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07/04/2016 09:35:00

Mafia. Cassazione assolve Ciro Caravà. Sentenza ribaltata per l'ex sindaco di Campobello

 La Cassazione ha annullato la condanna a nove anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa inflitta, il 15 luglio 2015, dalla Corte d’appello di Palermo all’ex sindaco di Campobello di Mazara Ciro Caravà. In primo grado, il 6 febbraio 2014, l’ex primo cittadino era stato assolto dal Tribunale di Marsala. A presiedere quel collegio era Gioacchino Natoli, a cui, adesso, la Suprema Corte ha, di fatto, dato ragione. Caravà, 57 anni, arrestato il 16 dicembre 2011 (operazione della Dda e carabinieri “Campus Belli”), era alla guida di una giunta di centrosinistra. Il Comune venne stato sciolto per infiltrazioni mafiose il 27 luglio 2012. L’ex primo cittadino, secondo l’accusa, avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti della locale cosca capeggiata da Leonardo Bonafede, 82 anni, in passato condannato per mafia. Al centro delle indagini, avviate nel 2006, c’era uno dei “sodalizi criminali” considerato tra i più vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro. Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara avrebbe mantenuto uno stretto collegamento con Messina Denaro e, “attraverso un pervasivo controllo del territorio”, sarebbe riuscita, secondo i magistrati a “infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell’area”. Oltre a Caravà, la Corte d’appello di Palermo aveva condannato, sempre a 9 anni, anche Gaspare Lipari, 48 anni, anch’egli assolto in primo grado, che secondo l’accusa avrebbe svolto una funzione di “collegamento” tra l’ex primo cittadino e Leonardo Bonafede. Anche per Lipari la Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado, ma in questo caso con “rinvio” del processo, che dunque dovrà essere rifatto, alla Corte d’appello di Palermo (naturalmente, ad altra sezione). Lipari, difeso dall’avvocato Giuseppe Pantaleo, adesso dovrebbe essere scarcerato. Per Leonardo Bonafede, il 15 luglio 2015, fu confermata l’assoluzione dall’accusa intestazione fittizia di beni. I giudici di secondo grado, inoltre, confermarono le assoluzioni da concorso esterno in associazione mafiosa degli imprenditori del settore olivicolo-oleario Antonino Moceri, di 64 anni, e Antonio Tancredi, di 55, e ridotto le pene, sempre a 9 anni, inflitte in primo grado a Simone Mangiaracina, di 78 anni, e Cataldo La Rosa, di 50, considerati il “braccio operativo” del capomafia Leonardo Bonafede. Le condanne inflitte a Mangiaracina e a La Rosa sono state, invece, confermate dalla Cassazione.