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18/12/2015 06:25:00

Marsala, oggi si scopre la Nave Romana. Caruso: "Impensabile vederla da un'altra parte"

 La Nave Romana è arrivata a Marsala, e oggi verrà presentata e mostrata al Museo Lilibeo di Marsala. Enrico Caruso, direttore del Museo, un momento molto atteso, cosa vedremo?

Mostreremo ciò che è arrivato, perché il corso del restauro è piuttosto lungo, quindi solo una prima parte verrà mostrata oggi. Per il resto pensiamo che tra febbraio e marzo potremmo completare tutta l’esposizione.

Com’è la Nave?

L’esposizione sarà impressionante per la qualità del legno che è stato recuperato, per la sua lunghezza. C’è un legno intero di 10 metri e 50, una cosa bellissima. La nave una volta completata sarà di grande rilevanza.

E darà importanza anche al Museo.

Il Museo Lilibeo sarà un punto di riferimento per l’archeologia subacquea per l’intero Mediterraneo, non ci sono altri posti al mondo dove cii sono tre navi che coprono un arco di tempo di 1500 anni, dalla Nave Punica, al relitto tardo romano, e i relitti del Signorino.

A questo proposito si stanno facendo dei lavori al museo. In cosa consistono e a che punto sono?

Ci sono state delle lungaggini burocratiche e sono partiti tardi. Avremo dei tempi brevissimi per realizzare il rinnovo delle due grandi sale del museo, la sala della nave punica e la sala dei reperti archeologici. Il tema è la migliore esposizione dei reperti e una migliore qualità dell’ambiente. I locali verranno climatizzati, sia d’estate che d’inverno con temperature adatte sia per i visitatori che per i legni. E’ un aspetto molto delicato, legni che sono stati sott’acqua per mille anni, poi esposti all’aria, rischiano di deteriorarsi se l’aria non ha le caratteristiche giuste. Stiamo lavorando per creare l’ambiente adatto.


Legni trovati nelle acque di Marausa nel 1999. Da allora è cominciato un lungo processo di recupero, quanto è stato difficile?

Intanto dobbiamo ringraziare la Soprintendenza del Mare che ha lavorato molto per il recupero di questa nave, un lavoro durato quasi 4 anni. Poi c’è stato un lungo lavoro d restauro, perché i legni bagnati perdono di consistenza e bisogna sottoporli a un processo complesso.

Come sono stati restaurati?

E’ stato applicato un sistema diverso rispetto al passato. Al posto della cera si sono utilizzati degli zuccheri che riempiono gli alveoli della struttura e la rendono nuovamente solida. Questo ha fatto sì che il legno migliorasse l’aspetto estetico e non ha assunto quel colore nero della Nave Punica. Ma erano altri tempi, altri sistemi di salvaguardia. Questa nave avrà di bello anche questo, mostrerà un legno dal colore quasi naturale.

In questi anni c’è stata tanta polemica sulla collocazione della Nave Romana. Un reperto conteso tra Marsala e Trapani con scene di campanilismo spesso ridicolo davanti alla necessità di fare rete e di valorizzare il bene in sè.

Spesso anche un evento del genere ha tanti padri e tante madri. Ognuno tira la coperta dal suo lato. E’ un fatto molto triste. In questo caso penso che abbia vinto la cultura. Era impensabile di sistemare la nave romana in un altro posto che non fosse il Museo Lilibeo. Il porto di Lilibeo era il più importante in antichità nella Sicilia occidentale. Era giusto che la nave andasse a Marsala, e non lo dico perchè sono il direttore del Museo. Si deve sempre pensare di far sì che i musei abbiano una consistenza sempre maggiore. E’ sbagliato fare i musei con una sola opera. Se fosse andata a Trapani sarebbe stata una nave sola a Trapani con tre navi a Marsala. Si sarebbe fatto un errore culturale. Il turista che arriva e vede più navi capisce come la navigazione nell’antichità aveva un ruolo fondamentale. Bisogna concentrare le opere. D’altronde parecchi reperti marsalesi sono esposti al museo Pepoli. E ci onora questo fatto.

Lei è direttore del Museo Lilibeo da poco tempo. Il suo bilancio di questo primo periodo.

Li faccio alla fine i bilanci. Con i lavori in corso che dureranno fino a marzo sarà rinnovato il museo nell’aspetto espositivo soltanto, purtroppo non i saranno lavori di intonaci e strutturali, ma speriamo di poter operare anche lì.

***

La Nave Romana arriva a Marsala. Venerdì 18 dicembre 2015, alle ore 16.30, nella Sala conferenze del Museo Archeologico Regionale “Lilibeo” di Marsala avverrà la presentazione ed esposizione al pubblico, dopo un lungo restauro, della nave oneraria tardo-romana rinvenuta nel 1999 nei bassi fondali del lido di Marausa. Dopo i saluti del Soprintendente per i Beni culturali e ambientali di Trapani, Paola Misuraca, del Sindaco di Marsala, Alberto Di Girolamo e di Trapani, Vito Damiano, sono previsti gli interventi del Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa che parlerà su: “Il relitto di Marausa: scavo, recupero e restauro” e di Enrico Caruso, Direttore del Museo archeologico regionale Lilibeo di Marsala che relazionerà su: “La nave oneraria e l’esposizione in divenire nel Museo Lilibeo”. Il sito di Marausa, posto tra Trapani e Marsala, fronteggia le isole Egadi e come queste si trova in posizione geografica strategica sia dal punto di vista militare che commerciale, in quanto scalo-ponte tra la costa nord-africana e l’Italia. Il relitto nascosto per diciassette secoli, a pochi metri dalla spiaggia, appartiene ad una nave di età tardo romana del metà del terzo secolo d.C. e giaceva a due metri dal livello del mare, sotto uno strato fangoso e di posidonia. A seguito di questo rinvenimento nel 2000 fu condotta una prima indagine archeologica, durante la quale venne scavata una stretta trincea perpendicolare all’asse principale dell’imbarcazione in prossimità della sua zona mediana, e i dati ricavati hanno rivelato trattarsi di una nave oneraria lunga m 16 ca., larga m 8 ca., costruita secondo la tecnica a guscio portante. Le successive campagne di scavo e recupero del relitto si sono definitivamente concluse nel 2011, si è quindi provveduto al trasporto dei legni presso un laboratorio specializzato. Qui sono state eseguite le operazioni di pulitura, debatterizzazione, impregnazione con carboidrati a catena modificata ed essiccazione a vuoto discontinuo. Gli innovativi interventi conservativi hanno restituito ai legni le caratteristiche cromatiche tipiche delle loro essenze, che sono il larice per il fasciame e il frassino per la chiglia e le ordinate. Ultimato il processo di stabilizzazione dei legni si èprovveduto al loro assemblaggio ricostruttivo, in vista dell’esposizione del relitto al pubblico. Per quanto riguarda il carico, è probabile che sia stato subito recuperato e messo in salvo perché il naufragio avvenne vicino alla costa, infatti la quantità delle anfore, rinvenute generalmente in stato frammentario, non è cospicua. Il materiale ceramico, proveniente dal luogo di giacitura del relitto e ad esso sicuramente appartenente, si data tra la fine del III e il IV secolo d.C. e appare prevalentemente di produzione nord-africana. E adesso, dopo sei anni dal suo rinvenimento l’antica nave romana viene definitivamente offerto alla sguardo dei visitatori.

Il relitto di Marausa: la storia, il rinvenimento,gli interventi
Una storia che inizia con la segnalazione dei subacquei, Antonio Di Bono e Dario D’Amico, nel 1999 di un relitto nel lido di Marausa, in territorio di Trapani di una nave oneraria tardo romana. Il relitto è stato rinvenuto in prossimità della costa di fronte le isole Egadi, campo di battaglia fra le flotta romana e quella cartaginese durante la seconda guerra punica. Con molta probabilità all’approdo, nel raggiungere l’emporio di Marausa, l’imbarcazione è stata colta da un violento nubifragio e dato il notevole carico anforaceo, si è posta su un fianco ed è affondata a meno di 150 metri dalla costa. Il relitto nascosto per diciassette secoli a pochi metri dalla spiaggia, è stato protetto da una fittissima coltre di matta, costituita da posidonia e una componente di silt argillo-sabbioso sottilissimo, che ha formato un ambiente anaerobico, che non ha consentito il degrado dei legni. E’ stato possibile individuarlo, grazie alla costruzione di un molo in terra che dalla costa si protraeva verso mare, che ha alterato l’equilibrio delle correnti marine, creando dei vortici escavatori. Il relitto è stato datato alla metà del terzo secolo d.C. grazie alla correlazione fra i dati forniti dai reperti anforacei e le informazioni numismatiche forniti dalle cinque monete rinvenute, quattro in bronzo ed un in argento e confermate dalle datazioni delle analisi al carbonio 14. La Soprintendenza del Mare tra il 2000 e il 2001 ha redatto un progetto per lo scavo, recupero e trattamento conservativo del relitto di Marausa TP, che è stato finanziato con Fondi del Gioco Lotto 2007-2009 dall’Assessorato BB.CC.AA e I.S. I lavori di scavo sono iniziati nel luglio 2010 con la ditta Atlantis soc.coop. di Monreale, che ha asportato la matta soprastante il relitto e buona parte del carico anforaceo e continuati, nel luglio 2011, dalla ditta “Legni & Segni della memoria” di Salerno, che ha provveduto al recupero dello scafo ed al restauro conservativo dei legni bagnati, grazie anche ad un successivo finanziamento per il completamento di detti lavori. Il cantiere è stato impiantato sulla spiaggia, divenendo così un museo a cielo aperto e gli stessi cittadini di Marausa oltre a tantissimi turisti hanno potuto seguire giornalmente i lavori. L’ultimo legno del relitto è stato recuperato dal mare del lido di Marausa, il 3 ottobre 2011. La ceramica del relitto di Marausa è costituita prevalentemente da frammenti di anfore, tra cui si distinguono le forme: Africana II C.2, Keay 25.1, Africana II D, Dressel 30, che nel loro insieme costituiscono la classe principale di materiale su cui si basa la datazione del contesto. La compresenza di anfore impeciate e non internamente indica la diversità delle derrate contenute e quindi mostra la varietà delle merci trasportate, tra cui olio, conserve di pesce, vino; è altresì attestato il trasporto di frutta secca. Dallo stesso areale del relitto provengono altri reperti archeologici subacquei di varie epoche databili a partire dall’età ellenistica in poi, che documentano in questa zona un traffico di navi assiduo e prolungato nel tempo. In particolare si evidenzia la presenza di molti frammenti di anfore greco-italiche tarde, frammenti di ceramica a vernice nera (Campana B), frammenti di anfore Dressel 1C e Dressel 2-4, numerosi frammenti di ceramica a pareti sottili databili tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., alcuni frammenti di sigillata gallica del I secolo d.C. con decorazioni figurate a rilievo. La concentrazione di materiali archeologici nell’ambito marino in questione sembra collegabile alle antiche caratteristiche della costa che in questo tratto rivela il tracciato di un paleoalveo, probabilmente del fiume Birgi, e del suo estuario un tempo navigabile. Peraltro, nelle vicinanze del relitto sono stati trovati i resti di antiche banchine portuali che attestano uno scalo fluviale in prossimità di centri costieri non ancora meglio indagati, ma comunque segnalati da materiali archeologici, rinvenuti durante ricognizioni di superficie, cronologicamente corrispondenti a quelli rinvenuti nel mare antistante. In questo tratto di mare lo stato dei fondali, la natura delle correnti ed in genere gli eventi metereologici sfavorevoli erano tali da provocare talvolta dei naufragi, tuttavia lo scalo di Marausa ha potuto garantire, fin da epoche molto antiche, il rifornimento delle navi in transito, ed è stato esso stesso un punto di arrivo e di smistamento di merci lungo le direttrici del commercio tra le sponde del Mediterraneo. Dal relitto di Marausa si riceve l’ulteriore conferma di un particolare infittirsi, a cavallo tra il III e il IV secolo d.C., delle esportazioni verso le regioni italiane di derrate alimentari prodotte in nord-Africa. Inoltre l’analisi comparativa delle anfore del relitto di Marausa consente di restringere ulteriormente il raggio della ricerca sui luoghi di produzione, che il prof. Bonifay ha individuato con ogni probabilità nelle officine di Nabeul. Significativamente la produzione delle anfore di Nabeul trova riscontro nell’atelier di Sidi Aoun dove compare la stessa associazione di forme destinate alla conservazione e al trasporto di prodotti come l’olio, che nei secoli III e IV d.C. viene esportato, in particolare dalla Bizacena, verso altre regioni dell’Impero colpite da fenomeni di regressione economica. L’esito dello studio delle forme anforarie ha così consentito di poter ricostruire il tragitto effettuato dalla nave di Marausa, partendo dalla località africana da cui provenivano le merci trasportate fino al sito del naufragio. Non è possibile invece sapere quale fosse la destinazione finale dell’imbarcazione naufragata, quindi non siamo in grado di dire con certezza se il carico di derrate alimentari di produzione africana fosse diretto a rifornire centri siciliani ovvero di altre parti dell’impero.