Rimesso in libertà Gaspare Lipari, unico imputato del procedimento penale c.d. “Campusbelli”, celebrato con rito ordinario, la cui posizione dovrà essere ancora definita.
La Sesta Sezione Penale della Corte di Appello di Palermo, accogliendo l’istanza avanzata dal suo difensore di fiducia Avv. Giuseppe Pantaleo, ne ha disposto la scarcerazione oggi stesso eseguita.
A Gaspare Lipari era stato contestato di fungere da anello di congiunzione fra la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara e il Sindaco della città, Ciro Caravà, soprattutto per l’assegnazione e la spartizione di appalti pubblici.
Imputati del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso pluriaggravato, entrambi erano stati assolti con sentenza emessa nel primo grado di giudizio dal Tribunale di Marsala allora presieduto dal Dott. Gioacchino Natoli, attuale Presidente della Corte di Appello di Palermo, e rimessi in libertà dopo un periodo di circa due anni e due mesi di custodia cautelare in carcere.
In appello, però, Lipari venne ritenuto colpevole del reato originariamente contestatogli e condannato alla pena di nove anni di reclusione. Stessa pena fu irrogata dalla Corte di Appello all’ex sindaco Caravà ritenuto colpevole, però, di concorso esterno in associazione mafiosa.
Lo scorso 6 aprile la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di appello nei confronti di Caravà perché il fatto non sussiste, definendo così la sua vicenda processuale.
Nella stessa udienza la Corte Suprema ha accolto anche il ricorso presentato dall’Avv. Giuseppe Pantaleo nell’interesse di Gaspare Lipari, ma nei confronti di quest’ultimo la sentenza di condanna è stata annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo per un nuovo giudizio.
“Attendiamo il deposito della motivazione della sentenza della Suprema Corte per comprendere quali aspetti processuali andranno ancora meglio esaminati in sede di giudizio di rinvio” afferma Pantaleo. “Cosa certa è che la sentenza di condanna annullata non rendeva giustizia a Gaspare Lipari. In ogni caso va dato atto alla stessa Corte di Appello che la emise, di avere correttamente disposto, in coerenza con la decisione della Corte di Cassazione, la revoca della propria ordinanza con cui aveva applicato al mio assistito la misura cautelare della custodia in carcere.”
Nello stesso procedimento la Corte di Cassazione aveva dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati Simone Mangiaracina e Cataldo La Rosa per i quali la condanna è divenuta irrevocabile.