Non era ancora passato un mese dall'uccisione di Giovanni Falcone, della moglie Francesca e degli agenti di scorta e mancava poco più di un mese all’altra strage, quella di Via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i suoi agenti. Eravamo nel 1992 e Marsala era al centro di una guerra di mafia con la quale venne azzerato in pochi mesi il vertice della famiglia mafiosa locale.
Era proprio il 15 giugno del 1992 quando venne ucciso nei pressi di una pescheria di piazza Marconi il boss Giovanni Zichittella, detto “Vanni”. L’anziano pastore era padre di Carlo Zichittella, a sua volta prima affiliato a Cosa nostra e in seguito, una volta persa la guerra con la cosca locale, divenuto collaboratore di giustizia.
Azzeramento dei vertici della famiglia mafiosa di Marsala - I mafiosi marsalesi si rifiutarono nel 1991 di organizzare un attentato contro l'allora Procuratore Paolo Borsellino scatenando l'ira di Riina che ne ordinò l'esecuzione, commissionando i delitti ad Antonio Patti, superkiller marsalese e poi collaboratore di giustizia. Tra le vittime ci fu il boss Gaetano D'Amico che rimase ucciso in un attentato all'interno del "Bar Timone", nei pressi del porto di Marsala, nel febbraio del 1992. Un mese prima, Vincenzo D'Amico e Francesco Craparotta rimasero vittime di "lupara bianca.
Del gruppo di fuoco dell'omicidio Zichittella avrebbero fatto parte anche Vincenzo Sinacori e Antonino Gioè. Per l'omicidio Zichittella era stato condannato all’ergastolo il boss Francesco De Vita, nel marzo del 2007, tuttavia, i collaboratori di giustizia Gioacchino La Barbera, Antonio Patti e Vincenzo Sinacori - deponendo nel processo a carico del boss corleonese Leoluca Bagarella, dinanzi la Corte d’Assise di Trapani - lo scagionarono dopo essere stati loro stessi in precedenza ad accusarlo dell’omicidio.
Nel 2015 De Vita è stato assolto dal gup di Palermo Marina Petruzzella. De Vita si era autoaccusato di un omicidio (quello di Gaspare Zichittella, ucciso nelle campagne di Madonna Alto Oliva) e due tentati omicidi (vittime designate: Pietro Chirco e Antonino Titone) consumati nel corso della faida del 1992. A conclusione del processo con rito abbreviato, è stato assolto da quei reati.