Patrizia Messina Denaro, arrestata nell’operazione antimafia “Eden” del 2013, non è solo la sorella del boss di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, ma è una donna di mafia, una donna d’onore a tutti gli effetti.
E’ questa la valutazione alla base della condanna a 14 anni e sei mesi emessa l’ottobre scorso dalla Corte d’Appello di Palermo, un anno e mezzo in più rispetto a quella di primo grado del Tribunale di Marsala. I giudici per spiegare le motivazioni della sentenza, che ha visto un aumento della pena, ma anche un cambiamento del capo d’imputazione per la donna - passato da concorso esterno in associazione mafiosa ad associazione mafiosa -, fanno riferimento alle intercettazioni dei colloqui che Patrizia Messina Denaro intratteneva con il marito Vincenzo Panicola, in carcere dal 2010. Ed è la conversazione in cui il marito le chiedeva di avere il permesso di procedere al pestaggio dell’imprenditore Giuseppe Grigoli - re dei Supermercati Despar in Sicilia Occidentale e prestanome di Matteo Messina Denaro - che certifica come la donna non era solo una consigliera del coniuge, ma che aveva un ruolo di primo piano nell’organizzazione criminale, superiore a quello del marito e che le consentiva di decidere - riferendolo al fratello – di portare a termine o meno la spedizione punitiva nei confronti di Grigoli che nell’ambiente carcerario era considerato sul punto di pentirsi. Infatti, l’ex re dei supermercati aveva detto di essere stato vittima del sistema estorsivo di Matteo Messina Denaro, attraverso il fratello Salvatore e i cognati Vincenzo Panicola e Filippo Guttadauro. Per questo motivo il 24 aprile del 2013 Vincenzo Panicola, alla moglie che gli fa visita in carcere, disse: “A quanto pare si lanzà! Si sta lanzando (sta vuotando il sacco)”.
Bisognava capire se davvero le dichiarazioni di Grigoli fossero state autorizzate dal capomafia di Castelvetrano, ed è alla sorella Patrizia che viene richiesto di accertarsene. La risposta arriva in pochissimo tempo, il 3 maggio successivo, e questa celerità suggerisce agli inquirenti il fatto che lei in meno di dieci giorni ha avuto la possibilità di parlare col fratello latitante e di riferire al marito in carcere. Altro che pizzini! Fratello e sorella si sono sentiti e forse anche visti.
Patrizia Messina Denaro: Che nessuno lo tocchi! Lasciatelo stare … dice
Vincenzo Panicola: Allora ragione ha?
Patrizia: No, più danno può fare! Di più… per dieci volte…
Vincenzo annuisce
Patrizia: …Una catastrofe. Non ha ragione… non ha ragione…
Vincenzo: Certo!
Patrizia: Perciò, se qualcuno ti chiede, gli dici: “lasciatelo stare”. Ha detto … inc. digli ad Enzo che si mette con lui, … gli faccio: “non esagerare”
Vincenzo: Di metterlo?
Patrizia: Con te … (ride)
Vincenzo: Non ci mettono insieme!
Patrizia: Gli ho detto: “Senti qua, con tutta la buona volontà, … non esagerare” (ride)…
“Ha detto…”, “gli ho detto..”, “Senti qua…”, tutte espressioni che lasciano chiaramente dedurre un dialogo incompatibile con i lunghi e complicati percorsi dei pizzini. In che modo sono riusciti a comunicare? Di persona? Oppure con dispositivi non intercettabili?
Altra vicenda giudiziaria che riguarda Patrizia Messina Denaro è quella relativa all'estorsione nei confronti di Girolama La Cascia per la quale, tre terreni agricoli per un valore stimato di 70 mila euro le erano stati confiscati nel settembre 2015 dalla Dia in esecuzione di un provvedimento emesso dalla sezione Misure di Sorveglianza di Trapani presieduta dal giudice Piero Grillo. Alla sorella del capomafia era stato tolto il controvalore dell’estorsione che questa, secondo l’accusa, aveva commesso ai danni di Girolama La Cascia, che gli versò 70 mila euro. La signora La Cascia affermò poi davanti il Tribunale di Marsala (processo “Eden”) che eseguì soltanto una disposizione testamentaria “orale” dell’anziana possidente castelvetranese Caterina Bonagiuso, che era madrina di Anna Patrizia Messina Denaro, fatto questo che contribuì all'assoluzione della Messina Denaro. E su questo aspetto poi ha puntato la difesa per ottenere la revoca della confisca. Pur annullando, però, la misura di prevenzione patrimoniale, la Corte d’appello di Palermo ha confermato quella di prevenzione personale. Da anni gli inquirenti che cercano e continuano a dare la caccia a Matteo Messina Denaro, che hanno stretto il cerchio attorno ai fedelissimi, sequestrato un patrimonio di oltre 3 miliardi di euro, in quei 10 giorni, tra il 24 aprile e il 3 maggio del 2013, chissà, forse lo hanno perso per un soffio visto che era molto vicino alla sorella.