Il territorio della provincia di Trapani e le sue famiglie mafiose, la capacità che hanno nel raggiungere gli obiettivi, primo su tutti la copertura e il sostentamento della latitanza del boss Matteo Messina Denaro ma anche il modo con in cui governano e gestiscono gli affari criminali, rimangono al centro del sistema mafioso siciliano. E’ quello che emerge dall’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia presentata alla Camera dal ministro dell'Interno Agelino Alfano. Insomma, quella da sempre ritenuta lo zoccolo duro della mafia continua ad essere tale, e le sue dinamiche, strettamente collegate a quelle delle famiglie palermitane, per via di rapporti di amicizia o di parentela tra i diversi capi, si riflettono anche su quella che è l’evoluzione criminale di Palermo. Matteo Messina Denaro è ritenuto dalla DIA come il punto di riferimento non solo della mafia trapanese ma di tutto il sistema criminale siciliano anche se non è considerato come il vertice assoluto di Cosa Nostra. Questo legame che unisce le consorterie trapanesi e palermitane è più evidente in campo economico-imprenditoriale dove sono riuscite nel tempo ad affermarsi, e a conferma di ciò sia a Trapani che a Palermo negli ultimi anni sono stati sempre più frequenti i sequestri di patrimoni a imprenditori spesso utilizzati come prestanomi e comunque vicini al sistema mafioso. Dalla relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata emerge che Cosa Nostra in provincia di Trapani è formata da quattro grandi mandamenti e 17 famiglie in totale. Appartengono al mandamento di Castelvetrano le famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Partanna, Salaparuta-Poggioreale e la famiglia di Santa Ninfa.
A quello di Mazara Del Vallo appartengono le famiglie mafiose di Marsala, Mazara, Salemi e Vita. Al mandamento di Trapani, le famiglie di Paceco, Custonaci, Trapani e Valderice. Infine l'ultimo mandamento, quello di Alcamo, con Calatafimi, Castellammare del Golfo e la famiglia di Alcamo. La guida dei mandamenti è sempre nelle mani dei vecchi capi che si trovano in carcere o latitanti. Per quel che riguarda le altre posizioni di vertice in seno alle famiglie c’è una maggiore diversificazione dovuta agli arresti eseguiti dalle forze dell’ordine. Il modus operandi dell’azione della mafia sul territorio trapanese continua ad essere quello classico, con atti intimidatori e danneggiamenti a commercianti e imprenditori, e l’estorsione continua ad essere uno dei modi più importanti di approvvigionamento di denaro utile per il mantenimento dei detenuti e delle loro famiglie. Una delle forme di estorsione più diffuse rimane l'imposizione della fornitura di materie prime e di manodopera alle imprese che si aggiudicano un appalto a vantaggio di imprese mafiose. Il condizionamento del contesto socio-economico-produttivo è uno degli aspetti che più risaltano dall’analisi della relazione, dalla quale si apprende che, a favorirlo contribuisce un clima omertoso che non consente la denuncia, praticamente nulla, di reati e fatti mafiosi.
Ciò che caratterizza maggiormente la mafia trapanese è la sua capacità imprenditoriale che grazie al reinvestimento e all’intestazione fittizia di capitali di provenienza illecita diventa realtà anche con l’utilizzo di operatori economici compiacenti. Nella relazione, infine, si fa cenno al fatto che, nonostante il controllo territoriale di Cosa Nostra, in provincia di Trapani risultano comunque in aumento fenomeni di criminalità diffusa, spesso riconducibili a gruppi stranieri principalmente dediti allo spaccio di stupefacenti e a reati predatori. Altro punto della relazione riguarda l’usura. Nella relazione della DIA si legge che, nel trapanese, tranne in alcuni casi accertati, non è tipica della criminalità organizzata né della criminalità comune. In pratica, gli usurai non sono affiliati a Cosa Nostra ma, talvolta, sono insospettabili, professionisti ed imprenditori. Oltre ai sequestri di società e immobili, l’attività della sezione operativa della DIA ha portato, nei primi sei mesi del 2015, a diversi controlli su cantieri di lavoro pubblici con verifiche su decine di società, mezzi di lavoro e una sessantina di persone. In particolare, i controlli effettuati si sono concentrati ad Alcamo sul cantiere di costruzione della Cittadella dei Giovani, mentre a Trapani sulla costruzione di un nuovo padiglione del carcere di San Giuliano e un parcheggio auto multipiano.