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10/02/2017 07:40:00

Il processo ai "postini" di Matteo Messina Denaro. Pm chiede nuove prove

 Nel processo che davanti il Tribunale di Marsala vede alla sbarra alcuni presunti “postini” di Matteo Messina Denaro faranno ingresso, su richiesta del pm della Dda Carlo Marzella, anche le dichiarazioni di Lorenzo Cimarosa, deceduto lo scorso 7 gennaio. Oltre a quanto riferito dal defunto imprenditore edile castelvetranese, cugino acquisito del superlatitante, sul “sistema di comunicazione con il boss (i famosi “pizzini”), il rappresentante dell’accusa ritiene assai importanti soprattutto le rivelazioni in merito ai contrasti tra imprenditori mafiosi, o presunti mafiosi, di Castelvetrano (Giovanni Filardo, altro cugino di Matteo Messina Denaro, e Cimarosa), di Mazara (Carlo Loretta) e di Marsala (Baldassare Marino) in merito ai lavori da effettuare per il parco eolico “Vento di vino” a Mazara. Una disputa che avrebbe visto il capomafia mazarese Vito Gondola, detto “Vito Coffa”, far da mediatore. Anche se il suo compito non fu facile. Quell’affare, infatti, faceva gola a tanti. Come hanno rivelato le microspie dei carabinieri del Ros e del reparto operativo di Trapani. ‘U zu Vitu dovette intervenire fra le cordate che si contendevano i lavori. Cimarosa ha raccontato che Gondola convocò una riunione per comunicare il suo verdetto. Un verdetto inappellabile. La parte più importante dei subappalti gestiti dalla “Cedelt spa” di Castellammare di Stabia toccò alla cordata di Castelvetrano. Una piccola parte andò a Loretta. Ed è mistero sulla sorte toccata all’imprenditore Baldassare Marino, che il 31 agosto 2013 fu ucciso a colpi di fucile nell’entroterra di Strasatti. Non si sa da chi e perché. Di certo, c’è solo che si era mosso “in maniera scomposta – scrissero i pm Paolo Guido e Carlo Marzella – per fornire il cemento per i lavori del parco eolico, entrando in contrasto con coloro che stavano già effettuando la fornitura, verosimilmente i mazaresi”. Le dichiarazioni di Cimarosa (arrestato nel dicembre 2013 nell’operazione antimafia “Eden” e dall’aprile 2016 agli arresti domiciliari per motivi di salute dopo avere reso dichiarazioni spontanee ai magistrati, facendo così scattare nuove indagini) dimostrano, per la Dda, il ruolo di primo piano di Vito Gondola in seno a Cosa Nostra. Il pm Marzella ha, inoltre, chiesto e ottenuto che venga ascoltato (luogo e data ancora da decidere) anche il neo collaboratore di giustizia Nicolò Nicolosi, 45 anni, di Vita, uno dei due esecutori materiali, reo confesso, dell’omicidio di Salvatore Lombardo, ucciso con due fucilate, a Partanna, davanti il bar “Smart Cafè”, in via XV Gennaio, il 21 maggio 2009. Lombardo sarebbe stato così punito, pare, per il furto di un furgone carico di merce del supermercato Despar, di cui, all’epoca, sarebbe stato gestore “di fatto” il presunto boss mafioso partannese Giovanni Domenico Scimonelli. Quest’ultimo, secondo Nicolosi e Attilio Fogazza (altro componente del commando di fuoco), sarebbe il mandante del delitto. Il pm Marzella ha chiesto di ascoltare Nicolosi perché questi è parente di Sergio Giglio e quindi può riferire quanto a sua conoscenza sulla contestata affiliazione a Cosa Nostra dell’imputato salemitano. Nicolosi, ha spiegato il pm, verrà chiamato a deporre anche su Scimonelli e Di Leonardo, nonché sui “sistemi di comunicazione con il latitante”. Nel processo in corso a Marsala sono imputati cinque degli undici presunti fiancheggiatori del super-boss latitante castelvetranese coinvolti nell’operazione antimafia “Ermes” (3 agosto 2015). Alla sbarra sono Sergio Giglio, 47 anni, allevatore di Salemi, pregiudicato, il presunto capomafia di Mazara Vito Gondola, 79 anni, detto “Vito Coffa”, il genero Giovanni Mattarella, di 51, commerciante, Ugo Di Leonardo, di 75, ex geometra del Comune di Santa Ninfa, incensurato, e Leonardo Agueci, di 29, ragioniere incensurato di Gibellina. Dei cinque, solo Giglio è ancora in carcere. Di Leonardo e Gondola, infatti, sono ai domiciliari, mentre Mattarella e Agueci, accusati “solo” di favoreggiamento (e non di associazione mafiosa come Di Leonardo e Giglio), sono tornati in libertà. Parte civile sono i Comuni di Santa Ninfa, Castelvetrano e Salemi, l’associazione antiracket “Paolo Borsellino onlus” di Marsala, rappresentata dall’avvocato Peppe Gandolfo, l’Antiracket e Confindustria Trapani (avvocato Giuseppe Novara), l’Antiracket Alcamo e il Centro studi “Pio La Torre”.