La Suprema Corte di Cassazione ha annullato, senza rinvio, la condanna per malversazione inflitta all’ex presidente dell’Associazione Antiracket ed Antiusura, Mario Rino Biancheri, dalla Corte D’Appello di Caltanissetta a dicembre del 2014.
Dopo dieci anni, il massimo esponente dell’unica associazione antiracket esistente a Caltanissetta, definitivamente chiusa nel 2007, conclude positivamente la vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto insieme a due imprenditori di Caltanissetta, Calogero Imbergamo e Carlo Antonio Bellia.
I fatti risalgono alla fine del 2004, quando l’allora presidente ebbe modo di assistere Imbergamo e Bellia per casi di usura. Biancheri, che nell’ambito della sua attività istituzionale, aveva preso a cuore le due posizioni, aveva consegnato loro alcuni assegni a garanzia per l’acquisto di merci per le loro attività commerciali. Imbergamo e Bellia, dal canto loro avrebbero dovuto provvedere a raccogliere i soldi per pagare gli assegni prima della rispettiva scadenza. Mentre per alcuni mesi le operazioni si svolsero regolarmente, ad un certo punto i due imprenditori sparirono lasciando l’ex presidente Biancheri con una grande mole di assegni da pagare, tanto che per farlo furono usati i fondi che la Provincia regionale di Caltanissetta, aveva elargito all’associazione per garantire operazioni a rischio, di soggetti vittime di usura ed estorsione e potenziali vittime.
Resosi conto di quello che Biancheri ha sempre definito un raggiro, l’ex presidente si dimise dalla carica e si recò in Procura a denunciare i fatti, accusando Imbergamo e Bellia di avere truffato sia egli stesso che l’Associazione. La Procura di Caltanissetta, tuttavia, con l’allora Pubblico Ministero Alessandro Aghemo, diede una lettura diametralmente opposta a quella prospettata da Biancheri, tanto che chiese ed ottenne il suo rinvio a giudizio, insieme ai due imprenditori.
Diverse e gravi le accuse per l’ex presidente: dall’appropriazione indebita aggravata, all’esercizio abusivo della professione bancaria, abuso di prestazione d’opera, nonché malversazione ai danni dello Stato, per avere, secondo la procura, usato i fondi dell’Associazione in modo difforme alle previsioni normative.
In primo grado (collegio presieduto dal Giudice Mario Amato) Biancheri venne assolto dall’accusa di esercizio arbitrario della professione bancaria e di abuso di prestazione d’opera, mentre venne condannato ad un anno e otto mesi di reclusione per appropriazione indebita e malversazione. L’ex presidente dell’Associazione Antiracket, che sin da subito aveva professato la propria innocenza e aveva fornito ai magistrati una mole sterminata di documenti e la sua versione dei fatti, appellò la sentenza, che venne riformata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta con l’assoluzione dal reato di appropriazione indebita aggravata. Il collegio giudicante, presieduto dal Giudice Letterio Aloisi, lo ritenne tuttavia colpevole di malversazione, con una sentenza di condanna ad un anno e tre mesi. Sentenza che ieri la Suprema Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio, chiudendo definitivamente la vicenda giudiziaria dell’ex presidente.
“Finisce una Via Crucis durata dieci anni – ha detto subito dopo l’emissione del dispositivo di sentenza della Corte di Cassazione -, che ha lacerato me e le persone che amo. Essere imputati per così tanto tempo è disumano e anche dopo la completa e definitiva chiusura della vicenda giudiziaria, si rimane storditi e con l’amaro in bocca. Devo ringraziare di cuore il mio difensore, l’avvocato Gianluca Amico, che in questi anni, sebbene egli abbia assunto la difesa a processo cominciato, ha sempre creduto nella mia innocenza e mi ha sempre sostenuto. Devo principalmente a lui questo risultato che, finalmente, ridà dignità al tanto lavoro che ho svolto negli anni in cui sono stato presidente dell’unica associazione antiracket della provincia di Caltanissetta e che tanti risultati positivi aveva raggiunto sul fronte delle denunce e l’assistenza alle vittime.” .
“Sono stati processi duri e difficili – ha detto l’avvocato Gianluca Amico, difensore di Biancheri -, che hanno avuto una serie di avversità, come l’impossibilità di sentire i nostri testimoni, nonché allegare atti per noi rilevanti sotto il profilo probatorio. E’ per me professionalmente rilevante aver prestato la mia assistenza all’ex presidente antiracket, del quale ho sempre riconosciuto l’innocenza”.
L’Associazione guidata da Biancheri, dopo le sue dimissioni e un feroce dibattito politico, venne sciolta dai soci fondatori, lasciando i circa settanta assistiti nella totale mancanza di aiuto. L’impossibilità di trovare una linea comune per far proseguire l’attività del sodalizio da parte di politici e soci dell’associazione, portò la Prefettura a revocare l’iscrizione dell’Associazione dall’apposito albo degli enti di assistenza e solidarietà alle vittime di estorsione ed usura. Fu proposta la nascita di nuove associazioni antiracket a Caltanissetta, ma in attesa della loro costituzione, le vittime furono lasciate completamente sole e senza guida.
Mario Rino Biancheri ha anche raccontato la sua vicenda giudiziaria in un libro: “Sepolto Vivo, storia vera di una disumana ingiustizia”, nel quale, ripercorrendo le tappe del processo, ha raccontato retroscena inediti e per certi versi inquietanti di ciò che gli è accaduto durante questi anni di processo, ricorsi e controricorsi. “Molte delle persone che per la vicenda giudiziaria che ho vissuto mi hanno fatto male – ha detto al riguardo Mario Rino Biancheri – sono state poi indagate per fatti inerenti la mafia o per altri fatti gravi. Persone di spessore che mi avevano repentinamente additato, oggi sono oggetto di attenzione da parte della Magistratura. Ecco perché credo fermamente che la storia dell’Associazione Antiracket ed Antiusura della Provincia di Caltanissetta non doveva essere quella che abbiamo sino ad oggi raccontato, ma avrebbe dovuto essere il chiaro esempio di un centro di assistenza alle vittime che funzionava e che, invece che essere chiuso, avrebbe dovuto crescere e fortificarsi. Ma – ha detto l’ex presidente Biancheri -, adesso tutto è storia, e io ho il diritto di tornare a vivere la mia vita da persona libera e di essere felice.”