"Vespa fuori dalla Rai", "La Rai è nostra, non di Cosa nostra": sono alcuni dei cartelloni esposti a Palermo davanti alla sede regionale della Rai di viale Strasburgo, da semplici cittadini e rappresentanti delle istituzioni scesi in strada per manifestare la contrarietà all'intervista a Salvatore Riina jr, figlio del boss Totò Riina, durante "Porta a Porta". "Non possiamo accettare - ha spiegato Orlando - che la Rai sia genuflessa di fronte ai mafiosi e arrogante nei confronti delle istituzioni. Per altro, il comportamento arrogante tenuto dai vertici dell'azienda dovrebbe anche far riflettere sulla reale utilità della commissione di Vigilanza di fronte alla quale la Rai ha sostanzialmente sostenuto la propria equidistanza fra mafia e antimafia e ha preteso di applicare agli assassini mafiosi la par condicio con le loro vittime”. E su Riina Jr torna ad occuparsi Repubblica pubblicando le intercettazioni di qualche anno fa del figlio del boss in cui dipingeva la sua famiglia in maniera opposta rispetto a quella fatta durante l'intervista a Vespa.
"Papà li scannò tutti", ad esempio. Sono da brividi le frasi che emergono da numerose intercettazioni, in cui lodava "uomini che hanno fatto la storia della Sicilia".
"Io vengo dalla scuola di Corleone", dice nella premessa. "Oh, mio padre di Corleone è, mia madre di Corleone, che scuola posso avere?". "Di uomini che hanno fatto la storia della Sicilia... linea dura, ne pagano le conseguenze, però sono stati uomini, alla fin fine. E io... sulla mia pelle brucia ancora di più". Non troverete queste affermazioni nel discutibile libro di Salvo Riina, ma all'interno di un fascicolo archiaviato al palazzo di giustizia di Palermo.
Tante, tantissime pagine, più di mille. L'allora giovane Riina tra il 2000 e il 2002 non sospettava di essere intercettato (a casa e in auto) dalla squadra mobile su ordine del pm Maurizio de Lucia. Dava lezioni: "C'era quel cornuto, Di Cristina, che era malantrinu e spiuni ... era uno della Cupola, un pezzo storico alleato di quelli, i Badalamenti, minchia, Totuccio si fumò a tutti, li scannò".
Correva il 1978: così partì la guerra di mafia scatenata dai corleonesi, era l'inizio della loro inarrestabile ascesa. L'inizio della carneficina. "E chi doveva vincere? - dice Salvo Riina - in Sicilia, in tutta l'Italia chi sono quelli che hanno vinto sempre? I corleonesi. E allora, chi doveva vincere?".
Riina junior parlava anche della guerra di mafia del 1990 contro i ribelli di Cosa nostra.
"Quando gli hanno sminchiato le corna agli stiddari che c'erano in tutta la Sicilia". Da Gela a Marsala, da Riesi a Palma di Montechiaro, un racconto terribile. "Ci fu un'estate di vampe - spiega il giovane boss con grande naturalezza - Ferro e fuoco. Qualche sessantacinque morti ci furono qua, solo in un'estate". E giù con il suo racconto sugli stiddari: "Che razza - dice - qua ci vuole il revolver sempre messo dietro, ma non il revolver quello normale, qua ci vuole il 357, che con ogni revolverata ci 'a scippari u craniu".
Poi parole agghiaccianti sui collaboratori di giustizia: "Quando arriva un cornuto di questi e ci leva tutto il benessere, ci fa sequestrare beni immobili, materie prime e soldi".