La candidatura di Gianni Pompeo alle prossime amministrative è stata molto criticata. Oltre ai simpatizzanti di altri gruppi politici che parteciperanno alle elezioni di maggio, l’hanno criticata anche i sostenitori del cosiddetto “nuovo che avanza”, categoria alla quale Pompeo non può appartenere per ovvi motivi. Anche se però può contare sull’esperienza amministrativa forte dei 10 anni di governo della città, dal 2001 al 2012, fino a quando appoggiò l’attuale sindaco Felice Errante, eletto col Fli.
Oggi è il candidato del Pd, nel quale è confluito un paio d’anni fa dopo la rottura con Errante, che “si è messo” con l’avversario di sempre, Giovanni Lo Sciuto.
Sarà quindi Pompeo a correre per la coalizione formata da Pd, Castelvetrano Avvenire, Obiettivo Città e Città Nuova. Una scelta fatta senza le primarie annunciate in precedenza. Primarie di coalizione che, in assenza di altri candidati proposti dalle altre liste, non si sono più fatte.
“Condizioni non favorevoli” aveva scritto il Pd.
Ma Francesco Lombardo, inizialmente indicato come possibile candidato del Partito Democratico nelle primarie di coalizione, insieme a Pompeo (e ad altri), non l’ha presa bene.
Secondo lui si è trattato di una decisione oscura, “Senza spiegare quali siano state queste condizioni non favorevoli”, chiedendosi anche “Cosa ha potuto fermare un processo così democratico, tra l’altro già avviato, a favore di una manovra imposta dall’alto?”
E siamo partiti proprio da questo quesito nella nostra intervista al segretario del Pd di Castelvetrano Monica Di Bella.
Le giriamo la domanda di Francesco Lombardo: quali sono state queste condizioni non favorevoli?
Le condizioni per le primarie di coalizione non erano favorevoli perché Lombardo e Pompeo appartengono entrambi al Pd. E non essendoci altri candidati di altre liste del raggruppamento, la direzione del Pd non voleva delle primarie interne solo con due candidati. Sarebbe sembrata quasi una resa dei conti. In assenza di proposte di candidatura, di comune accordo, si è scelto di confluire tutti su Pompeo. Niente d’imposto dall’alto
Queste cose Lombardo le sa bene, perché io e il segretario provinciale Marco Camapagna ne avevamo già parlato con lui. Inoltre, se la coalizione dice che tra i due del Pd che avevano dato la disponibilità alla candidatura, il migliore a rappresentare il programma è Gianni Pompeo, Non mi pare che si possa parlare di scelta poco democratica. Ricordiamoci che le primarie sono uno strumento che, altrettanto democraticamente, si può scegliere di utilizzare o meno.
Alcuni hanno visto nella candidatura di Pompeo una sorta di occupazione democristiana del Pd, soprattutto perché nessuno delle figure di riferimento del partito, come Marco Campagna, Pasquale Calamia o lei stessa, ha deciso di partecipare alle primarie che, a quel punto, non sarebbero più stati dei confronti a due.
Beh, lo scopo non è solo vincere le elezioni, ma anche andare ad amministrare il giorno dopo.
Non ho percepito nella gente (almeno nei giri che ho fatto io) una volontà di puntare su un rinnovamento di carattere anagrafico, ma sulla competenza amministrativa, Molti dipendenti del Comune, così come per esempio gli operatori dell’area attrezzata, mi dicevano “candidate qualcuno che appena arrivato al Comune sappia subito dove mettere le mani”.
Io partorirò a giorni. Quindi, anche se avessi voluto, non avrei certo potuto sostenere al meglio una campagna elettorale. Ma il punto è relativo al consenso. E probabilmente, né Marco Campagna, né Pasquale Calamia avrebbero ottenuto quei consensi per vincere le elezioni e per potere poi avere quelle maggioranze all’interno della città e in consiglio, in modo da governare serenamente. Loro stessi hanno convenuto che il candidato più forte rimaneva Pompeo, sia all’interno del Pd che della coalizione. Non c’è alcuna occupazione del partito Io credo che Pompeo possa essere la persona giusta, soprattutto in questo dato momento storico in cui la capacità amministrativa sarà di importanza fondamentale per risollevare la città.
Tornando a Lombardo, c’era rimasto male anche nel 2012, quando saltarono le primarie dove era candidato sindaco per l’Udc e venne designato Felice Errante. Anche allora parlò di “mortificazione dei principi di democrazia”. Ma poi, dopo la sua autosospensione, ritornò ed Errante gli diede un assessorato. Potrebbe succedere anche questa volta?
Assolutamente no.
Cosa direbbe a coloro che rimangono fuori dal Pd perché, molto distanti dal centro, non sentono sufficientemente rappresentati i loro principi di sinistra?
Li ho invitati a partecipare, a non isolarsi e a dare un contributo per cercare di creare un buon consiglio comunale, perché la buona politica passa anche da lì. Sono momenti particolari in cui le battaglie di principio alimentano certamente la passione politica, ma se si vuole davvero incidere, occorre fare dei compromessi: in consiglio comunale, se vuoi far passare le tue proposte, devi in qualche modo cedere qualcosa anche agli altri. E’ la normale dialettica di una democrazia.
Ad ogni modo, abbiamo provato a coinvolgere anche altri soggetti politici, parlando con tutti in modo aperto, perché questo era il mandato che avevo ricevuto dal mio partito. C’è l’interesse a governare bene, non soltanto a vincere.
Nel 2012 il Pd sostenne Felice Errante, da sempre una persona di destra, andando con lui al governo della città. Oggi candida l’ex sindaco Pompeo. Perché?
Tra le due scelte ci sono delle differenze fondamentali. Nel 2012 avevamo condiviso un progetto per la città, che poi Errante ha tradito. E’ stato un peccato, perché noi ci credevamo. Pompeo invece fa parte del Pd, non ci sono alleanze con figure di altri partiti. In questo caso se vince Pompeo, vince il Pd. Ed avremo il sindaco che verrà nelle riunioni del partito a dare conto e soddisfazione del suo operato. Cosa che con Errante non avevamo.