Il senso di legalità di Confindustria ha due pesi e due misure e mostra uno strano modo di fare antimafia. Lo denuncia Marco Venturi, ex presidente di Confindustria Centro Sicilia, in un documento consegnato ai probiviri confederali, poche ore prima di dimettersi dall'associazione. Emerge una interpretazione di parte del “codice etico”, quello che gli imprenditori siciliani si sono dati fin dal 2007, scegliendo di mettere alla porta i colleghi indagati per mafia o quelli che si piegavano ai clan. Codice poi traghettato dall’isola al quartier generale romano di viale dell’Astronomia e sbandierato come vessillo di un cambiamento del mondo degli affari. Una novità incoraggiata in questi anni da chi è schierato concretamente nell’antimafia. E che ora rischia di doversi ricredere. Il documento è pubblicato da l'Espresso nel numero in edicola oggi e online su E+ e fa emergere il paradosso che non viene applicato proprio a chi lo ha lanciato.
I protagonisti della vicenda che sta scuotendo alle fondamenta l’intera Confindustria sono infatti due imprenditori siciliani, entrambi della provincia di Caltanissetta, che nel 2007 erano stati tra gli alfieri del cambiamento. Il primo è Antonello Montante, cinquantaduenne di Serradifalco, presidente regionale in Sicilia, voluto dal numero uno confindustriale, Giorgio Squinzi, come delegato alla Legalità dell’associazione degli imprenditori. Il secondo è Marco Venturi, 53 anni, geologo, amministratore di Sidercem (un istituto di ricerca sui materiali da costruzione), presidente fino a poche settimane fa di Confindustria Centro Sicilia (nata dalla fusione di Agrigento, Caltanissetta ed Enna) e componente del consiglio di amministrazione del quotidiano della casa, “Il Sole 24Ore”. Montante è indagato per mafia dalla procura di Caltanissetta.
Venturi è testimone di fatti che hanno avuto rilevanza giudiziaria, tanto da essere sentito dai pm antimafia e, dopo mesi di inquietudine, ha deciso di uscire allo scoperto, raccontando su Repubblica una serie di retroscena su Montante. Una sortita che ha suscitato la reazione di Confindustria. Non però nei confronti dell’indagato per mafia. Ma verso Venturi, finito nel mirino di viale dell’Astronomia: per aver parlato con i giornalisti, sollevando interrogativi sulla posizione etica e giudiziaria del collega, Venturi è stato processato dai probiviri di Confindustria, che secondo lui avevano scritto la sentenza prima ancora di ascoltarlo.
Venturi sottolinea come le parti, lontane dagli uffici giudiziari, si siano invertite: lui, testimone d’accusa, sotto processo e costretto a lasciare la Confindustria; Montante, indagato per mafia, lasciato tranquillamente al suo posto. E Squinzi che gira le spalle a Venturi e si affretta a sostenere pubblicamente Montante.
Venturi nel suo documento lancia un appello ai colleghi imprenditori: «Sono certo che diversi dirigenti di Confindustria, che ricoprono ruoli anche di primo piano, e di cui ricordo integrità, onestà e aderenza ai valori etici, oggi forse troppo vincolati e influenzati da Montante, avrebbero ogni intenzione di chiudere questo triste e inaspettato capitolo dell’inganno. A loro dico: non tentennate e non fatevi vincere dal timore. Oggi più che mai occorre compiere uno scatto d’orgoglio, responsabilità e libertà, rompendo i legami, infrangendo le paure, interrompendo i silenzi. Tutto nell’esclusivo interesse della piena verità».