Lillo Giambalvo, il consigliere fan di Messina Denaro non si dimette. Prende tempo. Il sindaco non si dimette e dice che “le istituzioni democratiche di questo paese non possono essere sotto ricatto”, riferendosi al tempo per riflettere annunciato dallo stesso consigliere. Non si dimettono nemmeno i consiglieri. Non ci pensano neppure, a parte Calamia del Pd che lascia intravedere uno spiraglio: “Sto valutando, insieme al partito, come prendere una decisione seria”. Non sembra considerare una catastrofe l’eventuale presenza di un commissario della regione: “Sono sicuro che non spenderebbe 400 mila euro di contributi per le associazioni”.
E’ il consiglio comunale di ieri sera. Giambalvo è assente.
C’è un piccolo gruppo di cittadini (il brutto tempo non ha giovato) che hanno manifestato semplicemente con la loro presenza, chiedendo le dimissioni di massa. Dimissioni che non sono arrivate. Ma sono arrivate le scuse.
Il presidente del consiglio comunale, Vincenzo Cafiso, ha bacchettato i consiglieri La Croce (“comportamento fuori da ogni logica”) e Bonsignore, (“provocatorio e irresponsabile”), per le loro reazioni nei confronti dei giornalisti de Le Iene il 15 febbraio scorso: “Avete cercato di impedire quello che era un sacrosanto diritto di un mezzo di informazione e di inchiesta”. Poi si scusa del proprio comportamento: “Il riferimento al Parlamento (Cafiso stesso aveva risposto a Le Iene che si sarebbe dovuto dimettere tutto il Parlamento, ndr) è stato del tutto irriguardoso e fuori luogo. Di ciò mi dolgo e me ne assumo tutta la responsabilità”.
Si scusano anche i due indisciplinati consiglieri che tengono però a precisare che non volevano affatto impedire che Le Iene intervistassero Giambalvo. “Volevo rasserenare gli animi – ha detto Bonsignore – ma ho trasceso”. La Croce invece avrebbe voluto difendere l’aula consiliare da incursioni non autorizzate.
Il senso che attraversa un po’ tutti gli interventi dei consiglieri è sempre lo stesso: Giambalvo deve dimettersi. Perché non è compatibile con la loro presenza, perché le intercettazioni sono inconciliabili col ruolo, e per tanti altri motivi che però per tanti escono fuori soltanto adesso in modo diretto.
Al momento Giambalvo non indietreggia. E’ forte della sua assoluzione, nonostante le intercettazioni. Quelle non si cancellano, anche se non hanno rilevanza penale.
Aveva già fatto sapere dalla sua pagina Facebook che, se la cosa può servire a salvare la città, ci rifletterà. Si scusa per le frasi intercettate. Le microspie lo avevano registrato mentre diceva di essere disposto a farsi 30 anni di galera pur di nascondere Matteo Messina Denaro, oppure (se fosse stato lui il boss) di uccidere uno dei figli del dichiarante Cimarosa, cugino acquisito del boss che stava collaborando con gli inquirenti, per dissuaderlo dal continuare a parlare.
Scherzava. Si era espresso male e non capisce questo attacco nei suoi confronti. E dato che qualcuno aveva già fatto girare sui social la notizia delle sue dimissioni, lui ha fatto sapere da un giornale on line locale che invece non si è dimesso affatto e che aspetta che inizino a farlo i suoi colleghi, dato che “la verità – ha affermato – è che la poltrona economica di consigliere fa comodo a tutti”.
Dal canto suo, il sindaco Errante, nel suo intervento di ieri, sottolinea che la sua posizione non si sposta di una virgola da quella già esposta durante il giorno del reintegro di Giambalvo, il 25 gennaio scorso. Inoltre, in un lungo e articolato comunicato stampa, aveva già scritto che dimettersi dalla guida della città sarebbe da vigliacchi, anche se accenna ad un mea culpa, visto che Giambalvo in consiglio comunale ce l’ha portato proprio lui. Oggi infatti definisce opinabile la scelta “di avere consentito al signor Calogero Giambalvo di essere candidato prima e di subentrare poi in Consiglio Comunale, con la nomina di Giuseppe Rizzo ad Assessore”.
Insomma un accordo politico con Articolo 4 da un lato e il “merito” di sedere anche lui tra gli scranni del massimo consesso civico dall’altro. Un merito che sembra però collegato ad una malasorte del consigliere che, candidato alle elezioni amministrative del 2012, non ce l’aveva fatta per un voto. Lo stesso Errante ricorda che “il signor Giambalvo lamentava di non avere avuto riconosciuti e assegnati alcuni voti in suo favore, tanto da presentare ricorso alla competente Autorità Giudiziaria in sede amministrativa – ha affermato il sindaco - Effettivamente il CGA in sede di gravame dispose, accogliendo la tesi del ricorrente, la verifica delle schede elettorali in cui furono effettivamente individuate alcune discrasie”. Nella nota, poi invita il consigliere Giambalvo a “togliere di imbarazzo i propri concittadini”, diversamente si dice pronto a “porre in essere ogni utile e nessuna esclusa iniziativa in difesa della comunità amministrata”. Nessuna esclusa.
Insomma, il problema a Castelvetrano non è la mafia, l’indecenza politica o l’aspetto morale. E non è nemmeno il consenso ai mafiosi. La piaga principale che affligge la città è l’imbarazzo.
Un imbarazzo che poteva anche essere tollerato, se circoscritto all’ambito locale. Ma che è sfuggito di mano quando tutto è finito su una trasmissione televisiva nazionale.
Ecco che allora il teatrino si è arricchito di ulteriori atti.
“Grazie al servizio de Le Iene adesso è tutto chiaro”. Sembra una battuta di Crozza, invece è una dichiarazione di Vincenzo Cafiso, presidente del consiglio comunale di Castelvetrano, ad un quotidiano locale. Cafiso aveva anche espresso la sua solidarietà a Giuseppe Cimarosa, che però l’ha rifiutata: “Non la voglio la solidarieta' del consiglio comunale ... non mi serve più adesso perché sarebbe falsa e inopportuna!”. Difficile dargli torto. “Ora che il fango viene fuori alla luce del giorno si ricordano di me e vogliono darmi solidarietà! Ma è venuto in mente a nessuno cosa posso avere provato io, mio fratello e mia madre – aveva aggiunto il figlio di Lorenzo Cimarosa - nel sentire quell'orribile voce che si augurava la morte di uno di noi?”
E’ contro l’imbarazzo la Cgil: “Adesso, rese note le intercettazioni, non si può tollerare la sua presenza all’interno del consiglio comunale”.
E’ contro l’imbarazzo il castelvetranese Giovanni Lo Sciuto, deputato regionale e componente della commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana: “fino a quando non era andata in onda la trasmissione delle Iene, nessuno aveva avuto contezza delle gravi e irresponsabili parole pronunciate dallo stesso Giambalvo”. Il che, detto da un componente della commissione antimafia, è forse ancora più imbarazzante.
E’ contro l’imbarazzo (e soprattutto contro l’ipotesi di azzeramento dell’amministrazione comunale) Francesco Cascio, il coordinatore regionale del Ncd, il partito del sindaco Errante: : “Una cosa è lo scioglimento di un Comune per infiltrazione mafiosa; altra è chiedere che un comune si sciolga per delle vicende che attengono a un solo consigliere, peraltro assolto dalla legge e reintegrato”. D’altra parte non ci si poteva aspettare diversamente da chi nel 2011, durante la presidenza dell’Ars, reintegrò in assemblea Gaspare Vitrano, che aveva ottenuto da poco i domiciliari. Era un onorevole del Pd, Vitrano, condannato per truffa, l’avevano beccato con una bustarella da 10mila euro. Anche lì, il reintegro fu possibile per legge, anche se si trattava di un condannato. In questo caso invece Giambalvo è stato assolto.
Sono contro l’imbarazzo i consiglieri di Articolo 4, Bertolino, Lo Piano e Martino, che lasciano il movimento. Scrivono che, “Dopo la sospensione avvenuta dopo il suo arresto, il direttivo provinciale del movimento non ha fatto seguire alcuna reintegra”. Per cui Giambalvo non farebbe parte di Articolo 4 da più di un anno. Il tutto senza che Paolo Ruggirello, ex leader regionale di Articolo 4 oggi passato al Pd, commentasse pubblicamente la vicenda. Ma a Castelvetrano anche i componenti locali di Articolo 4, insieme ad altri 15 consiglieri, avevano firmato un documento di condanna delle frasi intercettate. Anche se nel documento manca la firma del consigliere Martino, che è uno degli interlocutori a cui Giambalvo, intercettato, confida il suo nostalgico incontro con Matteo Messina Denaro. Ma è un caso: non era presente quando si riunirono per firmarlo. Poi, preso dai problemi della città, si scordò di chiedere di firmarlo pure lui. E siccome la legalità prima di tutto, pareva brutto inserire un’altra firma a documento chiuso. Qualcuno ha malignato anche che non si rinuncia tanto facilmente ad una macchina di voti come il consigliere Martino. Ne ha avuti 418, diventando il secondo consigliere più votato di tutti. E senza aver fatto mai un comizio.
Sono contro l’imbarazzo (e soprattutto contro le dimissioni del sindaco) perfino alcuni precari del comune, secondo i quali “L’arrivo di un commissario straordinario, metterebbe sicuramente a rischio l’attività amministrativa del comune e dell’intera collettività”.
E nei palazzi della politica tutto viene derubricato a campagna elettorale, a complotto. Come se ci fosse un’entità che le starebbe studiando tutte pur di azzerare la maggioranza di un sindaco democraticamente eletto e “sotto un attacco mediatico senza precedenti”.
Ecco che le reciproche accuse di bassa lega elettorale, sostituiscono il buon senso e finiscono per centrare la questione sull’unico cattivo da epurare dal massimo consesso civico, in modo che si ritorni finalmente ad odorare di fresco profumo di libertà.
Libertà dall’imbarazzo, ovviamente.
Ci si aspetterebbe che la politica, le associazioni, la chiesa, l’informazione e la società civile, evitassero di considerare il caso Giambalvo solo una brutta parentesi di una Castelvetrano di 32 mila persone per bene, sullo sfondo dell’olio migliore, del pane nero e del parco archeologico più grande d’Europa.
Potrebbero evitare di far diventare l’indignazione scena e di far rimanere le dinamiche politiche oscene, cioè letteralmente fuori dalla scena, come spesso accade.
Potrebbero evitare di valutare l’inopportunità politica soltanto in base al clamore mediatico che produce.
Oggi non si può fare a meno di chiedersi se il discrimine stia nel principio o nell’eccesso. Perché se sta nel principio, allora anche chi riceve, senza reagire, gli appassionati racconti degli incontri con i Messina Denaro da parte del compagno di partito, sarebbe meglio che non sedesse in consiglio comunale. Insomma, chi decide la modica quantità di inopportunità?
Ma sono domande che hanno poco a che fare col tema dominante: l’imbarazzo.
Oggi la pressione per le dimissioni di Giambalvo, è diventata massiva. Ma è troppo tardi, perché le pesanti intercettazioni erano già state pubblicate il giorno dopo il suo arresto, avvenuto nel novembre del 2014.
In tanti avevano fatto finta di non capire, auspicando chiarimenti di carattere penale che ovviamente, su quelle intercettazioni, non sarebbero mai potuti arrivare.
Le reazioni furono da copione, con il sindaco Errante che auspicava “che possa essere fatta chiarezza sulla posizione del consigliere Giambalvo” e il presidente del consiglio Cafiso che attendeva l’esito delle indagini.
Sulle pagine locali di un quotidiano, qualcuno aveva scritto che “il mondo politico castelvetranese, sulla vicenda Giambalvo attende. Aspetta maggiori dettagli, prima di agire con posizioni più nette”.
Tutti tiepidi in consiglio. Tranne il Pd che invece, nel dicembre successivo aveva chiesto in modo diretto le dimissioni di Giambalvo, “al di là delle responsabilità penali”.
Improvvisamente, dopo la puntata de Le Iene, cambia tutto.
“Adesso che tutti abbiamo ascoltato le parole assurde del consigliere Giambalvo – aveva detto il presidente del consiglio comunale - non ci sono più equivoci”. Ed aveva annunciato che il consiglio avrebbe preso decisioni drastiche. Che però ieri non si sono viste.
Eppure, quando Giambalvo entrò in consiglio per la prima volta, nel luglio 2014, si era puntato molto su di lui. Il presidente del consiglio Cafiso aveva dichiarato di essere sicuro che avrebbe svolto un proficuo lavoro nell’interesse di tutta la cittadinanza. E giù applausi.
Lo spumeggiante vice presidente del consiglio, Francesco Bonsignore, gli aveva fatto i migliori auguri “perché è una mia vecchia conoscenza e so quanto ci tenga a ricoprire questo ruolo – aveva detto – Sono passati due anni ed io so benissimo cosa significa, perché sono stato il primo dei non eletti alle provinciali”.
Anche Di Maio (di Castelvetrano Futura) aveva fatto i migliori auguri al collega e amico che “ha veramente meritato di essere qui insieme a noi, perché per ben 2 volte non è stato eletto per un voto, e questo la dice lunga”.
Il sindaco che, come si dice sempre in questi casi, allora “non poteva sapere”, gli aveva detto: “Sono convinto che lei porterà in alto la sua azione politica con lealtà, rispetto del ruolo che riveste e soprattutto sarà fedele agli impegni assunti in quest’amministrazione comunale, sostenendo quegli atti deliberativi che possono fare il bene pubblico e l’interesse collettivo di questa città”.
Un bene immenso, in effetti.
Rizzo (nominato assessore dopo due anni, per lasciargli libero il posto di consigliere) quel giorno aveva detto: “Con il consigliere Giambalvo ho condiviso questi due anni di dissidio da parte mia, per le problematiche che hanno interessato lo stesso, perché mi rendo conto che non essere eletti per un solo voto provoca amarezza e certamente non è una bella cosa. Oggi, per fortuna, grazie agli accordi politici in essere con Articolo 4, il consigliere Giambalvo, per tutti l’amico Lillo, può sedere all’interno di Palazzo Pignatelli.
Giambalvo invece aveva colto l’occasione per ringraziare tutti gli elettori (aveva avuto 195 preferenze) “ed in particolare i consiglieri Lo Piano, Martino e Bertolino, che mi hanno sostenuto in un percorso che oggi mi vede eletto consigliere”. Si era rivolto pure ad Errante dicendogli che il suo percorso iniziato con lui due anni prima, oggi si rafforzava ancora di più.
Oggi, invece “all’amico Lillo” tutti dicono di dimettersi.
E’ come se gli dicessero: se ci dimettiamo tutti e il consiglio cade, la città ne risentirà, perché sarà consegnata ad un commissario e tu non avrai lo stesso il tuo posto da consigliere. Se invece ti dimetti tu, salverai la città.
La salverai dall’imbarazzo.
Egidio Morici