I fatti di cronaca, le inchieste, la politica, la caccia a Matteo Messina Denaro. E poi notizie più curiose. Sono le top news del 2016 di Tp24.it. Una carrellata dei fatti più seguiti dai nostri lettori quest’anno e su cui abbiamo dedicato molta attenzione, con approfondimenti e aggiornamenti.
Un anno di inchieste, di operazioni antimafia, di sequestri e arresti. E’ continuata senza sosta anche quest’anno la caccia a Matteo Messina Denaro, il boss latitante ricercato dal 1993.
Il 2016 si chiude con l’operazione Ermes 2 che ha visto l’esecuzione di misure cautelari per 11 persone, tutte coinvolte, secondo gli inquirenti, nella gestione di imprese utili a sostenere il boss latitante.
L'inchiesta è un approfondimento dell’operazione Ermes dell’agosto 2015, in cui era emerso il ruolo di Vito Gondola, l’allevatore pluripregiudicato reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, che si occupava di gestire la “corrispondenza” di Matteo Messina Denaro.
Negli ultimi giorni sono finiti in carcere i fratelli Loretta (Carlo e Giuseppe), pienamente inseriti con le loro aziende nella famiglia mafiosa di Mazara, per associazione mafiosa e attribuzione fittizia di beni a terzi; Epifanio Agate, figlio del capomafia Mariano Agate già deceduto, per estorsione aggravata dal metodo mafioso e, anche lui, per attribuzione fittizia di beni a terzi; ed Angelo Castelli per favoreggiamento alle cosche di Mazara e di Castelvetrano. I terzi in questione sono invece soci di tre aziende: la Medio Ambiente, di Filippo Siragusa, Paola Bonomo ed Andrea Alessandrino e le due società (My Land e Fishmar) di Rachele Francaviglia, Francesco Mangiaracina, Nataliya Ostashko e Nicolò Passalacqua. Tutti raggiunti dall’obbligo di dimora. C'è anche un giornalista coinvolto nell'operazione antimafia. Si tratta di Filippo Siragusa, collaboratore del Giornale di Sicilia, che è accusato di intestazione fittizia di beni. Al cronista, direttore del sito Mybelice.it, è stato applicato l'obbligo di dimora. Siragusa è accusato di "intestazione fittizia di beni". Proprio qualche giorno prima, piccola curiosità, Siragusa aveva moderato una tavola rotonda sulla legalità in una scuola di Mazara del Vallo.
Qualche giorno prima a Castelvetrano è scattata l’operazione “Ebano”.
Due persone sono finite in carcere, perquisiti anche alcune imprese e l’ufficio tecnico del Comune. Due funzionari raggiunti da avvisi di garanzia Arrestato l'imprenditore Rosario "Saro" Firenze. Per gli investigatori è vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro. Arrestato anche il suo collaboratore, il geometra Salvatore Sciacca per le ipotesi di associazione a delinquere di tipo mafioso, fittizia intestazione di beni, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di beni. Le due aziende edili di famiglia di Firenze, che valgono sei milioni di euro, sono state sequestrate.
L'operazione si chiama Ebano. Altri quattro imprenditori di Castelvetrano sono stati raggiunti dalla misura cautelare del divieto di esercitare l’attività d’impresa. Il divieto ad esercitare attività imprenditoriale è stato emesso nei riguardi dei presunti prestanome di Firenze, Giacomo Calcara, 38 anni, Benedetto Cusumano, 68 anni, Fedele D’Alberti 41 anni e Filippo Tolomeo, 38 anni, sarebbero stati loro ad aiutare Firenze per potersi accaparrare degli appalti, lavori di manutenzione stradale, fognari e demolizioni.
Secondo gli investigatori, riusciva a farsi aggiudicare numerosi appalti dal Comune di Castelvetrano, e in particolare dall'ufficio tecnico, grazie alle compiacenza dei funzionari comunali e alla sua appartenenza a Cosa Nostra. “Abbiamo individuato un nesso tra pubblica amministrazione - mafia – imprenditoria” ha aggiunto il comandante provinciale dei Carabinieri Stefano Russo.
Sempre nelle ultime settimane dell’anno la Direzione Investigativa Antimafia di Trapani ha proceduto al sequestro di beni, per un valore di oltre 25 milioni di euro, nei confronti di Giuseppe Ruggirello, imprenditore edile 81enne, ritenuto vicino agli ambienti mafiosi trapanesi ed indiziato del reato d’intestazione fittizia di beni.
Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Trapani - Sezione Penale e Misure di Prevenzione, presidente Angelo Pellino, che ha accolto le istanze cautelari contenute nella proposta di misura di prevenzione patrimoniale avanzata dalla Procura Distrettuale di Palermo.
L’indagine è scaturita da un atto d’impulso della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che ha elaborato in chiave antiriciclaggio alcune segnalazioni provenienti dagli organi di Vigilanza della Banca d’Italia sull’anomala operatività di un istituto di credito pugliese, il Credito Cooperativo di Alberobello, investendo per i competenti approfondimenti anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, che affidava le attività investigative alla D.I.A. di Trapani.
E quest’anno è stato segnato anche un primato. Infatti è finita in amministrazione giudiziaria la Banca di Credito Cooperativo "Senatore Pietro Grammatico" di Paceco. Il sospetto è quello dell'infiltrazione pesante della mafia. Per l'istituto di credito, di suo già in una pesante crisi, arriva l'amministrazione giudiziaria. L'Istituto, con filiali a Trapani, Marsala ed Erice, passa dunque in amministrazione controllata su decisione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani e su richieste dei finanzieri del Nucleo speciale di Polizia tributaria è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.