Suicidio per overdose di droga. Questa da dodici anni è la versione ufficiale sulla morte di Attilio Manca, il giovane urologo siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, deceduto a Viterbo l’11 febbraio 2004. In realtà quella morte ha tutte le caratteristiche che la fanno rientrare a pieno titolo tra i tanti misteri italiani. Attilio Manca era specializzato in Urologia, con studi a Parigi dove aveva appreso l’innovativa tecnica di intervento alla prostata con il sistema laparoscopico. Era, nonostante la sua giovane età, un vero luminare nel suo campo, e di certo c’era, da quello che hanno riferito familiari, colleghi e amici, che non faceva uso di droghe, che aveva in programma di andare in Bolivia per una missione con “Medici senza frontiere” e in seguito un corso di aggiornamento all’ospedale di Cleveland; tutte cose che di sicuro non fanno pensare a motivi per togliersi la vita. Altra cosa certa, prima di quel “suicidio anomalo” è che Manca nel 2003 era stato in Costa Azzurra, a insaputa dei suoi colleghi di Viterbo, per una visita urgente ad un paziente. Ai primi di novembre, secondo la testimonianza della madre di Manca, il figlio si trovava nei pressi di Marsiglia; coincidenza inquietante con la permanenza del boss di cosa nostra Bernardo Provenzano per essere operato alla prostata. Il capo dei capi con l’identità di Gaspare Troia, aveva soggiornato a Marsiglia per tre settimane prima di essere ricoverato il 23 ottobre 2003 nella clinica Casamance di Aubagne. Terminata la degenza post intervento, Provenzano il 1° novembre si era spostato a Marsiglia.
I familiari di Attilio non hanno mai creduto alla versione del suicidio. Continuano a non capire perchè le indagini siano state sempre così superficiali e la stessa Procura di Viterbo abbia chiesto più volte di chiuderle, nonostante il corpo trovato con il setto nasale rotto, con diverse ecchimosi, segno di colluttazione, e soprattutto con la presenza di un elemento ritenuto fondamentale: il fatto che Attilio era mancino e i due buchi fatti dalle iniezioni ritenute fatali siano stati trovati sul braccio sinistro. Qualcosa in questi ultimi anni si è mossa, grazie anche alla trasmissione Servizio Pubblico che, per la prima volta ha mostrato il corpo di Manca. Dall'ottobre scorso ci sono anche delle testimonianze che vanno ad avvalorare le ipotesi di un collegamento con la visita o l’intervento fatto in Francia a Provenzano. Il collaboratore di giustizia, Carmelo D’Amico, ex capo militare della mafia barcellonese ha raccontato di aver incontrato il mafioso Salvatore Rugolo, il quale gli ha confidato di essere arrabbiato nei confronti di Saro Cattafi, capomafia di Barcellona, perchè responsabile della morte di Manca. La dichiarazione di D’Amico: “Lo incontrai a Barcellona, presso un bar che fa angolo, situato sul Ponte di Barcellona, collocato vicino alla scuola guida Gangemi. Una volta usciti da quel bar Rugolo mi disse che ce l’aveva a morte con l’avvocato Saro Cattafi perché 'aveva fatto ammazzare' Attilio Manca, suo caro amico. In quell’occasione Rugolo mi disse che un soggetto non meglio precisato, un Generale dei Carabinieri, amico del Cattafi, vicino e collegato agli ambienti della 'Corda Fratres', aveva chiesto a Cattafi di mettere in contatto Provenzano, che aveva bisogno urgente di cure mediche alla prostata, con l’urologo Attilio Manca, cosa che Cattafi aveva fatto”.
Ed è questa la convinzione della signora Angela, mamma di Attilio. Il figlio sarebbe stato coinvolto proprio da un concittadino, il cugino Ugo Manca, di cui si fidava per sfruttare le sue capacità di chirurgo. Avrebbe però riconosciuto nella clinica Casamance Provenzano, e da quel momento il suo destino sarebbe stato segnato.
Nel 2013 con un’inizitiava promossa dai Cinque Stelle il caso di Attilio Manca è approdato all’attenzione del parlamento, e qualche giorno fa, in occasione del dodicesimo anniversario della morte, è tornato ad occuparsene il senatore Vincenzo Santangelo con una sua interrogazione parlamentare.
Dopo ben dodici anni dalla morte di Attilio Manca, l'urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), sono emersi nuovi fatti dalle ultime rivelazioni del pentito D'Amico Carmelo, ex capo dell’ala militare di Cosa Nostra barcellonese. Attilio Manca, per chi non conosce i fatti, probabilmente operò il boss mafioso Bernardo Provenzano, con il sistema laparoscopico nel 2003 a Marsiglia. Dal racconto del pentito D'amico Carmelo, sembra, che dietro l'uccisione del giovane brillante urologo barcellonese, ci possano essere interessati i "Servizi segreti" o ancora un Generale dei Carabinieri collegato agli ambienti della "Corda Frates" e un direttore del "Sisde".
Per non dimenticare Attilio Manca, il portavoce al senato del M5S, è tornato a porre l'attenzione sulla vicenda, proponendo per la terza volta una interrogazione con carattere d'urgenza, proprio nell'anniversario della suo decesso.
Il portavoce ha posto l'attenzione anche sulle mancate risposte alle precedenti interrogazioni, precisamente l’atto 3-00366, pubblicato il 17 settembre 2013, e l’atto 4-03074, del 25 novembre 2014. Un silenzio assordante non giustificabile, nei confronti della famiglia Manca e di tutti i cittadini italiani che aspettano di conoscere la verità.
Una cosa è certa, dalle rivelazioni rese dal pentito D'Amico la morte di Attilio Manca, sembra riconducibile sicuramente ad un omicidio e non certo ad un caso di "overdose", come inizialmente si voleva far credere. Ricordiamoci che nel braccio di sinistro di Attilio, vennero trovati 2 "buchi", fatto peraltro anomalo in quanto lo stesso risultava essere mancino, dettaglio confermato, oltre che dai familiari, anche dagli amici e dai colleghi.
Santangelo - così conclude - "Attilio Manca è uno di noi! Oggi la famiglia Manca ha tutto il diritto di conoscere la verità, per questo mi auguro, che sia fatta luce su questa triste vicenda e che il Ministro e il Governo forniscano le risposte alle nostre legittime domande.
Sul caso Manca, dopo le rivelazioni del pentito D'amico, è tornato a parlare Antonio Ingroia legale, insieme all’avvocato Fabio Repici, della famiglia del medico siciliano. “Tutto odora molto di servizi” - sostiene Ingroia - e lo sostiene anche il pentito Carmelo D’Amico, le cui affermazioni vanno inserite nel quadro dell’attività del Tribunale del riesame di Messina che sta valutando la posizione dell’avvocato Rosario Pio Cattafi -probabile trait d’union tra Provenzano e Manca- e i suoi eventuali rapporti con ambienti malavitosi dopo il 2000. Proprio in questo contesto, vengono fuori le affermazioni del collaboratore di giustizia che, nell’ottobre scorso, avrebbe dichiarato che il giovane Manca sarebbe stato ucciso da “u calabrisi”, un ufficiale dei Servizi “che era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi”.