L’ipotesi di intestazione fittizia è stata l’oggetto dell’ultima udienza, in Tribunale, del processo “The Witness”. Imputati sono Antonino Bonafede, vecchio “uomo d’onore”, Martino Pipitone, ex impiegato di banca anche lui in passato arrestato per mafia, e il pastore incensurato Vincenzo Giappone. Quattro i testi ascoltati. E cioè quelli citati dall’avvocato Stefano Pellegrino, difensore di Pipitone. E’ lui, infatti, l’imputato accusato di intestazione fittizia. Sul pretorio sono saliti un consulente e un fiscalista, Luca Indelicato e Baldassare Ferro, che hanno detto che quando fu costituita la ditta di commercio all’ingrosso di materiale ferroso che per l’accusa era in realtà dell’imputato ebbero a che fare “solo” con i coniugi Sebastiano Angileri e Vita Maria Accardi, già condannati con rito abbreviato dal gup di Palermo. Due clienti, Cordio e Altomonte, hanno poi riferito che Pipitone “era magazziniere addetto alle vendite”. Il 7 marzo verranno chiamati a testimoniare altri testi della difesa.