Prima ancora che Andreotti dichiarasse di non voler partecipare alle esequie di Dalla Chiesa perché preferiva i battesimi ai funerali, o che Berlusconi lodasse la lealtà del suo stalliere Mangano, e prima che il Ministro Lunardi, nel 2001 dichiarasse apertamente che con mafia e la camorra bisognava conviverci, erano già molti gli episodi oggetto di aneddoti e storielle molto poco divertenti che indicavano come tra mafia e potere politico non vi fosse certo un abisso incolmabile ma, anzi, sono molti i ponti di relazioni costruiti da ambo le parti, gli scambi di favori e di omaggi volti a rafforzare quella commistione di poteri che consente alle mafie, da due secoli, di resistere a qualsiasi governo e a qualsiasi contesto storico.
Sta qui, in questa zona grigia, molto più ampia di quanto si possa pensare, la “Storia dell’Italia mafiosa” di Isaia Sales che Rubbettino lancia in libreria in questi giorni, una storia che non può che ripercorrere la storia stessa d’Italia sin dai tempi dell’Unità.
Se infatti è assodato che le mafie abbiano avuto origine in alcune regioni del sud Italia, in una certa epoca e in un determinato contesto, la loro resistenza nel tempo e la progressiva diffusione mondiale non possono certo essere ridotte ad un problema razziale, territoriale o culturale.
Il successo delle mafie va ricercato nell’affermarsi, a livello nazionale, di un blocco sociale e politico a cui quelle già facevano riferimento nel periodo pre-unitario. È dunque evidente che sia stato necessario proprio l’appoggio di quel blocco politico e sociale, dominante al nord Italia, per rendere possibile un simile esito. Successivamente, le scelte di conservazione operate in politica e in economia a livello nazionale non fecero altro che difendere e consolidare l’ambiente in cui i mafiosi erano a proprio agio, l’ambiente in cui dominavano.
Come osserva Sales, “La storia delle mafie meridionali non è storia di semplici organizzazioni criminali, bensì la storia dei rapporti che l’insieme della società (locale e nazionale) ha stabilito, nel tempo, con questi fenomeni criminali, e viceversa, è storia dei rapporti che il crimine organizzato ha allacciato con il mondo esterno.”
“Storia dell’Italia mafiosa” traccia il percorso della criminalità organizzata con precisione, sottolineando le differenze di identità ma tenendo presente l’unità dei processi di sviluppo. Se l’Ottocento è il secolo della Camorra e il Novecento è quello della Mafia siciliana, quello che viviamo, secondo Sales, è il periodo d’oro della ‘Ndrangheta.
Il ruolo predominante è dato, a seconda dei casi, dall’influenza che le mafie hanno nei processi decisionali dello Stato, ma anche dalla loro capacità di diffusione a livello mondiale.
Proprio questo aspetto diventa un altro punto centrale del libro di Sales che demolisce la convinzione che le mafie siano nate e abbiano prosperato solo laddove le condizioni culturali ed economiche consentivano il dilagare del crimine. La presenza attiva della Mafia negli Stati Uniti, e della ‘Ndrangheta in tutto il mondo, provano che la spiegazione culturalistica non può reggere; dimostrano come solo la collusione e la cooperazione con i poteri forti, con vantaggi da entrambi i lati, siano l’elisir d’immortalità delle organizzazioni mafiose.
La quarta di copertina
“Storia dell’Italia mafiosa” rappresenta un’importante innovazione nello studio e nell’analisi dei fenomeni mafiosi in Italia. Per la prima volta viene ricostruita in maniera unitaria la storia della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra dalla nascita nel Mezzogiorno borbonico, allo sviluppo nell’Italia post unitaria, al definitivo affermarsi in età repubblicana, fino ai nostri giorni. Si è dinanzi ad un grande affresco storico che individua le ragioni di fondo di un modello criminale il cui successo dura ininterrottamente da duecento anni. Il volume rappresenta inoltre il contributo più significativo al superamento delle interpretazioni dominanti delle mafie come frutto esclusivo del Mezzogiorno, della sua arretratezza economica e sociale, di una cultura omertosa e complice. Isaia Sales dimostra come quel racconto, pressoché immutato da due secoli, continui a costituire un formidabile ostacolo alla comprensione delle mafie e a rappresentare, nella migliore delle ipotesi, un colossale abbaglio. Pagine appassionanti svelano perché le mafie, nonostante gli auspici di tanti, non siano state sconfitte dalla «modernità», anzi si siano trovate pienamente a loro agio dentro di essa, senza alcun imbarazzo. E sono ancora qui nell’Italia post moderna di oggi, nel mondo di Google e dell’Ipad. E non solo nel Mezzogiorno.
Isaia Sales insegna storia delle mafie presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. È editorialista del “Mattino” di Napoli. È stato sottosegretario al Ministero del Tesoro nel primo governo Prodi. È autore di diversi saggi sul Sud d’Italia e sui fenomeni mafiosi.