"Il Mediterraneo va salvaguardato e con esso le comunità costiere che vivono di pesca. La rotta obbligata è quella del recupero della tradizione, dell’artigianalità, del lavoro antico del mare in una visione di crescita blu. Gli strumenti necessari sono il dialogo e la cooperazione con i Paesi rivieraschi. Tutto ciò è indispensabile per mettere la parola fine ad una guerra dimenticata: la guerra del pesce”.
Questo è quanto sottolineato dal Presidente del Distretto Produttivo della Pesca Giovanni Tumbiolo nella sede del Parlamento Europeo, a Bruxelles, a seguito di un invito ricevuto da parte del Presidente della Commissione Pesca del Parlamento Europeo Alain Cadec. Nel corso dell’audizione sulla “nuova dimensione esterna della Riforma della nuova Politica Comunitaria della Pesca (PCP)”, Tumbiolo ha più volte ribadito l’assenza delle istituzioni europee sulla pesca mediterranea, come l’Ue abbia avuto una “visione strabica” nell’ambito della politica marittima nel rapporto fra Paesi del nord e del sud, ed i costi economici e sociali della cosiddetta “guerra del pesce” con i Paesi nordafricani e degli strumenti adottati dall’Unione Europa. Ecco di seguito il duro ed articolato discorso pronunciato dal Presidente del Distretto Produttivo della Pesca Siciliana.
“Il Distretto della Pesca COSVAP dal 2006 –ha spiegato Tumbiolo- studia e promuove l’applicazione dei principi della Blue Economy e la creazione di un Cluster Mediterraneo grazie all’opera meritoria dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo (braccio scientifico del Distretto e della Regione Siciliana che redige, ex lege, il Rapporto annuale sulla Pesca e l’acquacoltura in Sicilia. Dell’Osservatorio fanno parte soggetti pubblici e privati, del mondo produttivo, scientifico, bancario, dei saperi, nonché rappresentanti di medesime istituzioni di tutti i Paesi della riva sud del Mediterraneo. Mi permetto sommessamente, di segnalare in questa occasione che alle riunioni dell’Osservatorio hanno partecipato, benché reiteratamente invitati, soltanto una volta, i rappresentanti della DG Mare". Ecco alcuni stralci del suo intervento:
Il Contesto Mediterraneo. “Ci sono problemi noti relativi alla Pesca Mediterranea: caro gasolio, zone economiche esclusive di pesca, spesso create unilateralmente (una fra tutte l’irrisolta questione libica). E meno noti, fra cui la concorrenza sleale da parte di operatori dei paesi rivieraschi che vendono in Europa il prodotto pescato nelle stesse aree di pesca, a costi molto più bassi (energia, mano d’opera, tasse) e soprattutto utilizzano attrezzi da noi vietati. Ciò, che nel rispetto dei regolamenti U.E. non viene pescato da noi, lo pescano altri che poi lo esportano nei mercati europei. Tutto ciò si incrocia con le tensioni esplose nei Paesi della Sponda Sud del Mediterraneo. Libia in primis. In questi anni l’U.E., sotto la spinta di lobby e di gruppi di interesse, ha attuato, lasciatemelo dire, delle nebulose strategie per ridurre il c.d. sforzo di pesca nel Mediterraneo”.
Lo strumento principe utilizzato dall’Ue: la demolizione dei natanti. “La rottamazione delle navi ha provocato di conseguenza la “rottamazione delle braccia”, cioè l’espulsione dal mercato del lavoro di migliaia di lavoratori della pesca e dell’intera filiera ittica siciliana. Dal 2000 al 2014 – secondo i dati dell’ultimo Rapporto dell’Osservatorio – il numero di natanti da pesca in Sicilia è passato da 4.329 a 2.882, una riduzione di circa il 50%. Si sono persi oltre 16.000 posti di lavoro in tutto il sistema pesca siciliano; di cui ben 7.000 nella sola Mazara del Vallo: capitale mediterranea della pesca. L’equazione: demolizione = riduzione sforzo di pesca, è risultata un’equazione errata e certamente non in linea con l’armonizzazione degli approcci comuni contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, così come previsto nel documento relativo alla dimensione esterna della Politica Comune della Pesca (PCP). Lo sapete che mestiere fa oggi il c.d. pescatore “rottamato” con un indennizzo di 40.000 euro? In una Regione dove non ci sono molte alternative occupazionali nel 90% dei casi va a fare il pescatore di frodo. E siccome stiamo parlando di aree sensibili, difficili, dove le mafie la fanno da padrona, qualche volta, la tentazione di trovare “scorciatoie” rischia di diventare troppo forte”.
I Costi economici ed umani. Ancora Tumbilo: "La marineria siciliana ed in particolare quella di Mazara del Vallo (comunità fortemente dipendente dalla pesca) ha pagato nel corso degli ultimi 50 anni un prezzo troppo alto a causa della cosiddetta “Guerra del pesce”, guerra dichiarata dai Paesi della sponda sud del mediterraneo. Una guerra dimenticata! Il bilancio ad oggi è catastrofico: 3 morti, 27 feriti colpiti dal fuoco di militari e/o miliziani di Paesi rivieraschi, oltre 300 prigionieri detenuti negli anni, nelle carceri dei paesi nord africani. Pesanti sono gli oneri pagati per il riscatto degli oltre 150 pescherecci sequestrati, (dei quali 6 definitivamente confiscati): un danno economico oltre che sociale, che gli esperti dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo hanno calcolato in oltre 90 milioni di euro.La causa è la mancanza di accordi. Chi risarcirà e quando questo enorme danno? La comunità peschereccia mazarese ha sopportato da sola, oltre ai morti ed ai feriti, tutto il peso economico e finanziario che rischia di soffocare la prima marineria del Mediterraneo. La comunità siciliana ha registrato la distanza sconfortante delle istituzioni e l’assenza dell’U.E. che, permettetemi di dire, si è limitata ad imporre regolamenti e norme sulla pesca con una visione un po’ strabica”.
L’assenza dell’Ue nella politica della pesca mediterranea. “Dopo il fuoco dei miliziani, abbiamo dovuto subire quello che in gergo militare si chiama “fuoco amico”, da parte chi proprio avrebbe dovuto tutelare, difendere i nostri operatori. Cioè le istituzioni. Perché nessun Commissario Europeo alla Pesca è mai venuto ad onorare i nostri caduti in questa assurda guerra? Perché un Commissario non è mai venuto in visita a Mazara (capitale mediterranea della pesca) per ascoltare i pescatori ed i loro rappresentanti? Io ritengo che l’unico strumento possibile per mettere la parola fine a questa assurda guerra sia il Dialogo, la Cooperazione. Signori non vi è altra strada. Interroghiamoci: Qual è stata la risposta dell’U.E.? Quali strumenti ha adottato? Uno degli strumenti principe è stato quello di richiedere ai Paesi terzi il rilascio di licenze di pesca nelle loro acque, a fronte di una compensazione economica. Questo è a nostro avviso uno strumento incoerente con i principi dell’U.E. volti alla sostenibilità. Infatti, cosa volete che faccia un armatore che ha ottenuto una licenza di pesca in Tunisia, Marocco, Angola, Mauritania, o Costa d’Avorio? In assenza spesso di controlli, eserciterà una pesca improntata al massimo rendimento possibile in una finestra temporale ben limitata. Ciò si traduce in pratica in un enorme danno ambientale a scapito dei Paesi più poveri e di tutta la comunità internazionale”.
Il dialogo e la cooperazione secondo i principi della Blue Economy del Distretto della Pesca.“Noi crediamo invece che il Dialogo, attraverso una cooperazione che coinvolga direttamente tutta la filiera ittica siciliana e i Paesi terzi e in particolare quelli della sponda sud del Mediterraneo, attraverso l’utilizzo razionale e condiviso delle risorse, della ricerca, della Blue Economy, attraverso il recupero e la valorizzazione della pesca artigianale, attraverso la formazione, sia una rotta obbligata. L’U.E. purtroppo non ha mai riconosciuto la bandiera del Distretto della Pesca e l’importantissima e delicata attività dell’Osservatorio del Mediterraneo che già dal 2006 promuovono il modello di sviluppo economico/sociale della Blue Economy: Perciò la ringrazio Signor Presidente per l’invito e ringrazio pure l’On. Affronte e l’On. Giuffrida per la sensibilità dimostrata verso i nostri problemi. La Blue Economy è l’economia della responsabilità, individuale e collettiva, che parte dal mare, dalla Sicilia, ma che non si esaurisce nel mare né con il mare e che guarda alla rigenerazione e restauro delle risorse, marine e terrestri.
Le innovazioni della Blue Economy. “Abbiamo sviluppato innovazioni e progetti “Blu”, grazie anche all’iniziativa “Nuove Rotte verso la Blue Economy”, avviata dal 2009 in Sicilia che vede il Distretto della Pesca e numerosi partners scientifici (Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche IAMC-CNR, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia IZSS, l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche ISA-CNR, il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia PSTS, l’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale ISPRA, le Università) impegnati in quattro ricerche e 10 laboratori sperimentali volti a sostenere lo sviluppo Blue delle imprese di tutta la filiera ittica che, ne sono certo, daranno risultati positivi nel medio periodo anche alla comunità peschiera internazionale. Una delle importanti innovazioni è la “refrigerazione passiva applicata al pesce”, con l’obiettivo di allungare la shelf life del pesce fresco da 5 a 20 giorni. È una tecnologia targata Blue Economy, capite che è destinata a rivoluzionare in senso democratico le gerarchie dei mercati.
Blue Sea Land, l’Expo Siciliano del dialogo e festival della Blue Economy. “Vorrei raccontarvi brevemente di una Best Practice. Al fine di promuovere i principi della filosofia produttiva della Blue Economy, il Distretto della Pesca insieme ad altre autorevoli Istituzioni Pubbliche da cinque anni, ogni anno ad ottobre, organizza il Festival della Blue Economy, una manifestazione internazionale denominata Blue Sea Land. Si tratta dell’Expo della Sicilia, un contenitore che aggrega i Cluster Produttivi delle filiere agro-ittico-alimentari italiani ed europei, dei Paesi del Mediterraneo, dell’Africa e del Medioriente, che consolida le relazioni di cooperazione tra i Paesi partecipanti e promuove la necessaria integrazione economica, sociale, istituzionale e culturale tra le comunità marinare e agricole attraverso seminari, convegni, esposizioni, incontri commerciali, ecc. Una recente edizione, premiata con la medaglia del Presidente della Repubblica Italiana, ha visto la partecipazione di 42 delegazioni di Paesi stranieri, con oltre 1100 incontri BtoB e CtoC (cluster to cluster) organizzati dall’ Italian Trade Agency – ICE, dalla Regione Siciliana, e dalla piattaforma Enterprise Europe Network. Alla manifestazione, alla quale hanno partecipato il Ministro degli Affari Esteri della Somalia, 9 Ministri dell’Agricoltura e della Pesca provenienti dai Paesi del Mediterraneo, dell’Africa e del Medioriente, 16 Ambasciatori, decine di organizzazioni professionali. Mi dispiace molto dover riferire che si è notata l’assenza, nonostante i reiterati inviti, della DG Mare e del Commissario Europeo per la pesca. È certamente opportuno segnalare che allo stesso tavolo erano presenti i rappresentanti libici di Tobruk e Tripoli, di Misurata e Bengasi. I molti diplomatici presenti hanno parlato in questa circostanza come del “miracolo di Blue Sea Land”. Credetemi, questa non è magia! è invece perseveranza, costanza, pazienza, dialogo, voglia di pace.
La crisi della pesca siciliana ed il rischio di una polveriera sociale. “Tutto ciò è avvenuto in Sicilia, quindi in Europa, nella mia Mazara del Vallo, città che a partire dagli anni ’60 ha registrato, grazie alla pesca, un massiccio ritorno nell’antica casbah di maghrebini, in prevalenza musulmani. Oggi essi rappresentano circa il 20% della popolazione presente nella Città di 50 mila abitanti e convivono in assoluta armonia anche con altre comunità immigrate. Questo importante esempio di pacifica convivenza nella Medina di Mazara del Vallo fra persone che parlano lingue diverse, mangiano cose diverse, e hanno religioni diverse, è avvenuto in virtù della progressiva crescita negli anni delle attività di pesca e della sua lunga filiera. Oggi molte di queste attività per le ragioni sopracitate hanno chiuso i battenti. Le restanti rischiano subire lo stesso destino, se non ci sarà un grande sostegno dell’UE ed una rapida inversione di rotta. Quello che oggi è un esempio mirabile di convivenza pacifica, che l’Europa deve promuovere e esportare, rischia di diventare una vera e propria polveriera. Rivolgo pertanto a nome della Marineria, a Lei Signor Presidente Cadec e alla Commissione, l’invito a visitare le strutture del Distretto della Pesca. Ma fate presto perché altrimenti rischierete di non trovare più nessuno!”.
Cooperazione con i Paesi rivieraschi ed un Piano d’azione per la Libia da inserire nel FEAMP. “L’Europa ha un ruolo di interlocutore primario, economico e politico nell’areale Mediterraneo ma deve considerare e tenere ben conto degli attori locali e periferici (di chi lavora in “trincea”) attraverso “politiche di prossimità” e di “cooperazione transfrontaliera”, assegnando quindi alle Regioni meridionali, in particolare alla Sicilia (lo impongono la storia e la geografia), un ruolo attivo nella costruzione di accordi commerciali, produttivi e culturali in materia di mare. Il Distretto della Pesca propone di concordare con l’UE un piano di azione che tuteli l’incolumità dei pescatori siciliani negli areali storici di pesca al Gambero Rosso in acque profonde prospicienti le coste libiche. L’idea progetto è quella della creazione di una joint venture italo-libica (di cui abbiamo già discusso molto con gli attori libici Pubblici e privati), per l’avvio di un progetto di pesca, di ricerca scientifica sulle risorse alieutiche e formazione di personale locale, in zone distanti da 16 a 40 miglia dalle coste libiche, quindi in acque internazionali prospicenti i porti di Tripoli, Misurata, Derna e Bengasi. La creazione di uno o più cluster marittimi in Libia. Al fine di rendere operativa tale proposta l’UE, scevra da influenze lobbystiche, dovrebbe riconoscere il ruolo di “trincea” e di lavoro duro svolto in questi anni dal Distretto della Pesca e dall’Osservatorio del Mediterraneo. Tuttavia vorrei dissipare ogni dubbio fra i più scettici: trasferire il know-how delle imprese siciliane della pesca nelle regioni sud del Mediterraneo non rappresenta una manovra di mera delocalizzazione di imprese o di cluster, per fare a casa d’altri ciò che magari non possiamo più fare a casa nostra, acquisendo mano d’opera ed energia a costi più bassi e magari non rispettando regole ambientali.
Proporre il nostro modello distrettuale operando secondo la filosofia della Blue Economy vuol dire cooperare, vuol dire creare ponti, vuol dire dialogare. Abbiamo il dovere e direi tutto l’interesse di condividere questi strumenti/modello, al fine di integrare le reciproche produzioni e valorizzare nel suo complesso il sistema produttivo mediterraneo, e creare quindi in molti Paesi, grazie alla pesca europea, migliaia di posti di lavoro. Ciò Signor Presidente sarà utile a frenare l’emorragia di tanti disperati che ogni giorno tentano di raggiungere l’Europa. Ahimè, molto spesso attraverso la Sicilia”