Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
07/03/2016 12:55:00

Caso ex province in Sicilia. Verso una manifestazione regionale per chiedere la riforma

 Continua il caos delle ex province in Sicilia. I lavoratori delle nove ex Province regionali in stato d'agitazione si danno appuntamento per il 15 marzo davanti all'Assemblea regionale siciliana per sollecitare i deputati a completare la riforma degli enti d'area vasta. È una delle decisioni assunte in una riunione sindacale che si è tenuta a Enna. Un lungo incontro con tutte le sigle di categoria di Cgil, Cisl, Uil e Csa e le rappresentanze sindacali, al termine del quale è stato ribadito lo stato d'agitazione. L'8 marzo ci sarà un'assemblea di due ore in tutte le sedi delle ex Province. E il 15 marzo tutti sotto l'Ars per sollecitare il presidente e i capigruppo a incardinare al più presto il disegno di legge che completa il percorso di riforma recependo i rilievi del governo nazionale. “Senza il completamento della riforma – spiega Enzo Abbinanti della Fp Cgil - resta in sospeso la questione finanziaria. C'è un buco da 180 milioni e lo Stato chiede la riforma per riaprire i rubinetti. Al momento i contrattisti rischiano di essere messi alla porta e i lavoratori di non prendere lo stipendio. E non ci sono certezze sul futuro. Senza considerare poi che i servizi ai cittadini sono ormai ridotti all'osso”. La situazione finanziaria dei sei liberi consorzi e delle tre città metropolitane che hanno sostituito le vecchie Province è critica. Due commissari nei giorni scorsi hanno presentato le dimissioni. Gli stanziamenti votati in Finanziaria rappresentano una goccia ne mare per le esigenze di bilancio degli enti, per i quali si dovranno sbloccare i trasferimenti statali che attendono però l'approvazione da parte dell'Ars di una legge che completi la riforma. Quella che la Sicilia varò per prima, e che per una serie di vicissitudini la vede oggi ultima.

“È scandaloso che la riforma delle Province non sia ancora completata” dicono le segreterie regionali di Fp CgiL, Cisl Fp, Uil Fpl e Csa in una nota congiunta. “Il disegno di legge 1070/A che recepisce i rilievi mossi dal Consiglio dei ministri alla legge regionale 15/2015 e consente di completare la riforma– sottolineano le segreterie regionali – non è ancora stato calendarizzato per essere discusso ed approvato dall’Ars, nonostante il via libera della Commissione sia arrivato già a dicembre. Sebbene il tema delle ex Province sia stato affrontato nel dibattito d’Aula di questi giorni e persino l’assessore all’Economia ne abbia rilevato la criticità e la conseguente necessità di affrontare al più presto la discussione tenendo anche conto che le esigenze finanziarie ammontano a circa 180 milioni di euro, il disegno di legge rimane fuori dall’ordine dei lavori”.

Nel frattempo, denunciano i sindacati, per gli enti e la gestione dei servizi è il caos: “non ci sono più certezze sul pagamento degli stipendi ai dipendenti e sulla prosecuzione dei contratti a tempo determinato, i commissari straordinari alzano le mani in segno di resa, i lavoratori non sono neanche considerati nell’ambito del processo nazionale e rischiano di restare fuori da eventuali mobilità presso altre amministrazioni, e i servizi sono allo sfascio totale”. Insomma, un quadro devastante che fa il paio con la “inconcludente classe politica che sta condannando la Sicilia al peggiore dei destini possibili”.

“Se non ci saranno risposte adeguate – concludono – non esiteremo a proclamare lo sciopero dando dimostrazione a tutta la classe politica siciliana, così come è avvenuto con la grande giornata di sciopero del 23 giugno 2015, della determinazione del sindacato e di tutti i lavoratori a portare avanti la battaglia in difesa del servizio pubblico”.