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12/05/2017 06:50:00

Mafia, Ciro Caravà: no al sequestro per beni e alla sorveglianza speciale

 Le parole dei familiari del boss Nunzio Spezia, senza altri riscontri probatori, non sono sufficienti per affermare che l’ex sindaco di Campobello di Mazara Ciro Caravà abbia agevolato la locale famiglia mafiosa.

E’ quanto sostiene, in sintesi, la sezione penale e misure di prevenzione del Tribunale di Trapani (presidente Piero Grillo) che ha respinto la richiesta della Dda di Palermo di applicazione di misura personale e patrimoniale (sequestro a fini di confisca di un’abitazione al civico 8 di via XI Maggio a Campobello) nei confronti dell’ex sindaco, la cui condanna a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, inflitta il 15 luglio 2015 dalla Corte d’appello di Palermo, è stata annullata il 7 aprile 2016 dalla Cassazione.

Ciò nonostante, però, non era scontata la decisione della sezione misure di prevenzione. Trattandosi, infatti, di procedimenti che vanno su binari separati (penale e misure di prevenzione), non di rado, in passato, nonostante l’assoluzione, a soggetti coinvolti in processi di mafia sono stati ugualmente confiscati i beni. Un caso clamoroso, a Marsala, è stato quello del commerciante Alberto Di Pietra. Ciò, generalmente, avviene quando il diretto interessato non riesce a dimostrare la lecita acquisizione dei suoi beni.

Nel caso di Caravà, il punto nodale erano le dichiarazioni (intercettazioni in carcere e altrove) della moglie del boss Nunzio Spezia e delle figlie che affermavano come il sindaco le avesse più volte pagato il biglietto per andare a trovare l’anziano capomafia recluso nel carcere napoletano di Secondigliano. Ma a queste affermazioni gli investigatori non hanno fatto seguire riscontri.

Non è stato accertato, insomma, se i familiari del boss dicevano il vero. Anche se a Caravà possono essere fatti addebiti circa il modo di amministrare la cosa pubblica, sostengono i giudici di Trapani, non può essere rimproverato di aver agevolato la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara. Del resto, anche le motivazioni del Tribunale di Marsala (presidente Gioacchino Natoli), che lo ha assolto il 6 febbraio 2014, andavano in questa direzione: “Non è possibile considerare prova contro Ciro Caravà il dialogo, intercettato, tra due soggetti appartenenti o vicini a Cosa Nostra che parlano dell’ex sindaco di Campobello di Mazara. Soprattutto se questi non viene mai ascoltato in conversazioni con appartenenti all’organizzazione criminale”. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, poi sostanzialmente confermata dalla Cassazione, si evidenzia, inoltre, che anche uno degli investigatori ascoltati nel corso del processo (il maresciallo Cito) ha dichiarato che “dalle intercettazioni non emerge nulla” su Caravà.