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15/05/2016 06:46:00

Mafia e politica in Sicilia, una matassa intricata. Il caso di Messina

 Una matassa inestricabile che lega, tra le sue maglie, i clan mafiosi messinesi di spicco. E’ quanto scoperto dalla Squadra Mobile di Messina che, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia peloritana, ha fatto luce su come alcuni affiliati alle cosche mafiose, legati a personaggi del mondo politico locale, abbiano ostacolato la libertà di voto per le consultazioni elettorali regionali, politiche e comunali che vanno dall’ottobre 2012 al giugno 2013.

In tutto sono 35 le persone arrestate. Di esse, 26 sono state raggiunte da ordine di custodia cautelare in carcere e 9 sottoposte agli arresti domiciliari. Sono 4 invece le società sequestrate con le quali settori commerciali leciti concorrevano al mantenimento di attività illecite.

Le misure cautelari sono state eseguite dalla Squadra Mobile di Messina con la collaborazione dei Commissariati della Provincia e delle Squadre Mobili di Palermo, Catania, Caltanissetta, Enna, Reggio Calabria, e Vibo Valentia.

I destinatari delle misure cautelari sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver costituito e fatto parte di una associazione mafiosa attiva nel quartiere “Camaro – San Paolo”, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la persona ed il patrimonio, tra cui estorsioni e spaccio di sostanze stupefacenti.

Dalle indagini è emerso in particolare come, mediante un diffuso e capillare sistema clientelare, il gruppo ostacolasse la libertà di voto,procurando voti – scrivono i magistrati – ai candidati Franco Rinaldi, Francantonio Genovese e Paolo David in occasione delle consultazioni elettorali per il rinnovo del consiglio regionale del 28-29 ottobre 2012, delle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013 e delle elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Messina del 9-10 giugno 2013“, in cambio di denaro, generi alimentari, assunzioni presso strutture sanitarie, agevolazioni per il disbrigo di pratiche burocratiche ed altro.

La Procura ha precisato che i due big – Genovese e Rinaldi – non sono indagati perché non è stato possibile provare che fossero a conoscenza che l’attività di David fosse finalizzata a favorire anche loro.

 A proposito dei deputati di Forza Italia, il gip precisa che «la stabilità e la sistematicità dei rapporti tra i principali procacciatori di voti con metodi illeciti e i politici di riferimento, ed il diretto vantaggio in termini elettorali ricavato nelle prime due tornate elettorali, porterebbero a ritenere – in termini che allo stato costituiscono, per il vero,solo un plausibile spunto investigativo, in quanto tale meritevole di approfondimento – che i due onorevoli possano avere avuto contezza del metodo utilizzato per procacciare consensi a vantaggio del partito d’appartenenza». E aggiunge che «è certo che David si è mosso freneticamente alla ricerca di consenso elettorale dapprima in favore dei suoi referenti politici, ma anche in vista delle elezioni comunali che lo vedevano candidato». A David viene contestata solo la corruzione elettorale perché, secondo gli inquirenti, non aveva la consapevolezza di avere a che fare con soggetti legati a Cosa Nostra.

 

Le indagini hanno permesso di documentare come il sistema per procacciare i voti fosse servito fin dalle primarie del Pd per la scelta del sindaco, e poi per le regionali del 2012 e per le ultime amministrative. Un voto sarebbe costato circa50 euro, o sarebbe stato acquistato con unabusta della spesa. Un pacchetto di una decina di voti, inoltre, sarebbe stato scambiato con un’assunzione trimestrale in strutture compiacenti. In particolare quelle del medico Giuseppe Picarella che gestisce in città centri estetici e case di riposo. Proprio sull’aspetto delle assunzioni trimestrali, il procuratore Guido Lo Forte ha voluto precisare: «Si tratta di una novità: persone che venivano assunte e non è detto che poi effettivamente andassero a lavorare. Diciamo che avevano trovato il modo di usare la legge sui contratti a termine per i loro interessi».

A dirigere il sistema sarebbe stato sempre David. «Con una convulsa attività di supporto politico – scrive il gip – David spende le proprie conoscenze, i rapporti personali, parentali e amicali e la propria influenza politica negli ambiti più vari (Inps, Inail, esercito, Cas) ma soprattutto, nel settore sanitario e in particolar modo presso le strutture gestite da Picarella». Secondo gli inquirenti, il trait d’union tra David e gli elettori sarebbe statoAngelo Pernicone, personaggio «legato alla criminalità organizzata e in specie al clan Spartà ma anche a quello di Ventura». È lui – scrivono i magistrati – che «si prodiga per garantire un pacchetto di voti con l’evidente obiettivo di assicurarsi l’affidamento di lavori da parte del Comune e non solo, garantendo come conseguenza, anche l’assunzione per sodali e amici».

Tra le persone coinvolte c’è anche Giuseppe Capurro, un ex consigliere comunale di Messina, candidato alle elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Comunale di Messina del 2013, poi non rieletto, è ritenuto responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa: si sarebbe attivato per la risoluzione di problematiche amministrative di particolare interesse per l’organizzazione criminale.

Le indagini, svolte in un arco temporale che va dal luglio 2011 al giugno 2013, hanno disegnato uno spaccato estremamente aggiornato del contesto criminale di Messina, evidenziando l’attualità del clan mafioso nel quartiere di Santa Lucia Sopra Contesse, con a capo il boss detenuto Giacomo Spartà, il quale da dietro le sbarre continua ad avvalersi della collaborazione dei suoi uomini di fiducia.

Pesanti forme di estorsione agli imprenditori e la costituzione di società, sono state documentate dalle forze dell’ordine. Attraverso queste ultime, il gruppo riusciva ad inserirsi in remunerativi settori commerciali come quello edilizio e dei servizi di sicurezza dei pubblici spettacoli, così da ottenere apprezzabili introiti da investire in attività illecite come il traffico degli stupefacenti.