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11/11/2016 06:30:00

Castelvetrano. Il fallimento della paratia al porto di Selinunte

 C’è voluto un autocarro, un escavatore, una gru, un operaio comune, uno qualificato ed uno specializzato. La paratìa del porticciolo di Selinunte è stata smontata, revisionata, trattata con una vernice speciale anticorrosiva e rimontata. Ma niente da fare: non funziona. Più di 8 mila euro di soldi pubblici buttati a mare. Un fallimento già prevedibile sin dalla misteriosa sparizione del progetto originario, perso nei meandri dell’archivio dell’ufficio tecnico del Comune di Castelvetrano. Quando si dice il caso.

Ma la storia fallimentare di questa paratìa ha origini lontane.
Il problema è sempre lo stesso: le alghe che intasano il porto.
Già nel 2009, nel braccio del molo di ponente era stato realizzato il foro, spendendo 86 mila euro. La convinzione era che le alghe entrate dall’imbocco principale, sarebbero potute uscire da questo nuovo tunnel. Le alghe però rimasero dov’erano ed entrò la sabbia, interrando buona parte del porto.
In Comune si convinsero che doveva essere soltanto una questione di correnti, per cui il buco si doveva aprire e chiudere in base alle diverse esigenze. Ecco perché nacque la “soluzione” della paratìa, con un costo per i cittadini di 30 mila euro. Che però aveva un problema: la saracinesca non si abbassava fino in fondo, ma si fermava a pelo d’acqua. Insomma un grossolano errore di progettazione al quale nessuno, era il 2010, manifestò l’urgenza di porre rimedio, mentre la sabbia continuava ad entrare per mesi, lenta e inesorabile. Allora i tecnici pensarono di posizionare delle rocce davanti al varco, in modo da tapparlo. Paradossalmente il problema era diventato quello di coprire il foro fatto nel 2009. Ma niente da fare: la sabbia entrò lo stesso, attraverso le intercapedini tra le pietre, saturando una buona fetta di porto.
In sintesi, il tentativo di far uscire le alghe realizzando un buco, era fallito. E quello di chiudere il buco per evitare l’interramento, era fallito lo stesso.

Per 5 lunghi anni nessuno si interessò più al problema, fino a quando il sindaco Errante, contento per “un rinnovato spirito di collaborazione” che si era “instaurato con gli operatori della marineria selinuntina” (parole sue), decise di riprendere le fila della questione, disponendo la “riparazione” della paratìa.
Certo, il termine “riparare” non era forse il più appropriato, dal momento che questa saracinesca, che si sarebbe dovuta alzare o abbassare secondo le correnti in modo da fare uscire le alghe dal porto, in realtà non ha mai funzionato. 
E, se vogliamo, non era dei più appropriati nemmeno il termine “porto”. “E’ abusivo – aveva ammesso l’ex sindaco Gianni Pompeo – non è facile far funzionare una cosa abusiva”. “Si tratta di una vasca sbagliata – aveva confermato l’ex ingegnere capo del Comune Giuseppe Taddeo – non è un porto”.
Ma ad un passo da Triscina, nata completamente abusiva, non poteva che esserci un porto altrettanto abusivo. Sono cose che capitano e come sempre le responsabilità sbiadiscono e si confondono sullo sfondo dei vari governi locali che si sono succeduti nel corso degli anni. E allora ecco che le barriere frangiflutti si trasformano in moli di attracco e strettissimi corridoi di cemento vengono chiamati banchine.

E’ il posto giusto per procedere per tentativi ed errori.
La colpa non è mai di nessuno e a pagare è sempre il cittadino, al quale un sistema che sembra fare da sempre il bello e il cattivo tempo a prescindere dai sindaci di turno, promette da decenni l’auspicato nuovo porto.
Intanto la paratìa sembra destinata a fare la stessa fine della gru per la movimentazione delle barche. Installata dal 2007 e costata quasi 100 mila euro, è stata dismessa pochi anni fa senza essere mai stata utilizzata. Anche lì, l’agonia fu lunga, al punto che nel 2010, dopo anni di inattività, il Comune si era pure accorto che il mostro non funzionava e lo fece riparare, spendendo 5.250 euro. “Si rende necessario ed urgente provvedere alla manutenzione straordinaria della gru a bandiera al servizio dei pescatori e diportisti” si leggeva nella relativa delibera.
A conti fatti, l’agonia della paratìa dovrebbe essere sul finire. Sono rimasti gli ultimi scampoli di un accanimento terapeutico a suon di soldi pubblici, ormai in via di esaurimento.

 

Egidio Morici