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05/04/2016 06:45:00

Mafia a Castellammare. Scoppia il caso politico. Chieste le dimissioni del sindaco

E' diventato anche un caso politico a Castellammare del Golfo l'operazione antimafia che ha portato in cella 5 persone per associazione mafiosa. “Cemento del Golfo”, questo il nome dell'operazione che ha portato in cella anche un imprenditore, Vincenzo Artale, che aderì all'associazione antiracket. Lo schema dei vecchi boss che tornano in auge, e dell'imprenditore antiracket che invece fa affari con la cosca. Uno schema ormai consolidato, che ruotava attorno agli affari legati al calcestruzzo, alle opere pubbliche tra Alcamo e Castellammare.
In questi giorni sono state tante le reazioni all'operazione antimafia. Come Libera, che ha detto che in un certo senso “sapeva” del ritorno in carreggiata del boss Saracino a Castellammare, ma si è detta sorpresa dell'arresto dell'imprenditore antiracket.
Ci sono state reazioni anche politiche. Tutto gira attorno ad alcune intercettazioni che riguardano il sindaco di Castellammare Nicolà Coppola circa un distributore di carburanti a Castellammare e dei lavori al Cimitero. Il primo cittadino non è indagato e si difende dicendo che “dobbiamo isolare i mafiosi, metterli da parte perché questa gente non vuole il bene del nostro territorio. Garantisco ai cittadini che non ci sono margini per queste persone nella struttura comunale”.
L'opposizione però chiede le sue dimissioni proprio per il contenuto di quelle intercettazioni. E lo fa con 11 consiglieri su 20, quindi la maggioranza dei consiglieri comunali
“La Nostra Città merita amministratori seri e lungimiranti in grado di assolvere alle proprie funzioni con determinazione e impegno e  non artefici di fallimenti amministrativi (vedasi depuratore, porto e deriva della macchina comunale) e politici (come lo sfaldamento della maggioranza consiliare e l'utilizzo delle cariche assessoriali come contropartita per una ingloriosa sopravvivenza politica). Questa già grave situazione di deriva amministrativa sommata alle recenti vicende giudiziarie che hanno visto tristemente coinvolto indirettamente il primo cittadino, rende imprescindibile una nostra presa di posizione chiara, netta e decisa sulla questione morale che si è consequenzialmente posta in essere. Pertanto, si chiede al Sig. Sindaco il primo vero atto di responsabilità dal suo insediamento ad oggi nei confronti della cittadinanza tutta, ossia rassegnare le proprie dimissioni dinanzi al Prefetto”. Se il sindaco non si dimette i consiglieri comunali hanno annunciato che saranno loro in massa a dimettersi.

Sul punto il sindaco Coppola ha dichiarato che Non si tratta di un distributore ma di un deposito di carburante agricolo autorizzato nel 1974 che si trova sulla strada provinciale 2: quella che porta a Ponte Bagni per intenderci. Inizialmente non avevo compreso di cosa si trattasse -spiega il sindaco Nicolò Coppola-. Pensavo ad un distributore, un rifornimento di benzina. Risulta agli atti che il 22 novembre 2013 l’assessorato regionale delle Attività Produttive ha richiesto il parere al Comune, nonché all’ufficio dogane di Trapani, al comando provinciale vigili del fuoco ed alla camera di commercio di Trapani, sulla richiesta di concessione di un deposito di carburante agricolo della ditta S.P carburanti Srl. A questa richiesta bisognava rispondere con un parere di compatibilità urbanistica reso all’assessorato che ha emesso decreto ai autorizzazione il 20 maggio 2014. Vorrei sottolineare che il deposito è stato autorizzato il 20 febbraio 1974 -prosegue il sindaco Nicolò Coppola- . Era stata richiesta la riattivazione nonché piccole variazioni riguardanti il prefabbricato, una sorta di tettoia, già realizzato da decenni. Si tratta di atti burocratici, semplici pareri e certificati ordinari rilasciati da tecnici ed impiegati.  Preciso che i lavori sono iniziati il 4 agosto 2014 e sono stati ultimati  il 12 dicembre 2014. Ad oggi ufficialmente non risulta avviata l’attività. Vorrei che fosse chiaro perché mi sembra che ci sia in atto un tentativo di intorbidire le acque, che non sono certamente fatti sui quali io intervengo né sono interessato ad intervenire perché contrario ai miei principi. Sono certo, invece, che quello che ha dato fastidio è la nostra condotta chiara nei confronti della criminalità: il protocollo del 2013 con i sindacati per sostenere l’attività delle aziende sequestrate alla mafia come la Calcestruzzi Castellammare,l’utilizzo dei mezzi sequestrati per la pulizia delle spiagge o quello di terreni ed edifici sequestrati per realizzarvi attività di interesse sociale a favore di chi ha disagio economico. Segnali chiari che non possono essere equivocati. La mafia si combatte tutti assieme e con fatti concreti”.

Intanto l'associazione Antiracket di Alcamo ha espulso l'imprenditore Vincenzo Artale, associato all'antiracket e arrestato durante l'operazione per gli affari fatti con la famiglia mafiosa capeggiata dal boss Mariano Saracino. Artale faceva parte dell'associazione perchè anni fa denunciò il tentativo d'estorsione subito.
L’Antiracket ed antiusura di Alcamo è pronta a costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario che dovrebbe riguardare l’imprenditore. “I fatti accaduti – si legge in una nota - lasciano sgomenti il consiglio direttivo ed il presidente, i quali intendono rilanciare le finalità istituzionali dell’Associazione partendo dalla rivisitazione dello statuto e predisponendo un calendario delle attività soprattutto nelle scuole, coinvolgendo i giovani”.