La Corte dii Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Palermo che si era pronunciata per la confisca della calcestruzzi «Mannina Vito» di Valderice. A chiedere l’annullamento della sentenza è stato lo stesso procuratore generale della Suprema Corte. Adesso una nuova sezione della Cortedi appello a doversi pronunciare sulla misura di prevenzione patrimoniale adottata a carico dell’imprenditore Mannina.
Il 15 gennaio la Corte di appello di Palermo invece dovrà pronunciarsi sulla condanna penale inflitta a Mannina. Si tratta del terzo giudizio di appello, dopo due annullamenti con rinvio della Cassazione (annullamenti proposti dal procuratore generale). E nell’ambito del procedimento penale i giudici di secondo grado hanno, finora, confermato la confisca dell’azienda ereditata dal padre (procedimento, questo, indipendente dalle misure di prevenzione). A maggio del 2013, nel secondo giudizio di appello, Mannina è stato condannato a 6 anni di reclusione per associazione mafiosa. In primo grado aveva riportato una condanna a 6 anni ed 8 mesi, ridotta a 6 anni e 3 mesi nel primo giudizio di secondo grado. Arrestato nel 2007, Vincenzo Mannina,ha già scontato oltre 4 anni di reclusione. Qualora nel terzo giudizio di appello i giudici dovessero confermarela condanna a 6 anni e questa dovesse diventare definitiva, l’imprenditore dovrebbe ancora scontare circa 2 anni.
La Cassazione aveva rimandato indietro alla Corte di Appello la sentenza di condanna individuando la necessità di circoscrivere meglio il reato contestato. Mannina, arrestato dalla Polizia nel 2007, era accusato di associazione mafiosa, per la Cassazione si configurava semmai il delitto di concorso esterno e quindi il processo doveva svolgersi valutando la sussistenza di quel reato. La Corte di Appello ha confermato condanna e reato, associazione mafiosa, sei anni di reclusione, poi annullati con rinvio dalla Cassazione.
Secondo l'accusa Mannina è un imprenditore “potente” Vincenzo Mannina, che ha contribuito al “ afforzamento della potenzialità operativa e intimidatrice propria dell’associazione mafiosa”. Avrebbe assicurato all’organizzazione criminale «Cosa Nostra» continuità e soprattutto varietà di apporti essenziali per il raggiungimento dei suoi fini, ricevendone in cambio appoggio per l’affidamento alle sue imprese delle forniture relative ai lavori per opere da realizzare nel territorio controllato dalla famiglia mafiosa. «Mannina ha contribuito a rafforzare la presenza e la forza di quella generale metodologia intimidatrice, dal cui esercizio deriva all’organizzazione il controllo delle commesse e delle forniture». Uomo del capo mafia di Trapani Francesco Pace, che fu posto a capo della Cupola trapanese direttamente dal latitante Messina Denaro. “Il ragioniere Poma” si faceva chiamare Pace, e intercettato Mannina veniva sentito dagli investigatori della Squadra Mobile che lo seguivano, parlare spesso di questo fantomatico “ragioniere Poma”, perché alla fine poi era sempre Pace a comparire nei luoghi in cui quel Poma dava appuntamento a Mannina. Per confondere forse le acque Vincenzo Mannina spesso si faceva vedere e si occupava di manifestazioni di beneficienza. Poche ore prima del suo arresto si era preoccupato di fare arrivare a Trapani da un’azienda palermitana un maxi uovo di cioccolata per una raccolta fondi. Durante il tragitto però la Polizia Stradale fermò i suoi mezzi che non erano autorizzati per quel trasporto “speciale”. Rischiò grosso, l’Uovo lo stesso arrivò a Trapani e lui commentando l’episodio disse che aveva rischiato di perdere quei mezzi se li avessero sequestrati, un grosso danno per l’azienda, non poteva sapere che dietro l’angolo c’erano le manette per lui e il sequestro non solo di quei tir ma di tutt’ l’impresa.