L’imprenditore di Valderice Vincenzo Mannina, che ha già scontato 4 anni di reclusione, è stato assolto dalla Corte d’Appello di Palermo (terzo giudizio di Appello) dall’accusa di associazione mafiosa perché “Il fatto non sussiste”. Con questa motivazione si è arrivati alla conclusione di un processo e una vicenda giudiziaria che ha, a dir poco, dell’incredibile. Mannina è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Trapani a sei anni e otto mesi di reclusione. In secondo grado, la condanna è stata confermata ma la pena ridotta a sei anni e tre mesi. Poi la Cassazione ha annullato la condanna rinviando e disponendo la celebrazione di un nuovo processo. Per i giudici il reato era quello di concorso esterno. La Corte d’Appello di Palermo ha nuovamente confermato la condanna e il reato di associazione mafiosa. Infine la sentenza è stata per la seconda volta annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione. Dopo due annullamenti e tre giudizi d’appello è arrivata l’assoluzione.
Vincenzo Mannina è uno dei “signori” del cemento della provincia di Trapani. E’ titolare della “Mannina Vito Srl”, società ereditata dal padre che gestisce una fra le più grandi cave della zona, dove si occupa anche di rifiuti provenienti da attività di demolizione, frantumazione e costruzione; della “Calcestruzzi e Asfalti Mannina S.r.l.”, produzione di conglomerati cementizi e “Asfalti Sicilia Srl” che produce conglomerati bituminosi. I suoi problemi giudiziari sono iniziati il 4 aprile del 2007 quando viene arrestato nell’operazione “Mafia e Appalti”. Un’operazione che è il naturale sviluppo delle indagini che il 24 novembre del 2005 avevano già portato all'arresto di Francesco Pace, 65 anni, boss di Cosa Nostra a Trapani, e di altre 11 persone. Indagini incentrate sugli appalti e le intromissioni della mafia nei lavori del Porto di Trapani in occasione della Louis Vitton Cup di Vela del 2005. Assieme a Mannina sono stati arrestati anche Francesco Nasca, direttore amministrativo dell’agenzia per il demanio di Trapani, Bartolo Pellegrino, allora leader del movimento autonomista ‘Nuova Sicilia’, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione (poi assolto), Michele Martines, 37 anni, e Mario Sucamele, 52 anni, quest’ultimo già in passato indagato per mafia, e anche in questa operazione il capo mafia, Francesco Pace, a cui è stato notificato in carcere un nuovo ordine di custodia cautelare.
Secondo gli inquirenti Vincenzo Mannina era il braccio destro di Pace e per conto suo e della mafia trapanese era stato incaricato di acquistare la Calcestruzzi Ericina, azienda confiscata, al boss Vincenzo Virga. E Mannina per portare a compimento il suo intento si presentò dal prefetto dell’epoca, Fulvio Sodano, per proporsi quale acquirente della Calcestruzzi Ericina che si trovava in una difficile situazione finanziaria, anche perché la mafia era riuscita a toglierle tutte le commesse. Mannina in quegli incontri in Prefettura si fece accompagnare dai vertici di Confindustria, dal presidente Marzio Bresciani, poi divenuto sindaco di Castellammare, e dal direttore Francesco Bianco.
Per gli inquirenti che lo arrestarono Vincenzo Mannina era una figura di spicco della mafia trapanese. Qui di seguito un estratto dell’ordinanza cautelare che ne confermerebbe la caratura: "Si è accertato come il PACE abbia affidato al MANNINA il delicato compito di assumere i necessari contatti con i singoli associati mafiosi ogni volta che si presenti la necessità, per il capo-mandamento, di incontrarli riservatamente al fine di discutere i più rilevanti temi attinenti l’attività mafiosa, nonché di imporre alle imprese, fra l’altro, l’approvvigionamento di calcestruzzo presso la “Sicilcalcestruzzi” di Paceco (già controllata dal PACE) e l’impianto della “Calcestruzzi e Asfalti MANNINA S.r.l..”gestito dal MANNINA Vincenzo. Gli elementi investigativi acquisiti grazie alla presente indagine rendono evidente come le società gestite dal MANNINA Vincenzo costituiscano in realtà lo strumento attraverso il quale il PACE Francesco e la cosca mafiosa trapanese hanno acquisito il controllo di un settore nevralgico del tessuto imprenditoriale locale, connesso alla commercializzazione di calcestruzzo, di materiali inerti e di asfalti. Grazie alla sinergia fra le società del MANNINA e la società “Sicilcalcestruzzi” di Paceco, unitamente alle società riferibili al COPPOLA Tommaso, la famiglia mafiosa di Trapani è stata in grado, di controllare il comparto imprenditoriale dell’edilizia privata e quello degli appalti pubblici, imponendo le forniture di inerti e calcestruzzo".
Profilo criminale del Mannina che poi è stato in parte confermato anche nelle sentenze di condanna:
"Mannina è un imprenditore “potente” che ha contribuito al rafforzamento della potenzialità operativa e intimidatrice propria dell’associazione mafiosa trapanese guidata dal super latitante Matteo Messina Denaro. Avrebbe assicurato all’organizzazione criminale «Cosa Nostra» continuità e soprattutto varietà di apporti essenziali per il raggiungimento dei suoi fini, ricevendone in cambio appoggio per l’affidamento alle sue imprese delle forniture relative ai lavori per opere da realizzare nel territorio controllato dalla famiglia mafiosa. Mannina ha contribuito a rafforzare la presenza e la forza di quella generale metodologia intimidatrice, dal cui esercizio deriva all’organizzazione il controllo delle commesse e delle forniture". Accuse e condanne ora cadute dopo un tormentato percorso processuale, che ha visto l'imputato Vincenzo Mannina, prima accusato del capo di imputazione di associazione mafiosa, poi diventato “concorso esterno” nel primo giudizio di appello, per poi tornare ad essere partecipazione a Cosa Nostra nel secondo giudizio di appello annullato con rinvio dalla Cassazione.