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27/04/2016 07:00:00

Mafia a Marsala. Processo "The Witness", le arringhe difensive

 Con le arringhe degli avvocati difensori, si avvia a conclusione, davanti il Tribunale di Marsala, il processo scaturito dall’operazione antimafia dei carabinieri “The Witness” (9 marzo 2015). Gli imputati, per i quali il pm Carlo Marzella ha già chiesto la condanna per associazione mafiosa a 10 anni di carcere ciascuno, sono Antonino Bonafede, di 80 anni, pastore e vecchio “uomo d’onore”, Martino Pipitone, di 66, ex impiegato di banca, entrambi in passato già arrestati e condannati per mafia, e Vincenzo Giappone, 54 anni, pastore, incensurato. Secondo l’accusa, Antonino Bonafede avrebbe preso il posto del figlio, Natale Bonafede, in carcere dal gennaio 2003 con una condanna definitiva all’ergastolo, al vertice della locale famiglia mafiosa. All’anziano nuovo presunto “reggente”, nel gennaio 2015 sono stati confiscati beni per oltre 4 milioni di euro. Per la Dda, i tre personaggi alla sbarra avrebbero cercato di riorganizzare, dopo i numerosi arresti degli ultimi anni, la locale cosca mafiosa. A difendere Bonafede senior è l’avvocato Paolo Paladino, che nella sua arringa ha affermato: “Indipendentemente da altre condanne che in passato Antonino Bonafede ha avuto per 416 bis, due poi unificate, gli elementi raccolti in questo processo sono assolutamente inidonei a dimostrare tanto l’esistenza a Marsala di una ramificazione di Cosa Nostra, tanto la partecipazione di Bonafede a questa associazione. Ed è proprio sulla scorta degli stessi elementi citati dall’accusa che non emerge assolutamente questo ruolo di vertice del Bonafede”. A difendere Martino Pipitone, accusato anche di intestazione fittizia di una società ad altra persona, è l’avvocato Vito Cimiotta che, per quanto riguarda l’accusa di associazione mafiosa, ha ribadito che “sulla base delle emergenze processuali non si riscontrano elementi che possono portare ad una condanna, considerato innanzitutto che il tribunale per il riesame di Palermo ha escluso lo scorso anno i gravi indizi di colpevolezza”. E anche se il Riesame “non è un tribunale di merito – dice il legale - però ha dato una linea”. Cimiotta ha, quindi, evidenziato che “solo in una intercettazione il protagonista è il Pipitone, nelle altre sono terzi soggetti che parlano di lui, ma sempre senza lasciare intendere nulla che possa essere ricondotto ad attività illecita”. Per quanto riguarda, poi, l'integrazione fittizia dell’impresa “Trinacria”, il difensore ha sottolineato che tutti i testi ascoltati “hanno confermato che Pipitone era stato assunto come dipendente e che effettivamente svolgeva tali mansioni” e che “l'impresa nacque nel 2011 per essere liquidata nel 2012 senza aver avuto mai profitti”. Alla prossima udienza, il 4 maggio pomeriggio, sarà l’avvocato Stefano Pellegrino, legale di Vincenzo Giappone, a tenere la sua arringa.