Totò Riina è sottoposto a tutte le cure di cui necessita anche nel regime carcerario del 41-bis, conduce una vita dignitosa e tale sarebbe, a queste condizione, anche l'eventuale morte. Dunque non vi è alcun bisogno di scarcerazione.
E' il parere di Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, che ieri senza preavviso si è recata presso l'ospedale di Parma dove attualmente il capo di Cosa Nostra è ricoverato "in regime ospedaliero di 41-bis" per verificare personalmente le condizioni. "Totò Riina finora è sempre stato curato a dovere per la sua neoplasia, e ha sempre partecipato in videoconferenza alle sedute che lo riguardavano, dimostrando di aver mantenuto lucidità psichica e anche fisica quando è stato soggetto a trasferimento dall'ospedale al carcere". In particolare, nella struttura ospedaliera "si è potuto convenire che il detenuto era su una sedia a rotelle, con lo sguardo vigile, in una camera dignitosa e provvista di bagno privato con accessi per le persone invalide. Dal punto di vista intellettivo Riina interloquisce normalmente con il personale medico e paramedico, svolge regolarmente i colloqui famigliari, scrive e risponde a lettere, si sottopone ai trasporti per le udienze".
Anche in carcere la situazione è tutto sommato confertevole, spiega Bindi. "In carcere la cella, seppur piccola ma comunque in regola con le misure previste per il regime carcerario cui è sottoposto, dispone anche di un letto per la degenza, seppure pieghevole in modo manuale". Secondo Bindi dunque, "viste le condizioni fisiche di Riina, sì imprevedibili ma al momento stabili, si potrebbe anche ipotizzare in futuro un rientro in carcere, dove comunque le condizioni sarebbero adeguate, identiche se non superiori a quelle di cui potrebbe godere in un regime di domiciliari. Questo gli consente lo svolgimento di una vita dignitosa, e di una morte, quando essa avverrà, altrettanto dignitosa. A meno che non si voglia affermare un diritto a morire fuori dal carcere, che non è supportato da nessuna norma". Un parere che, seppur indirettamente, è rinforzato anche dalle parole del ministro dell'Interno Marco Minniti, secondo il quale in questo momento "Cosa Nostra è una delle organizzazioni che ha accusato di più il colpo della azioni dello Stato" ma soprattutto "soffre in questo momento di una crisi di rappresentanza. C'è una fragilità, un vuoto nella costituzione di un nuovo gruppo dirigente, che potrebbe essere colmato dall'uscita dal carcere di alcuni elementi che hanno finito legittimamente di scontare le condanne e che potrebbero riprendersi la leadership". Uno di questi, nonostante l'età e la salute precaria, poteva essere proprio Riina il quale, ha ricordato Bindi "è ancora a tutti gli effetti, per la sua struttura, il capo dell'organizzazione".