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18/01/2017 06:10:00

I figli di Borsellino stroncano l'antiracket di Marsala. "Uso distorto del nome del padre"

Manfredi Borsellino, il figlio del giudice ucciso nella strage di via D'Amelio, li aveva diffidati dall'usare il nome del padre. Loro però hanno continuato, ma i giudici non hanno abboccato e li hanno estromessi dall'ennesimo processo a cui volevano costituirsi parte civile. Loro sono quelli dell'Associazione Antiracket e Antimafie Paolo Borsellino Onlus, per intenderci è l'associazione Antiracket di Marsala, che è presieduta da Antonino Chirco, ma il dominus è l'avvocato Giuseppe Gandolfo che gestisce l'attività più intensa dell'associazione, quella di costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia e d'intorni d'Italia.

L'associazione tre anni fa ha cambiato nome, da semplice antiracket ad “antimafie”, per potersi costituire parte civile in processi contro criminalità organizzate varie sparsi in tutta Italia. In più hanno aggiunto il nome del giudice Paolo Borsellino per tentare di dare “solennità” ad una associazione che non ha svolto concreta attività antimafia nei territori se non quella limitata all'intruppamento di scolaresche disposte a tutto pur di saltare ore di lezione.
In questi giorni l'associazione è stata ancora di più stroncata dalle notizie che arrivano da Palermo, dicevamo. Nei mesi scorsi Manfredi Borsellino, che dirige il commissariato di Cefalù, ha diffidato l'associazione ad usare il nome del padre perchè né lui, né le sue sorelle avevano dato il consenso. Lunedì all'ennesimo processo a cui ha tentato di costituirsi Peppe Gandolfo e soci i giudici hanno deciso di rigettare la richiesta. Il processo è quello sull'omicidio di Mirko Sciacchitano, ucciso a Santa Maria di Gesù, a Palermo, in cui sono imputati vecchi e nuovi boss del mandamento palermitano.
Questa volta però c'è stata addirittura la richiesta del pubblico ministero Sergio Demontis di escludere l'associazione Antiracket di Marsala dal processo. E il presidente della Corte d'Assise di Palermo, Alfredo Montalto, ha estromesso l'associazione perchè non ha alcun titolo o interesse, neppure geografico, a costituirsi parte civile. In sostanza non c'entra nulla. Alla richiesta del Pm inoltre si sono associati anche i legali delle difese, che già in udienza preliminare avevano sollevato dubbi sulla costituzione di parte civile. Troppo evidente che l'associazione si sia costituita senza averne i titoli. Troppo, portare in aula il nome di Paolo Borsellino a sproposito. Negli utlimi tempi sta accadendo più spesso che l'associazione venga estromessa dai processi di mafia, perchè non pertinente al dibattito, perchè concretamente non c'è nesso tra i fatti alla loro attività “antimafia”. E' successo, ad esempio, con il processo Cemento del Golfo, e siamo a Castellammare e Alcamo, è successo anche con il processo contro Matteo Messina Denaro, imputato come mandante delle stragi del '92. Ma la decisione del tribunale di Palermo è diversa, perchè arriva dopo la richiesta del Pm, e soprattutto dopo le parole di Manfredi Borsellino.
Ma non finisce qui. Perchè la stroncatura per l'associazione Antiracket è totale, e in queste ore i Borsellino hanno diffidato nuovamente, attraverso il suo legale Manfredi Carriglio, l'associazione di Marsala. Manfredi, Lucia, e Fiammetta Borsellino non vogliono che quell'associazione porti il nome del padre perchè quel nome e quell'eredità morale “non costituiscono mero corredo personale e familiare, ma patrimonio dell'intera comunità siciliana e nazionale”.

I figli del magistrato “hanno sempre custodito e resi vivi loro cuori - si legge nell'atto di diffida - nei loro cuori e nell'adempimento dei compiti professionali che la vita ha loro assegnati, la memoria e gli insegnamenti paterni senza pretendere di assumere su di sé improprie funzioni di sorveglianza selettiva sull'uso che negli anni e da più parti, è stato fatto di quel nome”.

C'è stata una “proliferazione, più o meno strumentale, di associazioni che ambivano a richiamare, nella suggestiva denominazione, l'eredità di Paolo Borsellino”. I figli di Borsellino non vogliono essere “pubblici custodi” di quei valori, ma non lo possono essere neanche alcune associazioni nate in questi anni, e sottolineano che “una felice scelta fonetica non può surrogare i valori che quel nome dovrebbe rappresentare”.
La diffida formale dei figli del magistrato ucciso in via D'Amelio con la sua scorta entra nel merito dello “scambio” che c'è stato tra Borsellino e l'avvocato Peppe Gandolfo. Viene sottolineata “l'astuta mistificazione mediatica e giudiziaria del pensiero e delle parole di Manfredi Borsellino”. L'associazione ha “infondatamente sostenuto che il suo nome e persino la sua genesi discenderebbero dall'espresso consenso del mio assistito. Le è perfettamente noto che la famiglia Borsellino non prestò mai il consenso che ella aveva così insistentemente richiesto”, continua la lettera del legale a Peppe Gandolfo.
Il punto è importante. Il consenso è stato negato perchè portare il nome di Paolo Borsellino, come è successo, “potrebbe costituire un valore aggiunto, uno speciale imprimatur idoneo a superare il severo vaglio di ammissibilità delle costituzioni di parte civile”. E infatti è logico pensare che un giudice si possa sentire in “imbarazzo” a rigettare la richiesta di costituzione di parte civile ad una associazione che porta il nome dell'eroe della lotta alla mafia. Il legale definisce questa strategia solo “una delle possibili espressioni della tentazione di venalità che può ispirare l'impiego arbitrario ed infecondo del nome di Paolo Borsellino”. Per Manfredi Borsellino, continua il suo legale nella lettera di diffida, questa è “pur tuttavia la più odiosa, perché, traducendosi in un uso distorto della giustizia e in ultima analisi in un vulnus per la finanza pubblica, contraddice e svilisce, nelle forme più subdole, il senso ultimo dell'opera professionale sua e del padre”.
Parole che pesano come macigni su un modo di fare antimafia ispirato più alla retorica e al business della costituzione di parte civile che al concreto studio e contrasto della criminalità organizzata.
Dopo la prima diffida l'associazione aveva tentato di difendersi dicendo che avevano mandato una mail a Manfredi Borsellino, che in un primo momento si sarebbe dimostrato grato per l'intitolazione dell'associazione al padre, ma poi non ci fu nessun consenso formale, e quelli dell'associazione usarono il burocratico sistema del “silenzio assenso”. Ma a quanto pare non solo non ha funzionato, ma ha fatto molto arrabbiare i figli di un'eroe nazionale.