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02/09/2016 06:30:00

Castelvetrano, la lunga storia del Palatenda nel terreno confiscato ai boss

Costato 490 mila euro, il palatenda di Castelvetrano è uno di quegli impianti sportivi realizzato con i finanziamenti del Pon Sicurezza. Sono circa un centinaio, distribuiti tra Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, con l’obiettivo – così si legge nel progetto madre - di trasmettere ai giovani i valori della solidarietà, giustizia e legalità attraverso lo sport. Nel 2014 per esempio, ne realizzarono uno di pari costo nel napoletano, intestato a Giancarlo Siani, il giornalista ucciso a soli 26 anni dalla camorra.

La tensostruttura castelvetranese che si inaugura oggi, è invece intestata all’Unità d’Italia e sorge in un terreno confiscato alla mafia, non lontano dal quartiere dove è nato e cresciuto Matteo Messina Denaro. La sua realizzazione è stata un po’ travagliata. Già nel dicembre 2014, il sindaco Felice Errante ne aveva annunciato l’inaugurazione “a breve”, ma c’è voluto più di un anno e mezzo, perché il Comune era convinto di ricevere finanziamenti anche per i marciapiedi attorno alla struttura e per le condotte di raccolta delle acque. Dopo il nulla di fatto da parte del Ministero, il completamento delle “pertinenze esterne” è toccato all’amministrazione comunale, costretta a tirare fuori 30 mila euro.

Nel frattempo però l’impianto fu circondato da erbacce ed isolato dall’acqua piovana che vi ristagnava attorno, senza parcheggio (a parte un’utilitaria bianca senza targa, abbandonata lì davanti), fino all’arrivo dei vandali che squarciarono il tendone, credendo forse di trovare chissà che cosa all’interno. E dire che per realizzarlo fu necessario pure una variante urbanistica al piano regolatore: da terreno agricolo a zona edificabile.

 

La consegna del terreno al Comune, invece, è ancora più datata: addirittura nel maggio del 2008.

Ma la storia di quella zona ha radici che arrivano fino agli anni ’70 quando, al posto del palatenda, lì sorgeva un impianto di calcestruzzi di Benedetto Valenza: più volte arrestato, processato, assolto e a volte condannato. Ed è proprio negli anni ’70 che suo padre Salvatore e suo zio Erasmo furono ritenuti corresponsabili di vari delitti verificatisi nel paese di Borgetto. Non erano due qualsiasi. Tanto che dopo il loro arrestato, furono rilasciati dopo soli due giorni grazie a Salvo Lima, fino a quando nel 1983 furono fatti sparire dalla lupara bianca dei Brusca.

Oggi, il palatenda sorge proprio a fianco di un altro impianto di calcestruzzi: quello di Giovanni Risalvato (inteso Pruvulazzu), arrestato nel 2010 nell’operazione Golem 2 e condannato a 14 anni e mezzo per associazione mafiosa.

Insomma, il corredo simbolico iniziale c’è tutto. Giocare legale in quei campetti potrebbe avere un alto valore civico e di sensibilizzazione dal basso, soprattutto se le associazioni sportive che lo avranno in gestione riusciranno a fare quel delicato lavoro che va oltre la mera educazione motoria.

 

Anche perché la tensostruttura è stata realizzata dalla Cogemat srl. E la cosa potrebbe essere uno stimolo in più a far meglio. Infatti, il general manager dell’impresa trapanese è Matteo Bucaria, con alle spalle una storia di cambiamenti e di rivalsa non indifferenti.

Nel 2012 Matteo Bucaria, ascoltato dagli inquirenti aveva infatti riferito di aver pagato a Pantelleria, dal 1994 al 2000, tangenti per un centinaio di milioni di lire. Erano gli anni in cui gli imprenditori che si aggiudicavano gli appalti venivano tenuti sotto ricatto. C’erano i fratelli Messina che pretendevano il pagamento delle “rate” dell’estorsione (5 milioni delle vecchie lire) e il sindaco Di Marzo, secondo gli inquirenti, avrebbe minacciato pesantemente l’imprenditore, prospettando incendi o danneggiamenti dei mezzi di lavoro da parte dei Messina, oltre che intralci burocratici ad hoc nel pagamento degli stati di avanzamento.

Ecco, Bucaria fu uno dei pochi disposti a parlare al processo, che però ha visto l’assoluzione in secondo grado del sindaco pantesco. Secondo gli inquirenti, proprio grazie a lui sarebbe stato scoperchiato quello “squallido malaffare in capo a chi del pubblico potere sembra aver fatto, e non da ora, mercimonio economico”.

 

La speranza è che quest’opera, possa davvero diventare il simbolo di una nuova cultura e che dopo la cerimonia d’inaugurazione, possa essere utilizzata il prima possibile. Diversamente potrebbero tornare le erbacce e i vandali. Ed in quel caso sappiamo già che l’Europa non scucirebbe più un centesimo.

 

Egidio Morici