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07/05/2016 06:45:00

Gli amanti uccisi a Campobello nel 1990. Ergastolo per i fratelli Vaiana

 La Corte d’assise di Trapani (presidente Pellino) ha condannato all’ergastolo, come chiesto dal pm Antonella Trainito, due fratelli di Castelvetrano accusati del duplice omicidio commesso il 24 agosto 1990 in un ovile di contrada Dionisio, a Campobello di Mazara, dove furono uccisi a colpi di lupara due amanti: Paolo Favara, 30 anni, e la cognata Caterina Vaiana di 33. Alla base dell'efferato omicidio: una intricata vicenda sentimentale e anche una violenza sessuale ai danni di una bambina che all'epoca aveva appena 9 anni. Nel 2013, quando i due fratelli (Michele Claudio e Giuseppe Vaiana di 61 e 54, fratelli della donna uccisa) furono arrestati, il caso fu risolto dalla Procura di Marsala. L’indagine era stata riaperta grazie agli input forniti dalla figlia di Caterina Vaiana e dal figlio di Paolo Favara. Il movente dell’efferato duplice omicidio sarebbe da collegare a un prestito di 13 milioni di lire mai restituito e alla paura che la sorella denunciasse uno dei due fratelli dopo avere scoperto che anni prima aveva violentato sua figlia, quando la bambina aveva nove anni. Per la Procura di Marsala “il duplice omicidio, all'epoca del tutto privo di decifrazione, trova pertanto non una plausibile ma una logica, univoca e convincente spiegazione nel doppio obiettivo (raggiunto) riconducibile ai due fratelli Vaiana”. E cioè impedire che l'autore della violenza carnale potesse finire in carcere e recuperare 13 milioni dati in prestito, e mai restituiti, attraverso la vendita del gregge dei due amanti. L'intento di insabbiare lo stupro sarebbe stato, dunque, tra i moventi del delitto, maturato in un contesto familiare percorso anche da forti rancori. Fu la piccola a sfogarsi con la madre e ad accusare lo zio Giuseppe Vaiana. Poco prima di essere uccisa con il suo amante, Caterina aveva accompagnato la figlia da un ginecologo perché accertasse che aveva subito abusi. A inasprire ulteriormente i contrasti familiari anche il prestito di 13 milioni di lire che Caterina Vaiana aveva ottenuto dal fratello Michele Claudio e che non aveva più restituito. È un racconto agghiacciante ma liberatorio quello che, 23 anni dopo, Enza Margiotta, un marito e due figli, ha fatto al pm di Marsala Dino Petralia: “Confesso che da piccolina sono stata violentata da mio zio Peppe. Un giorno, trovandomi da sola a casa, mi prese con forza e, scaraventandomi sul letto, mi penetrò con violenza. Io piangevo ma non capivo cosa mi stesse accadendo. Soltanto dopo, in età più matura, compresi ciò che mi aveva fatto, capendo anche che mio zio mi aveva fatto perdere la verginità. Avevo sei-sette anni e mio zio mi impose di non dire nulla a nessuno. Quando mio madre e Paolo iniziarono la loro relazione, lo zio Peppe mise in giro la voce che io e Paolo avevamo rapporti sessuali, voleva addossare su di lui la responsabilità e così mia madre decise di farmi visitare. Fu allora, circa due, tre giorni prima del delitto, che decisi di confidare a mia madre la violenza subita. Pensavo che la visita avrebbe svelato la mia verginità perduta e quindi volevo che mia madre lo sapesse prima da me”. Poi la terribile confessione: “Ammetto di avere sospettato dello zio Peppe per l’omicidio di mia madre e di Paolo. Se prima d’ora non ho detto le cose che oggi ho riferito è dipeso dal fatto che mi vergogno molto di ciò che è successo e cerco di dimenticare tutto”. “Ci sono omicidi – scrive nella sua richiesta di emissione dell'ordinanza di custodia cautelare, il pm Petralia – per così dire minori, destinati ad investigazioni stentate ed esangui, contaminate da reticenze ostacolanti ed irrisolte, pronti all’archivio per stessa volontà dei familiari delle vittime, desiderosi di silenzio più che di clamore investigativo. Paolo Favara e Caterina Vaiana, due contrastati amanti di un retroterra culturale isolano che stenta a scomparire, sono state due vittime del genere. Oggi, dopo 22 anni, Paolo e Caterina rivivono la loro storia e la risolvono come Giustizia vorrà”. Tra i legali che hanno rappresentato le parti civili nel processo svoltosi in Corte d’assise, anche Leo Genna, Giacomo Frazzitta e Giuseppe Incandela.