Cosa deve succedere a Salemi per destare l’attenzione degli organi di informazione? Questo il commento lunedì mattina da parte di uno degli organizzatori della manifestazione per il “No” tenutasi la seconda domenica di ottobre nella cittadina normanna.
Un evento di alto livello, a valenza regionale, che ha registrato la partecipazione di professionisti esperti di discipline varie, tre senatori della Repubblica, un ex Presidente della Regione siciliana Angelo Capodicasa, rappresentanti di associazioni culturali e, in qualità di relatore, il costituzionalista di fama nazionale professore Alessandro Pace.
Nell’ampio salone del Circolo culturale “Giuseppe Pedone” affollato di cittadini, gli unici assenti erano, tranne qualche eccezione, i rappresentanti della stampa. Nulla di nuovo in questa provincia, si direbbe. Altri sono pascoli che si preferisce attraversare. Del resto, la stessa cosa succede a livello nazionale.
A parte La7, come ci ha detto il professore Pace “nei nostri confronti c’è stato un totale silenzio mediatico, sia da parte Rai che da Mediaset. Ma si sa, il servizio pubblico è schiacciato sotto il tallone del governo. Mediaset invece mi ha sorpreso”. Tante le sigle delle associazioni partecipanti. Da “Trapani Cambia” ad “Associazione Impastato” di Salemi ( ottimi organizzatori dell’evento); da Arci a Lip Scuola; da Anpi a Ret a Sinistra e Centro Studi “Vero Felice Monti” di Salemi. Numerosi gli interventi della mattinata: Sabrina Rocca, Ottavio Navarra Fabrizio Bocchino, Angelo Capodicasa, Serena Valenti ed altri. Riesce difficile sintetizzarli tutti. Ne riportiamo alcuni.
Quello dell’avvocato Lino Buscemi che è stato particolarmente applaudito. Che ha subito riscaldato la sala, quando con veemenza ha affermato che “i cosiddetti partiti, attori dell’attuale teatrino della politica a tutti i livelli, sono prevalentemente (e inequivocabilmente ) scarsamente democratici e “padronali”, senza distinzione alcuna riguardo alla loro collocazione nell’attuale scacchiere politico nazionale.
Qualcuno potrà pensare alle solite frasi che sanno di qualunquismo, o come si usa ire oggi, di populismo. Niente affatto: è un giudizio molto, ma molto, dipendente dallo spettacolo che ci viene quotidianamente offerto e, per di più, formulato con disagio ed amarezza in quanto terribilmente e drammaticamente (per noi) vero”. Ci va giù duro Buscemi e senza mezzi termini rincara la dose contro gli attuali partiti. Sono raggruppamenti senz’anima, ha detto, dove non esistono regole, linee politiche credibili, programmi realistici e, men che mai, trasparenza nei comportamenti e nelle decisioni. Poi l’affondo spietato: “esistono solo il ‘leader’, ovvero il ‘padrone’, e la ristretta cricca di comando che esegue con devozione e non dissente”. Del resto è sufficiente guardare attentamente dentro i cosiddetti partiti e simili, per accorgersi che la logica “padronale” produce uno scarso ceto “dirigente”, la diffusione di un solo “verbo” intolleranza e decisioni discriminatorie. Guai a dissentire! Scattano subito le sanzioni tipiche dei torquemada da strapazzo: il dissenziente prima è messo all’indice, poi viene “isolato” e delegittimato poi sospeso “sine die” infine espulso. Per Buscemi non ci sono dubbi: “Nel nostro Paese, e specialmente nelle aree più depresse del sud dove regna la criminalità organizzata di tipo camorristico e mafioso, in atto c’è soltanto la parodia della democrazia e, forse, nemmeno quella”. Una ragione in più per votare “NO”. “ Almeno, in caso di vittoria il barlume di democrazia che la vigente Costituzione ancora garantisce verrà preservato in attesa di fare una vera, profonda e seria riforma ( con il più ampio consenso) della Carta del 1948.”
Anche il mondo della scuola era presente all’assemblea. Maria Guagliardito, un’insegnante in veste di rappresentante del coordinamento nazionale della LIP e referente a Palermo, insieme a Roberto Buscetta. La LIP è una proposta di legge di iniziativa popolare per la Scuola della Repubblica, già depositata in Senato e al contempo la LIP rappresenta un foltissimo gruppo di insegnanti. Esistono 40 comitati in tutta Italia, che difendono i valori costituzionali della scuola pubblica, laica e gratuita, e che, la scorsa primavera, insieme ad altre associazioni, forze sindacali e liberi cittadini, hanno promosso il referendum per l’abrogazione della legge 107 del 2015, la cosiddetta buona scuola, attraverso la
raccolte delle firme. In tutta Italia ne sono state raccolte 515.000. Si attende ora il pronunciamento della Cassazione.
Con grande efficacia e calore Maria Gagliardito ha spiegato perché la Scuola Pubblica dice NO! “Perché ogni docente della Scuola pubblica, laica, pluralista, democratica, non può non sentirsi vincolato ai principi della Costituzione Italiana e alla funzione che essa assegna alla Scuola, luogo di promozione dell’emancipazione umana, del sapere critico e della libertà di pensiero. La Costituzione entra ogni giorno, come creatura viva e pulsante, nel nostro agire e nelle nostre aule.”
Se la scuola è un laboratorio di democrazia, è conseguenziale opporsi a tutte le operazioni che ne stravolgono il ruolo, svilendola e deformandola a mero strumento di esercizio del potere e di omologazione, compatibile con una società basata sulla competizione e sull’individualismo, gerarchizzata e subordinata al mito del mercato e del profitto.
La “Buona scuola”, già in piena attuazione, e la “riforma costituzionale allarmano Gli operatori della scuola. Entrambe prefigurano un paese deprivato degli spazi di democrazia e di partecipazione. Così come lo stato rischia di ridursi a una multinazionale gestita dai poteri forti, anche nella scuola azienda i poteri vengono accentrati nelle mani del preside super manager. L’accentramento del potere e la riduzione degli spazi di democrazie voluta nella riforma costituzionale è stato già di fatto attuato nella scuola. “Noi insegnanti siamo perfettamente consapevoli”– ha ribadito Gagliardito- che l’attacco alla Scuola e l’attacco alla costituzione sono di fatto un attacco alla democrazia ad ampio spettro, perché chiude spazi politici pone fine al progetto di emancipazione sociale attraverso la feudalizzazione dei rapporti di lavoro, la privatizzazione dei servizi sociali , l’aziendalizzazione dell’istruzione e spezza il disegno armonico della costituzione “.
Per Nino Rosolia, portavoce del Comitato per il “NO” di Marsala, lo scopo della manifestazione non era solo per ascoltare qualche ulteriore chiarimento tecnico- giuridico, profittando della presenza del prof. Alessandro Pace, ma dare un minimo di coordinamento alle iniziative dei numerosi comitati sorti, qui e là, in gran parte della Sicilia Occidentale. Ha sottolineato l’esigenza di “fare ‘rete’ e realizzare collaborazioni sotto il profilo organizzativo che ci consentano di realizzare nelle prossime manifestazioni “economie di scala”, vista la mancanza assoluta di fondi che il Comitato sconta a livello nazionale. Per verificare, ad esempio, se ci sono le condizioni, a breve, per permettere anche ai cittadini del trapanese di assistere allo spettacolo “Perché NO. Tutte le bugie del referendum” che, Marco Travaglio e Giorgia Salari, stanno portando in tutt’Italia.
E’ importante per Rosolia “ attuare efficaci strategie di coinvolgimento della gente comune, finora disinteressata alla contesa, poiché alle prese con problemi di ben altra portata. Per costruire una campagna referendaria che faccia capire che la vittoria del “NO”, non è un punto d’approdo ma soltanto l’inizio di un sogno: non quello dello stravolgimento della Seconda Parte, ma – finalmente! – la piena attuazione della Prima e fondamentale Parte della Carta Costituzionale. “ Le parole d’ordine debbono essere molteplici, ha finito tra gli applausi Nino Rosolia.
Dal diritto-dovere al Lavoro, al cospetto dei milioni di “NEET” e degli innumerevoli “cervelli in fuga”, ai laureati “con lode” costretti a reinventarsi cassieri nei supermercati o camerieri nei pub o dai tanti ultratrentenni diplomati indotti a pietire la ‘paghetta’ dai genitori o dai nonni.
Dal diritto alla tutela della Salute, di fronte allo scandalo permanente dei “Pronto Soccorso”, ove giovani e anziani aspettano per ore prima di essere assistiti e curati. Alla “scuola aperta a tutti”, che registra–nel biennio dei tecnici e dei professionali – punte del 30% di abbandoni precoci e frequenze saltuarie o dalla cancellazione dell’insegnamento nei licei delle Discipline Giuridico-Economiche, che impediscono agli studenti italiani di attrezzarsi per esercitare il loro diritto alla cittadinanza attiva.
E se per Stefano Rodotà è persino imbarazzante, per la pochezza dei contenuti e del linguaggio, leggere il testo al quale è stato consegnato il compito impegnativo di riscrivere ben quarantatré articoli della Costituzione, il professore costituzionalista.
Alessandro Pace, che ha concluso la prima parte della manifestazione salemitana, non ha usato diplomazia e con toni, in certi momenti stucchevolmente accademici e poco interattivi (l’età, è noto, in alcuni soggetti gioca brutti scherzi) senza esitazione ho sostenuto con la riforma Renzi- Boschi-Verdini “viene violato il primo articolo della Carta, la sovranità popolare. E’ il popolo che deve eleggere le Camere, mentre come tutti sappiamo la riforma attribuisce ai Consigli regionali il compito di eleggere i senatori”. E aggiunge: “Dire che sono comunque eletti dal popolo anche se attraverso un percorso indiretto è un pensiero sciocco. Altrimenti si potrebbe dire che anche il Presidente della Repubblica è eletto dal popolo, cosa che non è”.
Non solo. Si tratta di una palese “violazione della sentenza n. 1 del 2014 della Corte Costituzionale”, quella che ha bocciato il Porcellum. “In quella sentenza – ha spiegato il professore- la Corte si è espressa in merito al principio di continuità degli organi costituzionali affermando che non è a tempo indeterminato, e che la legislatura poteva proseguire con un termine massimo di tre mesi. Ragioni economiche hanno consigliato di proseguire oltre quel termine, ma aprire addirittura un percorso di riforma costituzionale è stato un vero e proprio azzardo“.
“L’ordinamento deve ispirarsi a principi di razionalità e ragionevolezza: questa "riforma non lo fa”, ha detto Pace, avviandosi alla conclusione, “per non parlare delle competenze del nuovo Senato e prerogative dei senatori. La rappresentanza delle autonomie territoriali, è destinata a scomparire in quanto è la riforma a impedire al Senato di svolgere questa funzione.”
E infine la stoccata finale il Costituzionalista quando senza giri di parole ha affermato perché l’attuale revisione costituzionale prospettata è stata avviata attraverso l’iniziativa dell’esecutivo, e non del Parlamento. C’è quindi un vizio d’origine. Derivato dall’impronta politica che il governo imprime ad essa.Il tutto mentre in sala arrivava la notizia che anche Bersani annunciava il suo No alla riforma. Si vedrà tra cinquataquattro giorni.
Franco Ciro Lo Re
(Foto Leonardo Timpone)