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14/05/2016 06:40:00

Trapani, l'architetto Corte dice no alla demolizione del palazzo di Via Nunzio Nasi

 L’architetto Vito Corte ha inviato un documento a sua firma riguardante la demolizione, attualmente in corso, di un palazzo nel centro storico di Trapani, nella Via Nunzio Nasi. La demolizione si sta realizzando su ordine del Comune di Trapani che agisce in via sostitutiva per salvaguardare l’incolumità pubblica, dopo numerosi atti di intimazione, andati tutti colpevolmente inascoltati, notificati ai proprietari dell’immobile.
L’architetto argomenta sia nella qualità di professionista che in quella di autore del volume “Entanglement nell’Architettura” che si occupa del principio dell’intreccio metodologico sulle problematiche che riguardano la valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Ma scrive anche come socio del Fondo Ambiente Italiano e come Capo Dipartimento Architettura dell’Associazione World International Sicilian Heritage.
Corte sostiene che la demolizione tout court del palazzo costituisce un’attività non accettabile sotto il profilo normativo - e per questo richiama sia il Piano Regolatore Generale di Trapani che il vincolo paesaggistico che ricade sull’intero centro storico- sia sotto il profilo culturale, perché dice che lo sventramento di interi palazzi è contrario alla cultura della conservazione e della valorizzazione del patrimonio storico artistico nazionale. Ma non si sottrae anche a valutazioni squisitamente tecniche: tali sventramenti strappano la continuità strutturale degli edifici costruiti come un unico organismo e ne determinano imprevedibili comportamenti in caso di terremoto.
Nel lungo documento consegnato (che potete scaricare e leggere cliccando qui) alla Prefettura, al Comune di Trapani, alla Soprintendenza ed al Genio Civile l’architetto rileva che probabilmente fin dai primi interventi di messa in sicurezza, attuati più di quatrro anni fa senza che nessuna altra attività di consolidamento si realizzasse, si potevano scongiurare i crolli rovinosi che adesso si sono verificati. Purtuttavia, questo non deve essere sufficiente per motivare la demolizione del palazzo: per esso invece deve essere avviata una rigorosa attività di dismissione di quanto ormai non più in esercizio con una simultanea edificazione di nuove parti murarie, realizzate con tecniche e materiali compatibili con l’originario.
Corte conclude il lungo documento affrontando anche il difficile argomento delle somme necessarie per poter effettuare così complesse attività e sostiene che tali argomenti economici andrebbero valutati all’interno di un quadro di competenze, di responsabilità, di costi e di benefici che investirebbe sotto il profilo civilistico ed amministrativistico i soggetti pubblici e privati che sono stati, che sono e che saranno direttamente, indirettamente o istituzionalmente coinvolti.

L’immobile, acquistato da un imprenditore palermitano, divenuto collaboratore di giustizia, che intendeva trasformarlo in struttura ricettiva, è puntellato da quattro anni. Nonostante le sollecitazioni, le diffide e le denunce da parte degli organi competenti, gli attuali quattro proprietari non si sono attivati per la sua messa in sicurezza.

Anche l'Ordine degli Architetti di Trapani aveva avanzato perplessità sulla demolizione. E anche il movimento "Progetto per Trapani": "Con la demolizione, se pur parziale, verrebbe ad essere irreparabilmente trasfigurato il volto del centro storico creando un vuoto urbano incolmabile”.  Il movimento ha chiesto all’amministrazione comunale, prima di procedere alla demolizione, “di non lasciare nulla di intentato per cercare di salvare una parte della storia di Trapani, perché non si abbiano più a ripetere, come in passato, atti scellerati di distruzione del nostro patrimonio storico-architettonico”.
“Progetto per Trapani “ricorda, come già fatto dell’Ordine degli Architetti, la seduta del Consiglio Comunale del 25.11.1946 dove si decise di demolire e di vendere l’area del Teatro Garibaldi per la somma di 4.634.640 lire, dove al suo posto si edificò la sede della Banca d’Italia, ma anche la data del 1863 quando la Prefettura, su richiesta del Comune, incaricava il Genio Civile di inventariare e demolire i vecchi bastioni e le fortezze con le mura per permettere l’espansione edilizia della città. Già di troppe ricchezze – sottolineano i componenti dell’associazione – sono stati privati i Trapanesi ed i suoi figli rimpiangono oggi l’impossibilità di ammirare le vestigia di quella che, nel 1478, non essendo mai stata espugnata, si meritò da Ferdinando il Cattolico il titolo di “invittissima” per via delle gloriose resistenze sempre fatte ai nemici del regno”.
“Qualora si verificassero altri episodi del genere – conclude la nota – riteniamo non si possa perdere parte del patrimonio urbano e della continuità visiva ma anche strutturale dei fabbricati del centro storico, spesso anche pregiati, soprattutto in un’epoca in cui abbiamo a disposizione tanta tecnologia (ed esempi contemporanei) per intervenire in modo adeguato sull’esistente. Auspichiamo, pertanto, che prima di prendere decisioni come queste, che comportano l’irreversibilità degli interventi, siano sentiti i pareri degli Ordini professionali competenti oltre che della collettività, trattandosi di patrimonio di tutti i trapanesi”.