Nei giorni scorsi la sezione misure di prevenzione della Corte d'Appello di Palermo ha confermato la maxiconfisca da 700 milioni di euro nei confronti del “re” della grande distribuzione Giuseppe Grigoli, originario di Castelvetrano e considerato prestanome del boss Matteo Messina Denaro. Grigoli, 67 anni, è stato arrestato a dicembre del 2007 e sta scontando una condanna definitiva per mafia a dodici anni di reclusione. Per i magistrati, Grigoli non sarebbe, come lui stesso cercava di sostenere vittima di Cosa nostra ma "imprenditore colluso", che ha seguito un "intero percorso esistenziale" al servizio di esponenti dell'associazione mafiosa, "primo tra tutti il Matteo Messina Denaro". "Il re dei supermercati, - scrivono i magistrati - non avrebbe mai manifestato una qualche presa di distanza effettiva e sincera dall'associazione mafiosa e, nonostante le vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto e la lunga detenzione subita, si è ulteriormente accreditato quale soggetto pienamente affidabile nei confronti del sodalizio criminale”. Il rapporto tra l'imprenditore e Messina Denaro è stato descritto come un legame che si è “consolidato nel tempo” e dal quale ne “erano derivati reciproci vantaggi”, e questo grazie allo “stretto rapporto anche con esponenti mafiosi come Filippo Guttadauro”, cognato del boss latitante di Castelvetrano e con il fratello Salvatore Messina Denaro.
A tre anni di distanza dal luglio del 2013 viene dunque confermato dai giudici palermitani il decreto della sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani. Passa allo Stato, così, l’intero patrimonio costituito dal Gruppo 6 Gdo con il quale gestiva direttamente 43 punti vendita, sparsi nelle province di Trapani e Agrigento e altri 40 punti affiliati al marchio Despar. Ed ancora, 12 società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per 60 ettari.
La storia di Grigoli inizia nel lontano 1973, quando aprì una bottega di generi alimentari dopo aver lavorato nella fabbrica di sapone del padre. La sua prima società fu la Grigoli Giuseppe, operante dal '73 all'83, poi la Grigoli Distribuzione e infine la 6Gdo. Secondo quanto ricostruito nel corso del processo a suo carico, fu il 1974, l’anno della svolta quando un incendio doloso gli distrusse il negozio. Fu allora che Grigoli avrebbe scelto i suoi referenti criminali e sarebbe passato dalla parte di Cosa nostra. Tra le prove raccolte dai giudici sui suoi legami con i boss, anche quelle trovate nell'ultimo covo di Bernardo Provenzano, dove sono stati trovati una serie di pizzini in cui Messina Denaro si dava da fare per tutelare gli interessi di Grigoli. Per i giudici palermitani Grigoli non si è mai “dissociato, o quantomeno distacco da Cosa nostra, alla quale è stato appartenente per diversi decenni”. In questo modo avrebbe avuto “la possibilità di espandere le sue aziende su tutto il territorio delle province di Trapani e Agrigento”, e per ricambiare “assumeva personale indicato da esponenti mafiosi, affidando la gestione di punti vendita della catena Despar a soggetti legati alla criminalità".