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31/10/2015 04:35:00

Strage di Capaci, D'Amato: "Ecco come trovammo il tritolo"

 Cosimo Lo Nigro, tra gli imputati del nuovo processo sulla strage di Capaci davanti alla corte d’assise di Caltanissetta, ha tentato di intervenire per contraddire la testimonianza del cugino Cosimo D’Amato che all’aula bunker di Firenze, col suo racconto lo sta accusando di essersi procurato nel 1992 esplosivo estratto da bombe della Seconda guerra mondiale recuperate in mare dai pescatori di Porticello (Palermo).

Lo Nigro, in videoconferenza da una località segreta, ha chiesto di parlare con una certa insistenza per replicare subito alle accuse del cugino. Ma il presidente Antonio Balsamo gli ha spiegato che, finché è in corso l’esame del testimone, non è possibile per un imputato fare dichiarazioni entrando nel merito delle questioni. Lo Nigro ha però insistito al punto che il pm Onelio Dodero, con una certa energia, ha dovuto affermare: «Non vogliamo intimidazioni» respingendo la possibilità che l’imputato potesse interrompere la testimonianza. Dall’altro capo del telefono Lo Nigro ha reagito ancora, dicendo a voce alta all’aula: «Ma quali intimidazioni, signor presidente e signor pubblico ministero! Chiedo solo se è possibile interagire col signor Cosimo D’Amato», che è suo cugino di primo grado.

Il presidente Balsamo ha ribadito che il codice di procedura penale impedisce questa eventualità fino al termine della testimonianza, poi Lo Nigro si è calmato e l’udienza ha ripreso il regolare svolgimento. D’Amato oggi a Firenze - dove la corte di assise di Caltanissetta si è recata in trasferta - depone per la prima volta in un’aula come collaboratore di giustizia. Il pm gli ha chiesto del recupero di bombe dai fondali marini battuti da pescatori di Porticello (Palermo) e di ricordare quando gli fu detto di consegnare questi materiali bellici a suo zio Pietro Lo Nigro e a suo cugino Cosimo Lo Nigro, come lo stesso D’Amato ha raccontato in precedenti interrogatori.

Anche dopo le stragi mafiose del 1992 e 1993 il mafioso Cosimo Lo Nigro si recò insieme a Gaspare Spatuzza a procurarsi bombe pescate in mare da cui estrarre tritolo per Cosa Nostra: è quanto ha detto, riferendosi ad alcuni episodi fissati alla primavera del 1994, il neo-collaboratore di giustizia, Cosimo D’Amato, testimoniando al nuovo processo sulla strage di Capaci che oggi si tiene con un’udienza in trasferta all’aula bunker di Firenze davanti alla corte d’assise di Caltanissetta.

Rispondendo al pm Onelio Dodero, D’Amato ha parlato di prelievi di bombe residuati bellici dalle spiagge anche dopo gli attentati stragisti di Cosa Nostra. In particolare, seguendo le domande del pm, il teste ha fatto riferimento, per questi altri episodi che ha ricordato (oltre ad altri del 1992 e del 1993), a un prelievo «nel marzo aprile 1994 a Capo Zafferano» e un altro «a giugno 1994 prelievo alla spiaggetta di Sant’Elia». «Cosimo Lo Nigro venne con Gaspare Spatuzza a prendere la bomba», ha detto D’Amato ricordando anche il ruolo di un muratore di Porticello nel 1994. Questi faceva attività subacquea per diporto e come sub cercò D’Amato perché contattasse suo cugino Lo Nigro per andare a recuperare ordigni bellici.

Dal racconto inoltre emerge che i pescatori che procuravano il tritolo delle bombe venivano compensati con denaro; in un episodio del 1994 D’Amato ha ricordato «con 500.000 euro».
Il pm ha anche chiesto a D’Amato del gommone di Cosimo Lo Nigro, un mezzo di cui aveva parlato Gaspare Spatuzza. «Io so che mio cugino Lo Nigro aveva un gommone - ha affermato - anche se non ce l’ho mai visto sopra. Ma il gommone lo posteggiava su una spiaggetta a Porticello. Ma non me l’hai detto lui, me lo dicevano i pescatori e io a lui non ho mai detto niente di questo gommone. Una volta ho visto il gommone su un carrello a 100 metri da casa di mia madre». Spatuzza aveva raccontato che con Cosimo Lo Nigro nel 1993 andavano col gommone a procurarsi rapidamente il tritolo da usare negli imminenti attentati nel Continente.

«Ho deciso di collaborare per dare un contributo alla giustizia e per sapere la verità di questi signori. Per due o tre volte che ho aiutato mio cugino mi sono preso 30 anni, io che non c’entravo niente». Così il neo-collaboratore di giustizia Cosimo D’Amato ha spiegato la sua collaborazione al pm Onelio Dodero che, nell’udienza sul nuovo processo sulla strage di Capaci in corso a Firenze, gli ha chiesto il motivo della sua decisione di pentirsi.

La testimonianza di D’Amato - che negli interrogatori ha fatto nuovi nomi di complici, diversi dei quali sottoposti ad omissis - contribuisce all’accusa di strage nei confronti degli imputati di questo processo, Cosimo Lo Nigro, Salvo Madonia, Vittorio Tutino, Giorgio Pizzo e Lorenzo Tinnirello.
Successivamente, rispondendo alle parti civili, D’Amato ha anche detto: «Io non sapevo dell’uso che facevano dell’esplosivo. Io sapevo che l’esplosivo serviva per la pesca di frodo, per questo a mio cugino glielo facevo trovare. Per me il tritolo serviva a mio zio per la pesca di frodo e non avevo mai saputo che serviva tutto questo tritolo per la pesca; secondo me sarebbero bastati 40, 50 chili in magazzino da usare quando serviva per la pesca. Non sapevo mica che serviva per fare gli attentati».

A un’altra domanda di parte civile D’Amato ha detto: «Non sapevo se mio cugino era di Cosa Nostra. Mio cugino era incensurato, mai saputo niente di queste cose». Rispondendo alla difesa di Cosimo Lo Nigro, D’Amato ha detto che «mio zio Pietro Lo Nigro (padre di Cosimo, ndr) mi contattò nel 1984, 1985, 1986» riguardo all’esplosivo che veniva trovato in mare dai pescatori, ma «non lo chiamai più fino al 1992».