Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
01/03/2017 06:20:00

Domenico Scimonelli, l'uomo bancomat di Messina Denaro a processo per l'omicidio Lombardo

Prenderà il via questa mattina, davanti alla Corte d’Assise di Trapani, il processo che vede imputato il boss partannese Giovanni Domenico Scimonelli, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Salvatore Lombardo, un pregiudicato ucciso con due colpi di fucile il 21 maggio del 2009, davanti al bar “Smart Cafè” di Partanna.

Lombardo sarebbe stato ucciso perché autore del furto di un furgone carico di merce del supermercato Despar di proprietà di Scimonelli. Gli esecutori materiali dell’omicidio: Nicolò Nicolosi e Attilio Fogazza, che dopo l'arresto iniziarono a collaborare, saranno processati con il rito abbreviato. E sono le dichiarazioni dei due e in particolare quelle di Fogazza che inchiodano Scimonelli. Fogazza - tra le altre cose - nei suoi verbali avrebbe confermato la presenza di Scimonelli sulla scena dell'omicidio: "Era avanti a bordo della sua auto, ed ha visto tutto dallo specchietto retrovisore", avrebbe detto.

Ma attilio Fogazza oltre ai particolari dell'omicidio Lombardo, ha raccontato ai giudici ciò che ha saputo da Scimonelli sui suoi rapporti di amicizia e gli incontri con il boss Matteo Messina Denaro:

 

"Nel 2008, Scimonelli mi disse che con Matteo Messina Denaro erano amici d'infanzia, andavano insieme a Triscina e ne conosceva la famiglia. Nel 2010, mi disse di averlo incontrato al porto vecchio di Mazara. Mi raccontò: 'Mi sono visto cù siccu (soprannome del boss castelvetranese, ndr). E’ nervoso perché cominciano a mancare i soldi e non può pagare chi è in carcere. Poi, alla Despar ci fu un ammanco di 150 mila euro. Io sapevo che li aveva dati a Messina Denaro. Nel 2012, Scimonelli mi chiese un’auto in prestito, come faceva quando nei suoi movimenti non voleva dare nell’occhio. Io gli diedi una Punto. Tornò con l’auto, le scarpe e i jeans tutti sporchi di fango. Gli ho chiesto: ma dove sei stato? E lui mi rispose che aveva incontrato Matteo Messina Denaro lungo la strada vecchia tra Mazara e Salemi. Un giorno, al bar, su un giornale c’era la foto di Messina Denaro e lui mi disse: E quando lo prendono? E’ completamente cambiato”.

 

Chi è Domenico Scimonelli, l'uomo bancomat di Messina Denaro

Imprenditore 49enne di Partanna, nato a Locarno, Scimonelli era ben inserito nel tessuto sociale ed economico del Belice, premiato al Vinitaly di qualche anno fa, ha contribuito alla creazione di un consorzio vitivinicolo e faceva parte del consiglio nazionale della Democrazia Cristiana di Angelo Sandri. Gia' coinvolto in fatti di mafia nel 1997 con l'operazione "Progetto Belice", sta già scontando in carcere una condanna a 17 anni scaturita dal processo con rito abbreviato che ha fatto seguito all’operazione antimafia “Ermes” dell’agosto 2015, quando fu arrestato con altre 10 persone tra cui il vecchio boss, Vito Gondola, ritenuto il capo mafia di Mazara del Vallo e a capo del gruppo di mafiosi che si occupavano oltre che del mantenimento, anche della comunicazione con il boss Matteo Messina Denaro tramite i famosi pizzini.

Per gli inquirenti, Domenico Scimonelli è una delle persone più vicine al boss di Castelvetrano in questi ultimi anni e suo braccio finanziario. L’uomo bancomat di Messina Denaro che andava in giro per l’Italia, tra Roma e Milano, ma anche in Svizzera, a Lugano, dove era solito creare delle società fittizie tramite le quali aveva a disposizione diverse carte di credito. A luglio dello scorso anno gli agenti della Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e della Guardia di Finanza hanno eseguito un provvedimento nei sui confronti che ha portato al sequestro di beni per 3 milioni di euro.