"E' una decisione importante e corretta e attesa da tempo: rimarca come anche i detenuti, compresi quelli che hanno commesso gravi reati, hanno diritto a una morte dignitosa". Beniamino Migliucci, presidente dell'Unione delle Camere penali, non nasconde la sua soddisfazione per una sentenza, quella della Cassazione su Totò Riina, che "traccia in maniera chiara i limiti della pena: se non c'è pericolosità non si può trattare diversamente un essere umano, altrimenti la pena si trasforma in vendetta".
Si tratta di un cambio di rotta significativo rispetto a "decisioni di segno opposto che sono distoniche riguardo a quello che la Costituzione vuole per la pena e la dignità dell'uomo".
"A volte le valutazioni dei giudici su persone che si sono macchiate di gravi reati sono state fatte sulla base della suggestione e dell'emotività, pensando alla reazione negativa dell'opinione pubblica- osserva il leader dei penalisti- Ma se un detenuto è malato terminale di tumore, ha l'Alzheimer o altre malattie che lo rendono invalido, come si fa a presumere la sua pericolosità? Una persona non può essere pericolosa a prescindere, se sta per morire".
Da questo punto di vista la pronuncia della Cassazione è per i giudici di merito "un invito a tener conto delle norme esistenti e dei nostri principi costituzionali". E segna un punto di non ritorno: "adesso le valutazioni dei vari tribunali dovranno tener conto di queste indicazioni"