, le istituzioni della Repubblica, non possono essere infangate dalla presenza di persone che gli inquirenti dicono di aver contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra”.
“D’Alì oggi si trova, ancora, – continua Santangelo – sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, perché D’Alì avrebbe contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra, mettendo a disposizione le proprie risorse economiche e istituzionali, nonché intrattenendo, anche per scambio elettorale, rapporti con esponenti mafiosi di spicco. Ma a D’Alì si addebiterebbe, l’incredibile allontanamento di un servitore dello Stato chiamato da tutti i trapanesi e non solo il Prefetto del popolo. Infatti fu trasferito da Trapani ad Agrigento, poco tempo dopo che Sodano scoprì e bloccò il tentativo di Cosa nostra, di riappropriarsi di un bene confiscato al boss mafioso di Trapani Vincenzo Virga: la “Calcestruzzi Ericina””.
Pronta la risposta del Senatore D’Alì in Senato: “Signor Presidente, sono abituato purtroppo alle invettive, anche contro di me, fuor di luogo e fuor di ogni contesto istituzionale. Non ho mai replicato, se non nelle aule dei tribunali dalle quali sono stato assolto. Non consento, comunque, che si possa intervenire, in pendenza anche di una situazione processuale, cercando di coartare nei miei confronti la magistratura, così come è stato fatto da stampa e da colleghi, al contrario di quanto si suol dire, cioè che la politica vuol coartare la magistratura. Qui si sta cercando di influenzare il giudizio di un tribunale, al quale io mi sono sempre rimesso, senza utilizzare mai nessuna opportunità che la mia carica mi offriva, neanche per un semplice rinvio. Da quel tribunale io sono stato già assolto, e io spero lo sarò anche nella seconda fase del giudizio”.
Santangelo risponde: “Assolto in base a prescrizione!” D’Alì ribatte: “Tutto ciò che ho ascoltato è assolutamente confutato dai fatti. Abbiamo in questi giorni ascoltato – purtroppo – anche le estemporanee esternazioni di un pubblico ministero, che sono smentite dalle stesse testimonianze rese dal Capo della Polizia. Quindi, signor Presidente, io non solo respingo in maniera decisa e assolutamente serena quanto viene detto in quest’Aula come non vero, ma la invito anche, mi perdoni se debbo farlo, a non consentire che, oltre che sui giornali, sulle televisioni e sui siti, si possano anticipare anche in questo Senato dei giudizi riservati ad altro organo istituzionale e rispetto ai quali io sono fiducioso che saranno assolutamente sereni”.