La quinta sezione della Corte d’appello di Palermo per le misure di prevenzione ha confermato quasi in toto il provvedimento di confisca emesso nel luglio 2012 dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani per i fratelli Antonio e Massimo Sfraga, di 50 e 43 anni, grossisti del settore ortofrutta nel versante sud marsalese, la cui veloce ascesa imprenditoriale sarebbe avvenuta sotto l’ala della mafia corleonese in accordo con il clan camorristico dei Casalesi. Valore dei beni confiscati cinque anni fa: circa 7 milioni di euro.
Solo un’abitazione, adesso, è stata restituita alla proprietaria. Si tratta di una casa in contrada Berbaro intestata a Antonia Maria Montalto (difesa dall’avvocato Ignazio Massimo Bilardello), moglie di Antonio Sfraga. Il provvedimento del 2012 per i fratelli Sfraga prevedeva anche la misura della sorveglianza speciale. Per una durata di 4 anni per Antonio, per due anni e mezzo per Massimo. E questa è stata confermata anche dalla Corte d’appello di Palermo. Tra i beni confiscati, quattro abitazioni tra Marsala e Mazara, cinque terreni, di cui uno con fabbricato rurale, tra Marsala e Castelvetrano, in parte coltivati a vigneto, seminativo e frutteto, le omonime ditte individuali con il relativo patrimonio aziendale a Strasatti, di ben sedici mezzi, tra autocarri e auto, diverse quote societarie e denaro. I due commercianti furono arrestati il 10 maggio 2010 nell’ambito di un’operazione condotta dalla Dia di Roma e dalla Squadra mobile di Caserta, che consentì, con 68 arresti, lo smantellamento di un asse criminale camorra-mafia che, secondo l’accusa, imponeva il monopolio dei trasporti su gomma ai commercianti che operano nel settore dei prodotti ortofrutticoli. A fine ottobre 2015, però, la Cassazione, accogliendo di fatto la tesi difensiva della “inattendibilità” del pentito Gianluca Costa, ha annullato, con rinvio del processo in appello, la condanna dei fratelli Sfraga a 3 anni di carcere per “illecita concorrenza con minaccia o violenza” confermata dalla Corte d’appello di Napoli il 7 gennaio 2014. Per gli inquirenti, gli Sfraga sarebbero stati, nel settore, il trait d’union tra la camorra e Cosa Nostra. I due fratelli sarebbero stati imprenditori di riferimento dei capimafia Riina e Provenzano, garantendo il monopolio del trasporto verso Fondi (Lt) e altri mercati meridionali a ditte del clan casertano. Tra gli altri personaggi alla sbarra, anche Costantino Pagano, Luigi Terracciano, Domenico Menna, Salvatore Frontoso, Carlo Del Vecchio, gestori della ‘’Paganese Trasporti snc’’, referenti del clan camorrista dei Casalesi per il trasporto su gomma del settore ortofrutticolo, i catanesi Giuseppe e Vincenzo Ercolano, Nunzio Di Bella, Nunzio Scibilia, Orazio Fichera, elementi di riferimento del clan mafioso Ercolano-Santapaola, nonché Giuseppe Antonio Domicoli e Biagio Cocchiaro, referenti del ‘’clan Madonia’’, famiglia Rinzivillo, di Gela. L’organizzazione avrebbe “condizionato il libero mercato con atti di violenza, minaccia e intimidazione tipici delle organizzazioni di stampo mafioso”.
A difendere i fratelli Sfraga sono gli avvocati Diego Tranchida, Raffaele Bonsignore e Gustavo Pansini. Commenta Tranchida: "Al mio assistito Massimo Sfraga hanno, comunque, restituito già quasi tutto".