Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
27/06/2016 06:10:00

Messina Denaro, oggi udienza in appello per Eden. Parla Teresa Principato

 Si tiene oggi la nuova udienza del processo in Corte d'Appello, a Palermo, ai familiari di Matteo Messina Denaro, capo di Cosa nostra in provincia di Trapani, e imputati sulla base delle risultanze dell'operazione antimafia Eden. Tra gli imputati Patrizia Messina Denaro , sorella del noto latitante castelvetranese, nonché il nipote dello stesso, Francesco Guttadauro, ed altri, quali Antonino Lo Sciuto , dipendente dell’imprenditore Giovanni Filardo,  cognato del collaboratore Lorenzo Cimarosa.


Il Procuratore Generale, chiudendo la sua requisitoria per la riforma della sentenza del Tribunale Penale di Marsala dello scorso 31 marzo 2015 (che aveva anche assolto Lo Sciuto) ha concluso chiedendo alla Corte di Appello l’applicazione delle seguenti condanne: Messina Denaro Patrizia, anni 16 e mesi 4, per il reato di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p.; Lo Sciuto Antonino, anni 12 per il reato di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p.; ovvero, in subordine, anni 6, per il reato di concorso in associazione mafiosa; mentre, per Guttadauro Francesco, la conferma dei 16 anni già inflitti dal Tribunale di Marsala. Nel processo è parte civile il Comune di Castelvetrano. Oggi cominceranno le arringhe difensive. A Luglio la sentenza. 

PRINCIPATO. “I rapporti fra la malavita organizzata calabrese e Matteo Messina Denaro sono basati su punti incontrovertibili. Contatti con la ‘Ndrangheta ci sono dai tempi di Riina. Non c’è niente di nuovo”. Lo ha dichiarato Teresa Principato, procuratore aggiunto di Palermo, intervenuta telefonicamente nel corso del programma “Gli Intoccabili”, condotto da Klaus Davi.

“Possiamo affermare dalle nostre indagini che la ‘ndrangheta ha sostenuto la latitanza di Matteo Messina Denaro. In questo momento il suo business principale è soprattutto il traffico di droga. Io credo che tema moltissimo che qualcuno possa venderlo“, ha detto il magistrato.

 

Una notizia inedita quella che vede la ‘ndrangheta gestire la latitanza dell’ultimo superboss siciliano, anche se Principato sottolinea come “i rapporti fra la malavita organizzata calabrese e Matteo Messina Denaro sono basati su punti incontrovertibili, contatti con la ‘ndrangheta ci sono dai tempi di Riina. Non c’è niente di nuovo”. Il procuratore aggiunto di Palermo ha anche spiegato che “la leadership della ‘ndrangheta è dovuta al fatto che non c’è stato obiettivamente lo stesso lavoro se non da cinque sei anni, da quando è arrivato a Reggio Calabria il dottor Pignatone e adesso De Raho. Ma prima c’erano erano molto pochi risultati”.

Già in passato Nicola Gratteri, ex procuratore aggiunto a Reggio Calabria e nuovo procuratore capo di Catanzaro, aveva sottolineato come si fossero ormai invertiti i rapporti di forza tra calabresi e siciliani. “Ora – aveva detto il magistrato – è Cosa nostra che chiede all’ndrangheta la droga, si rifornisce dalla criminalità calabrese, che ha preso le redini di questo traffico a tutti gli effetti. Anche Cosa nostra americana non parla più italiano, non c’è più il legame di prima con la Sicilia. Adesso la mafia americana si affida ai calabresi per spaccio e traffico, soprattutto di cocaina”.Ed è proprio in relazione alla forza economica e criminale derivata dal narcotraffico su scala mondiale che Messina Denaro ha deciso di affidarsi agli ‘ndranghetisti. Come dire che sono i calabresi a proteggere l’eterna fuga del pupillo di Totò Riina, l’ultimo boss stragista latitante ormai dal lontano 1993.

 


Ecco altri estratti dell'intervista:

"A gente come Messina Denaro del carcere non frega nulla tanto una volta usciti, ammesso che accada, tornano a fare le cose di prima. Sono i soldi che li fanno impazzire”.

“Non ho mai parlato di avvicinamento con la figlia. Per quello che sono le nostre indagini questo non è venuto alla luce. Non ci sono stati segnali di dissociazione, assolutamente no” ha detto Principato in merito al rapporto tra il boss latitante Matteo Messina Denaro e sua figlia.

“Stiamo ottenendo un importante successo poiché il cognato di Matteo Messina Denaro ha rivelato molte cose di quel personaggio, definendolo un parassita, uno che vuole solo soldi e si disinteressa di ogni altra cosa” . "Ha raccontato tutta una serie di altre cose che per la famiglia sono state certamente un danno, quindi una grossa falla – ha proseguito la dott.ssa Principato -. Noi verifichiamo anche dalle intercettazioni, dalle indagini in corso una grande sfiducia nei confronti di questa persona soprattutto perché non si manifesta lasciando il paese anche per le necessità più urgenti, in stato di abbandono”.

CALCARA - VACCARINO. E’ stata fissata per oggi la requisitoria nel processo che davanti il giudice monocratico Bruno Vivona vede imputato, per diffamazione all’ex sindaco Dc di Castelvetrano Antonio Vaccarino, l’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. Nel frattempo, l’avvocato Antonio Consentino, difensore dell’ex pentito, ha rinunciato alla testimonianza dell’ex pm Antonio Ingroia. Ciò dopo che il giudice ha ritenuto sufficiente, per l’accertamento dei fatti, il video effettuato il 19 gennaio 2011 al Teatro “Selinus” di Castelvetrano, quando nel corso di un dibattito sulla legalità si registrò uno scontro verbale tra Calcara e l’ex sindaco Vaccarino, che era in platea. L’ex sindaco contestò a Calcara il diritto a parlare di legalità. “Le invettive e le offese furono reciproche” sottolinea, però, l’avvocato Consentino, che aveva inizialmente insistito per ascoltare Ingroia spiegando che ci sono aspetti della vicenda (distribuzione volantini, provocazioni, assenza delle scolaresche, etc.) che non sono stati immortalati nelle riprese video acquisite agli atti del processo.