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25/11/2015 06:32:00

Processo Eden, oggi parla Cimarosa. Applausi per un boss ai funerali a Castelvetrano

 Sarà ascoltato Lorenzo Cimarosa, oggi, a Marsala, nella nuova udienza del processo Eden 2.  Il "dichiarante" è cugino acquisito del boss latitante Matteo Messina Denaro. Nell'ultima udienza ha parlato il figlio, Michele, 26 anni, circa l’estorsione che sarebbe stata commessa in danno di Giovanni Ligambi. Il processo che si svolge a Marsala è carico di  tre delle persone coinvolte nell’operazione antimafia “Eden 2”. In questo “stralcio”, per la contestata estorsione a Ligambi è imputato il 54enne castelvetranese Vito Tummarello, che avrebbe agito in concorso con i fratelli Rosario e Leonardo Cacioppo (processati a Palermo con rito abbreviato). Con i Cacioppo, Tummarello avrebbe costretto Giovanni Ligambi, titolare di un ristorante-pizzeria di Castelvetrano, a sborsare il denaro dovuto, pare, per aver rilevato il locale. Alle domande del pm della Dda Maurizio Agnello, Michele Cimarosa ha detto: “Nel 2013, venne a trovarmi un nipote di Giovanni Ligambi. Piangeva. Diceva che i fratelli Cacioppo non facevano più uscire di casa lo zio. Io conoscevo i Cacioppo e accompagnai mio padre a un incontro nel garage di Li Gambi, con i Cacioppo arrivò anche Vito Tummarello. Io non ho assistito al colloquio. Sono rimasto fuori. Ma so che mio padre mise una buona parola. L’incontro durò una decina di minuti. Poi, tempo dopo Ligambi, interrogato dai carabinieri, negò tutto per paura. I Cacioppo erano ancora liberi. Mio padre non mi disse perché i Cacioppo pretendevano questo denaro”. Michele Cimarosa ha parlato anche dei problemi avuti per questa vicenda e per la decisione del padre, che lui ha definito “collaboratore di giustizia”, di rendere dichiarazioni ai magistrati (“Adesso, non esco più di casa e non ho amici. Abbiamo rifiutato il programma di protezione”).

CASTELVETRANO. A Castelvetrano - racconta il sito Nuovo Sud - la folla ha applaudito il cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro, giunto per il funerale della madre Lucia Bonanno, nella chiesa San Giovanni. L'episodio si è verificato sabato scorso, ma se ne è avuta notizia oggi. Vincenzo Panicola di 45 anni, è marito di Patrizia Messina Denaro, sorella del capomafia, ed è detenuto per una condanna del 2013 a dieci anni di reclusione per associazione mafiosa. L'uomo, godendo di un permesso, è giunto ai funerali scortato dagli agenti di polizia penitenziaria. La folla lo ha omaggiato con un lungo applauso, accompagnandolo nell'ingresso in chiesa. In chiesa ad aspettarlo c'erano le cognate (sorelle del latitante) Giovanna e Bice Messina Denaro, quest'ultima recentemente condannata dal tribunale di Marsala. Panicola è figlio del defunto Vito, condannato con sentenza definitiva per omicidio, in un agguato di mafia uccise suo figlio Giovanni per sbaglio, e tentato omicidio. Lo scorso anno l'uomo ha subito la confisca dei beni e le sue conversazioni intercorse con la moglie Patrizia sono finite nei faldoni di un nuovo processo che ha portato alla condanna di Patrizia Messina Denaro.

USURA.  La condanna di tutti gli imputati è stata chiesta dal pm Anna Sessa nel processo che con l’accusa di usura vede imputati il 71enne ex gommista di contrada Berbarello Francesco Bianco, nonché Ludovico Maurizio Marino, di 56 anni, e Francesco Giacalone, di 62. Quattro anni e 8 mesi di carcere sono stati invocati per Bianco, tre anni e mezzo per Giacalone e due anni e 8 mesi per Marino. Oggi esarà il turno degli avvocati difensori, Paolo Paladino, Luisa Calamia e Alessandro Casano. Secondo l’ipotesi d’accusa, i tre imputati avrebbero prestato denaro a un benzinaio, Giuseppe Rallo, di 47 anni. Il 15% di interessi mensili sarebbe stato preteso da Bianco e Marino, che al Rallo avrebbero rispettivamente prestato circa 38 mila e 15 mila euro. Il 10%, invece, era il tasso fissato dal Giacalone a fronte di un prestito di circa 100 mila euro. Epoca dei fatti contestati è il periodo tra il 2006 e il 2008. Francesco Giacalone, inoltre, è finito sotto processo anche per lesioni e minaccia grave. Imputazione, quest’ultima, che a seguito delle dichiarazioni rese in aula dalla presunta vittima, è stata trasformata dal pm in tentata estorsione. Reato per il quale, il difensore (avvocato Alessandro Casano) ha chiesto e ottenuto lo “stralcio”. E quindi un processo a parte, la cui requisitoria si terrà oggi.