Rosy Bindi, nella seduta della commissione nazionale antimafia dell’8 giugno scorso, parla di Castelvetrano. Si tratta però degli approfondimenti dedicati alle elezioni amministrative, da non confondere con le motivazioni, che non sono al momento note e che verranno diffuse dalla Presidenza della Repubblica, dello scioglimento per mafia che ha interessato la città da alcuni giorni governata dai commissari.
Anche se ormai lontana dal voto (le elezioni locali si terranno almeno tra 18 mesi), quello di Castelvetrano è considerato un caso su cui riflettere.
La Bindi ha sottolineato come, grazie anche alla sollecitazione al Ministro fatta dalla commissione antimafia, Castelvetrano non sia andata al voto. Se invece si fossero tenute le elezioni, ci sarebbero stati quattro candidati sindaco.
Uno di loro era Maurizio Abate, del quale “Vanno ricordate alcune sue eloquenti dichiarazioni riportate alla stampa con cui, in sostanza, negando l’esistenza della mafia, inveiva contro Giuseppe Cimarosa, figlio del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, a sua volta cugino di Matteo Messina Denaro, la cui tomba è stata vilipesa proprio lo scorso maggio, invitandolo a prendere le distanze dal padre mentre, di converso – ha affermato la presidente della commissione antimafia - elogiava la criminalità organizzata della quale condivideva le ragioni della devianza”.
Di Abate, la Bindi ha aggiunto che lo scorso marzo “è stato condannato in primo grado per violenza privata” ed è a processo anche per furto aggravato. Oltre ad avere nella sua unica lista “un nome ben noto a Castelvetrano. Trattasi infatti di un soggetto già condannato due volte, nel duemila e nel duemilaquattro, per minaccia, nonché fratello di uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro, scarcerato da poco, dopo quasi un ventennio di reclusione per fatti di mafia e per traffico di stupefacenti.
In merito, Maurizio Abate non ha voluto rilasciare nessuna dichiarazione.
La Bindi, ha poi parlato anche di un altro candidato sindaco: Gianni Pompeo.
“Nel corso di una pregressa indagine, cosiddetta Golem 2, che portò all’arresto di diversi fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, si era registrata una conversazione in cui un associato mafioso lasciava intendere l’esistenza di passati rapporti con il predetto candidato e i vertici mafiosi di Castelvetrano”.
Il riferimento sembra essere relativo ad una conversazione risalente al 7 maggio del 2008, in cui uno dei “postini” del boss era convinto che Gianni Pompeo (allora sindaco) e Antonio Vaccarino avrebbero fatto una brutta fine: l’uno per aver auspicato pubblicamente che il capomafia castelvetranese si costituisse e l’altro per aver collaborato coi servizi segreti per catturarlo.
In macchina con la moglie, almeno secondo le carte dell’operazione Golem 2, il fiancheggiatore si lamentava per le parole di Pompeo, pronunciate nel corso di un discorso pubblico, sulla latitanza di Matteo Messina Denaro. Di Vaccarino e Pompeo avrebbe detto: “Comunque è un morto che cammina..... un morto che cammina, ne sono convinto, lui e Gianni pure adesso...”.
Le parole di Pompeo sarebbero state giudicate molto dure, secondo il fiancheggiatore che le raccontava alla moglie: “E’ meglio che si, si, che si costituisce perché, per ora Castelvetrano soffre di questa, di questa cosa, che lui è rimasto il numero uno, tutti questi murales, io lo conoscevo da ragazzo, che lui e tutti i suoi amici fidati eh, ed abbiamo visto la fine che hanno fatto, quello si è impiccato, quello ha l'ergastolo. Tutti amici fidati che gironzolavano paese paese, tutti che eh, eh”. Salvatore (il fratello di Matteo Messina Denaro, ndr) qualche cosa l’aveva capita già – aveva aggiunto, commentando la cosa sempre con la moglie - mi aveva detto, dice quando mio cognato, quando è andato a giocare a carte a Mazara, dice ed ha perso 50 mila euro, e non sapeva, 50 milioni e non sapeva come glieli doveva dare, dice ah, dice Filippo (Guttadauro, marito di Rosalia Messina Denaro) era buono, Filippo era buono, dice ah, la mafia era buona.”
Sempre secondo le carte, pochi giorni dopo, anche Pasquale Calamia (all’epoca consigliere comunale del Pd di Castelvetrano e oggi ricandidatosi sempre nel Pd), dopo aver anche lui pubblicamente auspicato la cattura del latitante, subì l’incendio della sua casa al mare.
Il riferimento alle intercettazioni di Golem 2, non è piaciuto a Gianni Pompeo. Soprattutto perché si tratta di un processo già chiuso, dove non è stato nemmeno indagato.
Al riguardo ha emanato un comunicato stampa che riportiamo di seguito:
“Apprendo con stupore di una dichiarazione dell’on. Rosy Bindi che cita una intercettazione di terzi a mio carico nella operazione Golem II del 2010. Resto basito perché nessun addebito mi è mai stato fatto, poiché ad oggi le uniche intercettazioni emerse, proprio nella stessa inchiesta, facevano di me un bersaglio di Cosa Nostra (“Pompeo è un cadavere che cammina”, diceva un soggetto condannato per Mafia). Pur non avendo in nessun modo a che fare con lo scioglimento del Comune, come precisato dall’on. Bindi, chiedo e chiederò conto, in ogni sede lecita, di tale esternazione posto che non solo la mia coscienza di uomo è limpida, ma trovo agghiacciante il modo in cui, con superficialità e senza alcun riferimento esatto, io debba vedermi in pasto di certa stampa perché qualcuno avrebbe detto su di me qualcosa, senza alcun riscontro – deduco – poiché nessuna contestazione mi è mai stata mossa, ma anzi solidarietà per la minaccia in quell’intercettazione di dominio pubblico, da me subita”.
Difficile dargli torto.
Infine la Bindi si riferisce anche ad Errante: “Il sindaco aveva avuto parole di rimprovero nei confronti di chi aveva in qualche modo segnalato la presenza mafiosa nella comunità di Castelvetrano, i rapporti tra mafia e massoneria, e non erano invece stati richiamati all’ordine coloro che in qualche modo esprimevano una sorta di solidarietà nei confronti di Matteo Messina Denaro e di tutto l’entourage di Matteo Messina Denaro che veniva assicurato alla giustizia”.
Adesso non rimane che aspettare le effettive motivazioni dello scioglimento da parte della Presidenza della Repubblica, come d’altra parte ribadiscono il segretario del Pd di Castelvetrano, Monica Di Bella ed il segretario provinciale Marco Campagna che scrivono:
In riferimento alle comunicazioni dell'On. Rosy Bindi, Presidente della Commissione Antimafia, nella seduta plenaria dell'08/06/2017, sentiamo la urgente necessità di intervenire confermando la correttezza del ragionamento politico che ha portato alla scelta di Gianni Pompeo come candidato sindaco della coalizione del PD, approvata dal direttivo locale e con il consenso dei vertici regionali, riponendo fiducia nella lealtà dei suoi comportamenti e nella trasparenza del suo percorso amministrativo.
Non è a nostra conoscenza alcun atto giudiziario che possa affermare l'esistenza di "passati rapporti tra Gianni Pompeo ed i vertici mafiosi di Castelvetrano", come riferito dall'On. Bindi.
Confidando che la vicenda verrà chiarita con la pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del Comune, restiamo in attesa di conoscere le motivazioni che hanno portato a questa rigorosa scelta, con immutato rispetto per le istituzioni di questo Paese.”
Egidio Morici