Con le richieste di prova (testimonianze, documenti, intercettazioni e consulenze), è iniziato, davanti il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Vito Marcello Saladino), un processo che vede imputati quattro poliziotti che fino allo scorso anno erano in servizio al Commissariato di Mazara. Alcuni sono accusati di falso materiale e ideologico in atto pubblico, altri di calunnia, falsa testimonianza, favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio. Alla sbarra sono i sovrintendenti Antonio Sorrentino, di 54 anni, e Vito Pecoraro, di 54, l’assistente Vincenzo Dominici, di 47, poi trasferiti in Calabria, e il commissario capo Carlo Nicotri, di 31, ex dirigente del commissariato mazarese, poi trasferito alla Questura di Palermo. L’inchiesta è scaturita dal processo che in Tribunale ha già visto condannati Dominici e Pecoraro a 3 anni di reclusione, nonché a 5 di interdizione dai pubblici uffici, per falso ideologico in concorso. Con un inatteso sviluppo che ha visto coinvolto Sorrentino, insieme ai due colleghi accusato di avere redatto una “falsa” relazione di servizio con lo scopo di scagionare Pecoraro e Dominici dalle imputazioni. Nicotri, invece, è stato rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio. Avrebbe rivelato al comandante dei carabinieri di Mazara l’esistenza di una denuncia, presentata in commissariato, sulla base della quale erano state avviate indagini che dovevano rimanere segrete. Da alcune intercettazioni, inoltre, venne fuori che il commissario Nicotri chiese l’intervento del vice questore Nicolò D’Angelo, dirigente della Polstrada di Trapani, per fare annullare una multa per eccesso di velocità che gli era stata elevata nel 2014 dai vigili urbani di Palermo. Nicotri dichiarò che stava tornando di corsa a Mazara per ragioni di servizio. Ma per la Procura l’allora dirigente del commissariato mazarese era libero dal servizio e quindi avrebbe dichiarato il falso per evitare di pagare la multa. Inevitabile l’accusa di truffa. Per questa vicenda, però, in fase di udienza preliminare, è stata accolta l’istanza di incompetenza territoriale avanzata dall’avvocato difensore Nino Sugamele. Gli atti, quindi, sono stati trasferiti alla Procura di Trapani. In precedenza, erano stati rinviati a giudizio i carabinieri Andrea Volpe, di 45 anni, e Salvatore Buscemi, di 36, anche loro in servizio a Mazara, accusati di abuso d’ufficio e falso ideologico per non aver fatto la multa e sequestrato lo scooter al figlio del sovrintendente Sorrentino che guidava senza casco. Per loro il processo è già iniziato da qualche mese. L’indagine, coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa e dal sostituto Antonella Trainito, è stata svolta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura marsalese. Per Pecoraro, Dominici e Sorrentino, nel febbraio 2015, il gip Francesco Parrinello, su richiesta della Procura, ha disposto il divieto di dimora a Mazara. Un vero terremoto, insomma, la cui prima scossa è datata 19 aprile 2012, quando Pecoraro e Dominici non adottarono alcuna sanzione (né sequestro, né multe) dopo avere fermato, ad un posto di blocco, un’auto (Fiat Panda) priva di copertura assicurativa, non revisionata e su cui gravava anche un fermo amministrativo dell’Agenzia delle Entrate. Sul mezzo, però, condotto dal mazarese Vittorio Misuraca, i carabinieri avevano piazzato una microspia. Misuraca, infatti, era indagato per sfruttamento della prostituzione (poi patteggiò). E il giorno in cui fu fermato dai poliziotti era, per altro, in compagnia di una prostituta sudamericana, che, pare, avrebbe fatto le “moine”. I carabinieri, dopo avere ascoltato quanto era accaduto (mancato sequestro e mancata multa), segnalarono il fatto alla Procura, che affidò l’indagine alla sezione di pg della Guardia di finanza. Nella relazione di servizio che il 30 giugno 2014, a sorpresa, è stata tirata fuori, in Tribunale, dal sovrintendente Antonio Sorrentino, Pecoraro scrive che non furono presi provvedimenti perché sapeva che sull’auto c’era la microspia. Per non pregiudicare, insomma, l’indagine dei carabinieri. In precedenza, però, inspiegabilmente, i due imputati mai avevano parlato di questa relazione che li avrebbe scagionato. Grande, in aula, fu perciò lo stupore del pm Antonella Trainito. Il procuratore Alberto Di Pisa dispose, quindi, immediate indagini per accertare quando, in realtà, quella relazione era stata redatta. Un’indagine condotta ancora dalla sezione di pg della Guardia di finanza, con l’ausilio di un esperto informatico, che nei computer del commissariato mazarese, subito sottoposto a perquisizione, non ha trovato il file che secondo Sorrentino (che ha siglato il foglio) sarebbe stato creato nel 2012, e con analisi chimiche dalle quali è emerso che il foglio con la relazione risalirebbe al 2014! E non, come scritto, al 19 aprile 2012. Sarà questo uno dei temi principali del processo appena iniziato, le cui prossime udienze sono state fissate per il 17 marzo, quando saranno ascoltati i consulenti del pm, e il 31 marzo, quando il luogotenente della Guardia di finanza Antonio Lubrano illustrerà i dettagli dell’indagine.