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07/06/2017 07:21:00

Il Comune di Castelvetrano sciolto per mafia a pochi giorni dalle elezioni. I retroscena

 Era nell’aria. Lo si aspettava ormai da un momento all’altro. E alla fine è arrivato. Il comune di Castelvetrano è stato sciolto “per accertati condizionamenti dell’attività amministrativa da parte della criminalità organizzata”. A comunicarlo è il Consiglio dei Ministri che, quattro giorni prima delle amministrative dell’11 giugno, impone di fatto lo stop ad una campagna elettorale sottotono. Una beffa, si dirà, certo. Ma poteva andare peggio, se lo scioglimento fosse arrivato dopo le elezioni. Un’eventualità scongiurata anche dalla commissione parlamentare antimafia nazionale “per evitare – ha affermato Rosy Bindiuna pericolosa continuità nei condizionamenti mafiosi”.

Niente votazioni dunque. Fine dei comizi, dei santini, dei manifesti e degli incontri elettorali. L’amministrazione della città verrà affidata ad una apposita commissione per un periodo di almeno 18 mesi.

Tutto ciò era stato evitato nel 1992, quando le dimissioni per tempo del consiglio comunale e del sindaco (che allora era Gianni Pompeo) avevano impedito lo scioglimento. Lo stesso Pompeo, qualche settimana fa, aveva sottolineato appunto di “aver evitato allora l’onta del commissariamento”.

I quattro candidati sindaci hanno comunque fatto sapere che andranno avanti nel loro impegno, proseguendo l’attività politica verso le amministrative ormai rimandate.

 

Oggi Castelvetrano è divisa tra coloro che considerano lo scioglimento come un’occasione per fare pulizia prima delle prossime elezioni (che ormai potrebbero svolgersi tra un paio d’anni) e coloro che invece avrebbero preferito votare subito, soprattutto in base alle convinzione che l’ordinaria amministrazione dei commissari non potrebbe portare alcun beneficio alla città.

 

Tra questi ultimi c’è anche il castelvetranese Giovanni Lo Sciuto, componente della Commissione parlamentare antimafia regionale ed uno dei pilastri fondamentali della candidatura di Luciano Perricone (espressione dell’ex sindaco Errante), in una coalizione fatta da 7 liste.

Io non sono convinto che questo comune sarà commissariato – aveva detto Lo Sciuto, proprio durante la presentazione di Perricone - Sono fiducioso. Non penso che ci siano intrighi che possano colpire la nostra città. Sono convinto che andremo a votare”.

Convinzioni sbagliate: evidentemente gli “intrighi” c’erano.

L’ex sindaco Felice Errante invece era apparso più possibilista, anche se si era detto sereno: “Affronterò quello che gli ispettori ministeriali dovessero accertare – aveva affermato - E se dovessero accertare qualcosa di negativo, della quale naturalmente prenderei atto, mi assumerò integralmente, come fanno gli uomini le responsabilità di quello che è accaduto in questa città”.

E di cose negative gli ispettori devono averne accertata più d’una per giungere allo scioglimento per mafia.

 

Uno scioglimento che non permetterà di eleggere a breve il nuovo consiglio comunale, dopo che quello di prima era decaduto in seguito al caso Giambalvo, il consigliere fan dei Messina Denaro. La vicenda, dopo aver avuto una grande eco mediatica con il servizio de Le Iene, aveva portato alle tardive dimissioni di massa del consiglio comunale

Uno scioglimento che arriva dopo il sequestro di beni a carico degli imprenditori Giovanni ed Enrico Adamo, Quest’ultimo, consigliere a sostegno di Errante, col quale avrebbe incontrato durante la campagna elettorale del 2012 Lorenzo Cimarosa, (cugino acquisito di Matteo Messina Denaro, morto nel gennaio scorso, dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita a collaborare con la giustizia). Adamo sarebbe stato anche la testa di ponte tra un’impresa ragusana per la costruzione di un centro polivalente del quartiere Belvedere e lo stesso Cimarosa. Quando il prefetto di Ragusa inviò al comune di Castelvetrano l’interdittiva antimafia per la sospensione dei lavori, i cittadini non avevano ancora appreso che l’infiltrazione mafiosa al cantiere era garantita proprio dal consigliere Enrico Adamo.

Uno scioglimento che arriva dopo una serie di appalti pubblici pilotati, per favorire più o meno direttamente il superlatitante, tramite l’imprenditore Rosario Firenze.

 

Dopo tutti questi fatti, sarebbe stato invece strano che il ministero non avesse proceduto al commissariamento. E’ come se adesso fosse arrivata una certificazione, della quale una comunità attenta, dalla base alla classe dirigente, non dovrebbe avere alcun bisogno.

Forse non aiuta molto convincersi che chi ha responsabilità debba rendere conto alla maggioranza dei cittadini onesti, se questi ultimi da un lato non ci stanno ad essere etichettati come mafiosi, ma dall’altro si limitano ad una prudente indifferenza che inchioda nell’impossibilità di cambiare.

E allora, allo stesso modo, attendere di conoscere le motivazioni dello scioglimento non può essere un alibi per gli amministratori, per cercare di inseguire i soliti spiragli del “non potevamo sapere”.

Sarebbe illusoriamente comodo per molti, addebitare questo commissariamento a qualche isolata “mela marcia”, magari dell’apparato burocratico amministrativo del Comune, secondo l’ormai consolidato paradigma che, Messina Denaro a parte, la città sia fatta solo di persone oneste.

 

Chissà, questo scioglimento potrebbe servire ad avere più tempo per poter eleggere un sindaco che vigili sulle cose e sulle persone, che non si accontenti delle carte a posto, che abbia la forza di contrapporsi, al di là dei protocolli e dei certificati.

Non si può però prescindere da una base elettorale consapevole che, oltre ad agitarsi per lo scioglimento, non rimanga indifferente di fronte a ciò che accade nel proprio territorio, magari prima che ad interessarsene sia il Ministero.

 

 

Egidio Morici