Che il consiglio comunale si fosse dimesso solo per una questione di imbarazzo lo si sapeva già. Il sindaco Errante l’ha pure ufficializzato nella conferenza stampa di sabato scorso: “Le dimissioni sono state procurate dall’effetto mediatico che la città ha subito”. Pensiero condiviso anche da Angelino Alfano, che qualche giorno fa aveva scritto chiaramente: “Hanno rinunciato al loro seggio in consiglio pur di difendere la reputazione della loro città”.
Sono corsi ai ripari, dopo che tutta l’Italia ha saputo.
L’idea in realtà era quella di far finta di niente: dopo aver preso le distanze dalle gravi frasi del consigliere Giambalvo attraverso i comunicati letti in consiglio, tutti (o quasi) sarebbero tornati senza grossi problemi alle attività di sempre.
Alla fine, quasi tutti avrebbero tollerato la presenza dell’ingombrante consigliere, sorpreso dai Carabinieri a dire che si sarebbe fatto 30 anni di galera pur di nascondere Matteo Messina Denaro o che, se fosse stato nei panni del boss, avrebbe ucciso uno dei figli del collaboratore di giustizia Cimarosa, per evitare che continuasse a parlare.
Ma il caso, grazie a Le Iene, era finito alla ribalta nazionale e il problema principale divenne quello di salvare la faccia. Se davvero la presenza di Giambalvo fosse stata incompatibile con quella di tutti gli altri consiglieri, per fare qualcosa (qualunque cosa) non si sarebbe certo aspettato così tanto.
Non una questione morale quindi, ma appunto un problema di imbarazzo.
Anche se in questi giorni si è affacciata all’orizzonte una terza possibilità più inquietante e dai contorni oscuri: una questione di sicurezza.
Ne ha parlato in una sua nota il consigliere Ninni Vaccara di “Noi per Castelvetrano”, ma anche il segretario del Partito Democratico Monica Di Bella e Francesco Saverio Calcara di Città Nuova.
In una conferenza di capigruppo, il sindaco Errante avrebbe rappresentato un incontro col Prefetto di Trapani e con il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, dove gli avrebbero chiesto di trovare subito 16 consiglieri disposti a dimettersi immediatamente, per evitare “altre circostanze” che avrebbero potuto determinare altri imbarazzi per la città.
Monica Di Bella ci ha raccontato cosa avvenne in quella strana conferenza:
“Ci venne rappresentato che il problema del consiglio comunale andava al di là di Giambalvo e che il comitato per la sicurezza pubblica chiedeva al sindaco se avesse avuto 16 consiglieri disposti a dimettersi. In quell’occasione il sindaco aveva detto: ‘Io sono un sindaco politico. Se si dimettono 16 consiglieri mi dimetterò anch’io, esattamente come loro’. Ma nella seduta successiva, quella del sabato 5 marzo, Errante nega di aver detto quelle cose il giorno prima e fa cambiare le sue dichiarazioni a verbale, che non era ancora stato chiuso”.
Secondo la Di Bella ci sarebbe dell’altro “che noi non conosciamo – ha aggiunto – ma che il sindaco ed il comitato per la sicurezza invece conoscono”.
Il professor Francesco Saverio Calcara, segretario di Città Nuova, non ha dubbi:
“La cosa gravissima è che un sindaco viene a riferire che in Prefettura gli si dice ‘Trovati 16 consiglieri comunali che si dimettano, perché questo consiglio comunale deve andare a casa”.
Abbiamo chiesto lumi sulla vicenda, nella conferenza stampa di sabato scorso, però il sindaco ha negato tutto: “Mai dal comitato è arrivata una richiesta di siffatta natura. Smentisco categoricamente queste affermazioni”.
Ma, al di là delle rilevanze penali (che non ci sono) e degli aspetti morali del caso, non si capisce bene per quali politiche programmatiche il sindaco sia stato attratto da Giambalvo, al punto da volerlo prima all’interno del suo partito (Fli) e dopo dentro il consiglio comunale.
Gli abbiamo chiesto anche questo. Ed il primo cittadino, dopo una battuta sull’essere “ancora orgogliosamente eterosessuale” e quindi non aver provato alcuna attrazione per il consigliere, ha risposto che era uno dei 150 candidati che lo hanno sostenuto nel 2012, con “posizioni politiche vicine ad un gruppo di un leader provinciale”.
Chiaramente allora non c’era nessun elemento per valutare “la amoralità dello stesso”.
E’ uno dei tanti quindi, Giambalvo, in una politica dove contano i numeri e gli accordi tra i partiti. Ed è per un accordo con Articolo 4 che il sindaco lo fa entrare in consiglio dopo due anni dalle elezioni. Il meccanismo è ormai noto a tutti: la nomina del consigliere Rizzo ad assessore e le dimissioni da consigliere comunale che lasciano il posto al Lillo, l’amico di tutti, primo dei non eletti del Fli.
In Sicilia, nei comuni con più di 15 mila abitanti, pare che non ci sia incompatibilità tra il ruolo di assessore e quello di consigliere. Paradossalmente, se davvero il sindaco fosse stato interesato unicamente alle competenze e all’apporto in giunta dell’avvocato Giuseppe Rizzo, quest’ultimo avrebbe potuto anche non dimettersi, svolgendo contemporaneamente il ruolo di consigliere e di assessore.
Invece lo scopo era proprio quello di accogliere Giambalvo nella rosa dei 30.
E non per chissà quali indicibili interessi, ma per una convenienza politica: ad Articolo 4 do’ un consigliere in più e loro sosterranno la mia amministrazione.
Merce di scambio.
Non è la prima volta che avviene in politica. Anzi, possiamo dire che è la regola. Anche gli assessori sono merce di scambio, a prescindere dalle loro capacità.
Basta guardare il caso di Daniela Saporito, persona intraprendente e capace, assessore della giunta Pompeo nel 2010. E’ stata messa alla porta dopo un paio di mesi dalla sua nomina, perché era frutto di un accordo tra l’allora sindaco Pompeo e l’allora deputata dell’Udc all’Ars Giulia Adamo.
L’accordo era saltato e lei era stata cacciata. Merce di scambio.
Alla fine ci rimane questa conferenza stampa senza novità e con poche spiegazioni. Che somiglia ad un’esibizione muscolare, con la presenza degli onorevoli Mimmo Turano, Giovanni Lo Sciuto, componente della commissione parlamentare antimafia regionale e Francesco Marinello, componente di quella nazionale, che Errante ringrazia per la vicinanza.
Con il pubblico ringraziamento dei primi 19 consiglieri dimissionari “che hanno tolto d’imbarazzo la città”. “Ricordatevi i loro nomi”, dice il sindaco. E giù l’elenco, che suona quasi come una chiamata alle armi per la prossima sfida elettorale.
Lui non si dimette. Aspetta le commissioni antimafia (regionale e nazionale). Poi, semmai, valuterà.
E chi la pensa diversamente non vuole bene alla città.
Arrivano pure gli applausi. Fine della conferenza stampa.
Giambalvo esce di scena. E forse escono di scena anche gli altri "giambalvi" che nessuno aveva ancora scoperto. Si è azzerato il consiglio. Per imbarazzo o per oscure ragioni di sicurezza pubblica.
Una cosa è certa: non è stata una reazione morale.
Egidio Morici