15,00 - «Può capitare che per fare emergere tutta la verità e fare pulizia, si debba assumere, anche se temporaneamente, per esigenze di copione processuale, la veste di indagato» spiegano gli avvocati Stefano Pellegrino e Nino Caleca, difensori del Vescovo monsignor Domenico Mogavero, indagato dalla Procura di Marsala per appropriazione indebita di denaro. «Una sofferenza, questa, che vale la pena sopportare pur di rendere un efficace e proficuo servizio alla verità e alla giustizia. L’indagine è stata determinata da una precisa volontà del Vescovo di denunciare, al primo sospetto, la irregolarità gestionale del servizio economato della Diocesi. Monsignor Mogavero – continuano i due – ha provato di aver gestito con trasparenza le libere offerte dei fedeli istituendo un conto corrente per la tracciabilità della gestione delle attività caritatevoli in contanti o mediante titoli, contrariamente a quanto avveniva precedentemente al suo incarico». Altresì spiegano in merito alle accuse mosse al Vescovo: «In particolare, in relazione alla vicenda meno chiara relativa a un bonifico di 100 mila euro, del quale il Vescovo contabilmente sarebbe stato il beneficiario, è stato provato, accertato e documentato tramite il codice Iban che il suddetto bonifico risulta addebitato sul conto diocesano acceso presso la Banca Prossima e accreditato regolarmente a Ernesto La Magna (artista che ha realizzato le opere sacre nella nuova chiesa madre di Pantelleria, ndr) sul conto corrente dallo stesso aperto presso la Banca Monte Paschi di Siena – e non su quello del Vescovo come dice l’accusa – quale acconto per le spettanze dovute per le opere realizzate per la chiesa di Pantelleria. Si è trattato di un mero errore di redazione della scrittura contabile effettuata da altri». I due avvocati concludono: «È risultato provato, accertato e documentato da una relazione dettagliatissima che mai il Vescovo si sia appropriato o abbia sottratto, a qualsiasi titolo, alcuna somma di denaro o di altre utilità».
7,00 - Come abbiamo raccontato ieri, è deflagrata come una bomba la notizia che la Procura di Marsala ha inviato un avviso di garanzia, ipotizzando il reato di appropriazione indebita, al vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, ex sottosegretario della Conferenza episcopale italiana. Stessa accusa viene contestata anche don Franco Caruso, ex economo della Diocesi di Mazara, il cui incarico non è stato più rinnovato da Mogavero quando questi, tra aprile e maggio 2014, si è accorto dei notevoli debiti accumulati negli ultimi anni dalla Curia. Don Franco Caruso, poi spedito a fare il parroco a Santa Ninfa, è accusato anche di malversazione. A Mogavero si contesta di essersi appropriato di circa 185 mila euro, con accredito di somme sul proprio conto corrente e di assegni tratti in proprio favore dai conti correnti intestati alla Diocesi di Mazara. A don Franco Caruso, invece, di essersi appropriato di oltre 123 mila euro mediante il prelievo di somme in contanti, nonché con l’emissione in proprio favore di assegni tratti sui conti correnti della Diocesi. La malversazione, inoltre, è contestata all’ex economo della Curia in quanto, delegato a operare sui conti correnti della Diocesi e avendo la disponibilità delle somme erogate dalla Cei, invece di destinare il denaro interventi caritatevoli, avrebbe speso oltre 250 mila euro per altre finalità. Parte di questo denaro l’avrebbe dato a don Vito Caradonna, prete marsalese sospeso a divinis dopo una condanna per tentata violenza sessuale su un uomo e attualmente sotto processo, a Marsala, per circonvenzione di incapace. L’indagine su Mogavero e Caruso, coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa, è della Guardia di finanza. Diffusa la notizia, l’ufficio stampa della Diocesi di Mazara ha inviato questa nota agli organi d’informazione: «I fatti sui quali monsignor Domenico Mogavero, quale Vescovo della Diocesi di Mazara del Vallo, è stato chiamato a rispondere sono risalenti agli anni 2010 – 2011 e attengono ad anomalie nella gestione dell’economato della Curia rilevate e denunciate alla Procura dallo stesso Vescovo lo scorso anno» spiega l’avvocato Stefano Pellegrino, legale del Vescovo. «Invero al primo sospetto di irregolarità gestionale del servizio economato della Diocesi, il Vescovo provvide ad incaricare due consulenti fiduciari per verificare la corretta applicazione della normativa canonistica e concordataria nella gestione della Diocesi, nonché accertare la regolarità della redazione dei rendiconti e dei finanziamenti della Cei». Prosegue il legale: «Poiché dalle citate relazioni si evidenziarono condotte che avrebbero potuto integrare estremi di reato, il Vescovo ritenne opportuno trasmettere alla Procura della Repubblica la consulenza dei dottori Roberto Ciaccio e Gianfranco Sciamone, manifestando la propria volontà querelatoria e chiedendo, al contempo, di essere sentito dal Procuratore della Repubblica. Di conseguenza, sollevò dall’incarico i responsabili dell’Ufficio Economato, collaborando fattivamente con gli organi di polizia giudiziaria al fine di accertare responsabilità gestionali». L’avvocato Pellegrino aggiunge: «Pertanto, all’esito delle attività di indagine e delle informazioni fornite agli investigatori e alla Procura dallo stesso Vescovo e dai propri consulenti, monsignor Mogavero è stato avvisato e interrogato per un fatto di garanzia a tutela della propria posizione». L’avvocato Pellegrino conclude: «Nel corso dell’interrogatorio il Vescovo, oltre a chiarire definitivamente ogni circostanza attinente la propria posizione, ha depositato la relazione tecnica a firma dei consulenti Ciaccio e Scimone, corredata da copiosa documentazione, comprovante la totale ed assoluta estraneità a qualsiasi fatto astrattamente addebitabile allo stesso Vescovo».
Papa Benedetto XVI inviò Mogavero a Trapani per commissariare l’allora vescovo Francesco Micciché dopo lo scandalo scoppiato a seguito di un’inchiesta su truffe commesse ai danni della Curia trapanese da un sacerdote, don Ninni Treppiedi. Una vicenda complessa che, negli anni, ha avuto sviluppi inattesi con il coinvolgimento di Micciché in una storia di ammanchi di denaro. Il vescovo, ora in pensione, avrebbe utilizzato centinaia di migliaia di euro dell’otto per mille per comprare ville e immobili. Uno destinato a bed and breakfast.