“A lungo cosa nostra ha preteso di presentare le donne come ‘non figure’, ‘non persone’ ma in realta’ hanno sempre svolto un ruolo essenziale per l’organizzazione, non fosse altro per il compito di educare ai disvalori mafiosi i figli fino all’adolescenza, quando poi entrano nella sfera dei padri”.
Lo ha detto a Voci del Mattino, su Radio1 Rai, Maria Teresa Principato, procuratore aggiunto di Palermo, a pochi giorni dalla condanna della sorella del superlatitante Matteo Messina Denaro, della quale e’ stato riconosciuto il ruolo di vertice nella struttura criminale. “A poco a poco – ha aggiunto -, il ruolo delle donne nella mafia non ha piu’ potuto restare silente. Cio’ e’ avvenuto in coincidenza con il fenomeno dei collaboratori di giustizia, quando cosa nostra ha affidato proprio alle donne il compito di venire fuori per maledire quelli che collaboravano. Ma per molto tempo il ruolo delle donne di mafia e’ stato trascurato dai giudici. Basti ricordare che la prima sentenza che riconosce una donna colpevole di associazione mafiosa e’ una sentenza della Cassazione del 2007, quindi molto recente. Prima, le donne erano coperte da impunita’ perche’ non potendo essere ‘cattive’ e non potendo autodeterminarsi – secondo il pensiero di cosa nostra che veniva cosi’ recepito dai magistrati, soprattutto nel meridione, dove il ruolo della donna ha ancora delle caratteristiche particolari – non potendo determinarsi, dunque, non poteva essere colpevole e le sue condotte, seppur criminose, venivano coperte dall’immunita’. Cosi’ e’ stato perfino per le mogli di Provenzano e Riina”.
“Questo ritardo nel cogliere i cambiamenti del ruolo della donna di mafia – ha osservato il magistrato – e’ stato a mio avviso un grosso regalo fatto a cosa nostra. Ora non piu’ cosi’. Ci sono state molte condanne di donne accusate di associazione mafiosa. E’ il riconoscimento del fatto che la donna e’ in grado di comportarsi esattamente come un uomo d’onore e di organizzare, in assenza dell’uomo, anche le fasi piu’ delicate della vita dell’organizzazione mafiosa. E’ stata una soddisfazione vedere che Patrizia Messina Denaro, che in primo grado era stata condannata per concorso in associazione mafiosa, cioe’ come se fosse stata una persona esterna all’organizzazione, in secondo grado e’ stata condannata per associazione mafiosa secca. All’interno della struttura mafiosa – ha spiegato il procuratore Principato intervenendo a Voci del Mattino – le donne oggi si occupano soprattutto dell’economia, della gestione patrimoniale e, quando e’ necessario, dell’intestazione fittizia di beni. Ma se da una parte alla donna e’ stata ormai riconosciuta la capacita’ criminale, la capacita’ di essere cattiva esattamente come un uomo – sembra quasi una conquista, per paradossale e ridicolo che possa apparire – dall’altra va detto che le donne di cosa nostra non si comportano autonomamente come mafiose. Agiscono sempre come mogli, figlie o sorelle di qualcuno. In sostituzione, dunque, di qualcuno che si ritiene indispensabile. Ma proprio perche’ consapevoli e complici di qualsiasi azione criminale, riescono a svolgere con assoluta scioltezza questo ruolo di supplenza”.